“Fare” non basta se ogni due giorni viene uccisa una donna; bisogna “fare”, ma con un cambiamento radicale, sapendo esattamente cosa fare. Per esempio, sembra che la soluzione sia promuovere nelle scuole qualche ora di educazione emotiva, tanto per dire che qualcosa si sta facendo. Se invece di qualche ora nelle scuole, che vanno comunque inserite, si istituisse la figura dello psicologo di base a livello nazionale, uno ogni 1.500 abitanti come richiesto dagli standard di settore e non 1 ogni 50 mila come avviene in Italia, rendendolo obbligatorio dalla nascita di un bambino per un ciclo minimo di sette incontri (come avviene ad esempio con il pediatra), in qualche anno potremmo vedere la creazione di una figura professionale esperta in relazioni da inserire subito nel nucleo familiare con cui i singoli membri si possono confrontare.
<Tutto ciò non può avvenire se lo Stato continua a prendere provvedimenti poco strutturali, e soprattutto a femminicidio compiuto. Oggi siamo come in una guerra contro le donne. Un fenomeno di una portata enorme la cui normalizzazione è già in atto. Non possiamo semplicemente rimanere attoniti di fronte a una piaga culturale e umana del genere. Sono necessari cambiamenti strutturali e culturali, anche di cultura sanitaria, con un raggio di azione temporale da qui ai prossimi trent’anni, per lavorare già da oggi con gli uomini di domani, per aiutare le famiglie che cresceranno gli adulti di domani>, dichiara Damiano Rizzi, psicoterapeuta dell’età evolutiva e Presidente di Fondazione Soleterre, vincitore del Premio Anemos Lombardia per il suo impegno contro la violenza nei confronti delle donne per le attività realizzate con Soleterre, fondazione creata da Damiano Rizzi in seguito al femminicidio che ha portato via sua sorella, Tiziana.
Paola Trombetta