Gli effetti “collaterali” dello smartworking

C’è sempre il rovescio della medaglia. Anche per lo smartworking che, salutato inizialmente come una “sana” opportunità, sta ora mostrando i suoi “effetti collaterali”. Almeno, secondo quanto emerge da una indagine condotta da Fellowes, principale fornitore di soluzioni per uno spazio di lavoro sano, riguardo la relazione smartworking/benessere dei lavoratori italiani. Meglio lavorare da casa o in ufficio? C’è da riflettere e comunque da regolarsi correttamente. Gli intervistati dichiarano di sentirsi stressati (45%), isolati e stanchi (36%), più tristi da quando è iniziato il lavoro da remoto (33%). Complici anche le postazioni di lavoro casalinghe, spesso inadeguate e che minano la salute fisica, risultando fonte di maggiore affaticamento (51%): per il lavoro si trascorrono ore sul tavolo da pranzo (15%) o da cucina (11%), sul divano (5%) o sul letto (3%). Postazioni e posizioni che possono stimolare l’insorgenza di diversi disturbi, tra cui stanchezza oculare (51%), mal di testa (48%), mal di schiena (30%), torcicollo (32%) e dolore alle spalle (28%). Eppure basterebbe poco per migliorare il confort lavorativo domestico: una nuova sedia (31%), un migliore supporto per lo schienale (29%), passare meno tempo seduti (29%), tanto che alcune persone hanno investito in media 800 euro per acquistare una poltrona da scrivania (20%) o un mouse ergonomico (18%). «Il contesto di smartworking attuale – spiega Michele Montagna, docente di Ergonomia, Prevenzione e Trattamento dei Disturbi Muscolo-Scheletrici DMS da Lavoro – che manca di dispositivi ergonomici adeguati e di supporto, potrà causare a breve-lungo termine disturbi muscolo-scheletrici, soprattutto meccanico-strutturali, e anche altre problematiche». Ma non è il solo risvolto: lo smartworking impatta anche sull’equilibrio tra lavoro e vita privata. Circa la metà degli intervistati (49%) afferma di lavorare più ore a casa rispetto all’ufficio, di dover essere sempre disponibile (41%) e non in grado di separare vita privata e professionale (36%). Oppure di essere troppo occupato per fare una pausa (28%) e di occupare il tempo del tragitto casa/ufficio per lavorare (27%).

Le prospettive per il prossimo futuro sono l’alternanza casa/ufficio, lavorando cioè da remoto alcuni giorni a settimana, accolta favorevolmente dal 47% degli intervistati e ritenuta anche la soluzione “mista” che verrà adottata dalle aziende (35%), insieme al maggiore ricorso alla tecnologia e a piattaforme virtuali (32%) e più flessibilità per gli impiegati (29%). Infine la ricerca evidenzia la diversa percezione dello smartworking tra uomini e donne. I primi, in merito al supporto nel lavoro da remoto, affermano di aver ricevuto un aiuto maggiore (50%) rispetto alle donne (40%), compreso la fornitura di attrezzatura per l’ufficio domestico (60% vs 47%). Ancora il 67% di uomini dichiarano, sul posto di lavoro, di essere maggiormente incoraggiati dai titolari a prendere pause dalla scrivania, rispetto al 54% delle donne. Queste ultime nel 45% dei casi si sentono maggiormente sotto pressione, ritenendo di dover essere sempre disponibili durante l’arco della giornata, in confronto al 35% degli uomini. «È essenziale, dunque  – conclude Paolo Leonardi, Amministratore Delegato di Fellowes Brands Italia – che i datori di lavoro identifichino le esigenze fisiche ed emotive del personale, offrendo loro anche soluzioni, prodotti e servizi innovativi, utili a mantenere un workplace sano, felice e produttivo, sia in ufficio sia a casa». Per maggiori informazioni sulla ricerca e i consigli dell’esperto: www.fellowes.com/futureworking.

Francesca Morelli

 

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