Quando la dipendenza affettiva genera un amore violento

Abuso e violenza possono nascere da una relazione di dipendenza affettiva. E’ questo l’argomento del Convegno, promosso dal Centro Psicoterapicamente, al Museo PAN di Napoli, sabato 23 giugno. Intervengono esperti che operano in diversi contesti, per prevenire il fenomeno e informare sugli strumenti a sostegno e tutela delle donne vittime di violenza. Il Convegno è patrocinato dall’Ordine degli Psicologi della Regione Campania, dal Comune di Napoli e dall’Associazione di Psicologia Analitica ALBA. «Spesso la violenza fisica e l’omicidio sono l’ultimo stadio di un percorso che ha origine dalla violenza psicologica. La mancanza di rispetto non si evidenzia soltanto attraverso violenza fisica e soprusi, ma a volte possono esserci forme di abuso più subdole e silenziose. Ed è da qui che si deve partire se si vuole fermare un fenomeno in continua crescita. Cercheremo di chiarire cosa sia la dipendenza affettiva, quali i segnali per riconoscerla, le dinamiche psicologiche che imprigionano dentro una relazione tossica, in termini di emozioni, comportamenti e pensieri e i suggerimenti per prendere le distanze da un partner sbagliato», spiega Giulia Citarelli, psicologa, psicoterapeuta del Centro Psicoterapicamente che ha affrontato il tema degli “sconfinamenti”: ovvero quando la passione si trasforma in potere, il desiderio in controllo, l’amore in dipendenza. «Una delle principali cause della violenza di genere deriva dal perdurare di un modello socio-culturale patriarcale che vuole la donna al servizio dell’uomo, quando non una proprietà a tutti gli effetti. In un contesto di questo tipo, l’espressione dell’autonomia di pensiero e di azione della donna può venire avvertita come minaccia alla virilità e al diritto di potere dell’uomo».

Non si parla forse ancora abbastanza di quanto, dietro ai maltrattamenti e ai femminicidi, si nascondano spesso problematiche di dipendenza affettiva. Se l’unica soluzione, sotto gli occhi di tutti, è terminare la relazione, in pratica il più delle volte tale decisione sembra essere impossibile da prendere. E infatti, all’ennesima notizia di una donna barbaramente assassinata dal proprio uomo, ci domandiamo: “ma perché lei non è scappata?”, “perché quel giorno ha ritirato la denuncia?”, “perché ha acconsentito a incontrarlo? «Il motivo principale – commenta la psicoterapeuta Citarelli – è che dietro queste donne si nasconde una vera dipendenza affettiva, spesso senza nemmeno rendersene conto. Le relazioni tossiche si riconoscono perché non vi è dialogo, rispetto, empatia. Occorrerebbe educare a non cadere mai nei falsi miti dell’amore. Abbiamo un repertorio sterminato di favole romantiche, film e canzoni che favoriscono l’ideale dell’ “io ti salverò / tu mi salverai” e i miti di auto-sacrificazione in nome dell’amore. Ci sarebbe bisogno di una pedagogia del rispetto di sé, che insegni il diritto di dire no e che porti a identificare la relazione d’amore con un’opportunità di piacere e di crescita, non come un’esperienza di sacrificio e sottomissione. Amare in modo sano è imparare ad accettare e amare prima di tutto se stesse, darsi un valore, per poter poi costruire un rapporto gratificante e sereno con un uomo “giusto” per noi, libere di esprimere noi stesse senza paura».

Quello che incatena in una dipendenza affettiva è l’assurda presunzione di riuscire a cambiare il partner.  Nel suo Donne che amano troppo la Norwood descrive nel dettaglio il quadro che spesso si ritrovano a vivere in prima persona le donne che sono talmente innamorate da soffrire di questo amore, spesso senza nemmeno rendersene conto: “Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuose lui vorrà cambiar per amor nostro, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo. Amare troppo è calpestare, annullare se stesse per dedicarsi completamente a cambiare un uomo “sbagliato” per noi che ci ossessiona, naturalmente senza riuscirci. In realtà la verità è soltanto una: che l’amore non ha nulla a che fare con il controllo, la gelosia, il possesso; l’amore non ha nulla a che fare con l’ansia, la paura, il senso di colpa, l’umiliazione. L’amore non ammala, non annienta, non annichilisce. Non esistono schiaffi dati a fin di bene o comportamenti di controllo finalizzati alla protezione. Niente giustifica questi atteggiamenti, nulla giustifica un gesto violento, perché l’amore non è mai violento, l’amore è nutrimento reciproco, è libertà e rispetto dell’altro, non è giustificazione o attesa. L’amore è certezza, non illusione, l’amore è sentirsi al sicuro, è crescere come individuo e come coppia, all’interno di una relazione fatta di solidarietà, rispetto, fiducia e ascolto”.

Di seguito il programma del Convegno:

  1. Donne che amano troppo:
    Dott.ssa Cristiana Barone, esperta nella relazione di aiuto con le vittime di reati e violenze, Giornalista e Grafologa;
  2. Sconfinamenti: amore e potere nelle relazioni di coppia:
    Dott.ssa Giulia Citarelli, Psicologa Psicoterapeuta, Psicoterapicamente;
  3. La ricezione di una denuncia: tra burocrazia, ascolto empatico e intelligenza emotiva:
    Dott. Carmine Santangelo, Unità Operativa Tutela Emergenze Sociali e Minori della Polizia Municipale di Napoli;
  4. Falsi miti e leggende sulla violenza in psichiatria:
    Dott. Vittorio Schiavone, Psichiatra, Primario Hermitage Capodimonte;

Seconda sessione:

  1. Traumi e abusi intrafamiliari: i principali segni e sintomi durante l’età evolutiva:
    Dott.ssa Nikla Bene, Psicologa, Psicoterapeuta della Gestalt, Socia Psicoterapicamente;
  2. L’abuso sessuale: l’ascolto del minore nel procedimento penale:
    Dott.ssa Vanessa Errico, Psicologa Psicoterapeuta, Psicoanalista di gruppo, Psicoterapicamente;
  3. Il ruolo delle istituzioni e dei servizi nella prevenzione del disagio giovanile:
    Dott.ssa Angela D’Addio, Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli- Assistente Sociale e Mediatore Familiare;
  4. Dalla crisi dell’autorità all’abuso silente:
    Dott. Alessandro Raggi, Psicoterapeuta, Psicoanalista, Vice Direttore Scuola di psicoterapia analitica AION (Bologna), Coordinatore Clinico Villa Miralago (Varese).

Per informazioni: info@psicoterapicamente.it, 081.3410158.

di Cristina Tirinzoni

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