La depressione “di genere”: una conseguenza della pandemia

La depressione è una grave patologia che colpisce oltre 3 milioni di persone in Italia, di cui 2 milioni sono donne. La depressione maggiore, che è la forma più grave della malattia, si manifesta due volte di più nelle donne rispetto agli uomini. Ci sono due momenti della vita femminile in cui è possibile che si manifestino i sintomi depressivi e che gli uomini non dovranno mai affrontare: il menarca e successivamente il periodo del ciclo mestruale (che può coincidere con la sindrome disforica premestruale – 2% delle donne colpite) e il parto (fra il 7 e il 12% delle neomamme soffrono di depressione post-partum). In occasione della Giornata internazionale della Donna occorre fare luce sulla depressione di genere, soprattutto considerando le gravi conseguenze che la pandemia sta comportando per il sesso femminile. L’avvento dell’emergenza sanitaria da Coronavirus ha inciso fortemente sull’aggravarsi della patologia depressiva. Fra lutti, isolamento, mancanza di contatti sociali e perdite economiche, i casi di depressione in Italia sono quintuplicati. A subire le conseguenze maggiori dal punto di vista economico è il genere femminile: nello specifico, a fronte di un calo degli occupati di 101 mila persone a dicembre 2020, 99 mila sono donne. Anche coloro che sono riuscite a mantenere il proprio impiego hanno riscontrato difficoltà che incidono sullo stato psico-emotivo: i vantaggi dello smart-working sono stati oscurati da alcune dinamiche sociali che comportano disequilibrio fra vita domestica e lavorativa.

<Durante la pandemia da Covid, oltre allo stress causato dalle preoccupazioni economiche e sociali, si è aggiunto lo stress legato alla paura della malattia per sé e per i propri cari, ai lutti non elaborati, al cambiamento radicale degli stili di vita, al distanziamento sociale. Abbiamo quindi assistito progressivamente al costituirsi di quella che può essere definita una sorta di “tempesta perfetta” per l’aumento di ansia e depressione, che ha determinato un incremento fino a tre volte superiore d’incidenza dei disturbi depressivi e dell’ansia>, puntualizza la dottoressa Emi Bondi, Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. <Particolarmente colpite da questa situazione sono state le donne, che si ammalano fino a due volte di più degli uomini. Una vulnerabilità, quella femminile, legata fattori biologici, ma anche a fattori sociali, connessi allo stress legato al sovraccarico lavorativo ed emotivo che spesso sono chiamate ad affrontare, nel ruolo di lavoratrici, ma contemporaneamente di madri e di care-giver dei familiari. Il lockdown, con i radicali cambiamenti di vita, ha comportato per molte donne un aumento di impegni, perché spesso l’attività lavorativa, soprattutto con lo smartworking, ha dovuto convivere con la gestione dei figli, della casa e dei familiari anziani e malati>.

Per questo è molto importante far luce su una patologia come la depressione e sfatare i luoghi comuni. E’ quanto si prefigge la Campagna “La Depressione non si sconfigge a parole”, promossa da Janssen, con il patrocinio di associazioni pazienti e società scientifiche (SIP, Società Italiana di Psichiatria, SINPF, Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, SIPS, Società Italiana di Psichiatria Sociale, SIMG, Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, Osservatorio ONDA, Progetto Itaca Onlus e Cittadinanzattiva APS), che si può consultare al sito www.abcdepressione.it o alla pagina Facebook abcdepressione, dove sono disponibili numerosi contenuti volti ad approfondire la conoscenza della patologia.

Paola Trombetta

 

 

Articoli correlati