Sclerosi multipla e diritto alla sessualità

La sessualità, intesa come vita sessuale attiva e intimità di coppia, non è certo un diritto negato per chi convive con la sclerosi multipla. «Si tratta di una malattia cronica autoimmune che interessa, solo in Italia, circa 100 mila persone– spiega la professoressa Roberta Lanzillo del Dipartimento di Neuroscienze e Scienze riproduttive dell’Università Federico II di Napoli, in occasione del recente incontro “Sclerosi multipla e sessualità”, realizzato con il contributo non condizionato di Teva.  In prevalenza sono donne, colpite dalla malattia con una probabilità due volte maggiore rispetto agli uomini in una fascia d’età delicata, tra i 20 e i 38 anni, e “produttiva” sotto tutti i punti di vista, privato, professionale, socio-relazionale». Oggi i giovani con la SM sono quasi 60 mila, costretti a subire il forte impatto generato dalla malattia, sebbene migliorato rispetto al passato, comunque imprevedibile secondo le manifestazioni cliniche. Con risvolti emotivi pesanti, sia per le persone colpite dalla sclerosi multipla, sia per l’entourage familiare ed affettivo, anche in merito all’intimità di coppia che cambia dopo la diagnosi. «I sintomi prevalenti della sfera sessuale, presenti nel 60-90% dei casi secondo le ultime stime di AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) – aggiunge la professoressa – riguardano la riduzione della libido, dell’erezione nel maschio, ma anche dell’orgasmo, l’aumento del dolore al rapporto sessuale. Tutte implicazioni condizionate dagli effetti che accompagnano la malattia, quali rigidità muscolare, disturbi di coordinazione e motilità, spasmi muscolari, debolezza e affaticamento, sensazione di formicolio e problemi a carico della vescica e dell’intestino. Se la sclerosi multipla richiede un “accomodamento” nel vivere l’intimità di coppia, non pregiudica però la possibilità di avere progetti di genitorialità». Infatti la sclerosi multipla non impatta sulla fertilità e non nega la maternità possibile, anzi auspicata e sostenuta dai neurologi per le ricadute positive che la gravidanza può avere sulla malattia. «Il primo passo da compiere – raccomanda Lanzillo – è innanzitutto la presa di coscienza di che cosa stia cambiando per cercare di trovare, con il medico curante, il giusto rimedio ai disturbi sessuali e programmare la maternità. Ci sono, infatti, numerose evidenze scientifiche che la gravidanza può essere addirittura protettiva, mentre la nulliparità è un fattore di rischio per l’evoluzione della malattia. La gravidanza va però “programmata” insieme al neurologo e al ginecologo in un momento di stabilità della malattia, pensando anche a tecniche di riproduzione assistita con ginecologi ben informati sulla SM. Maggiore attenzione va invece posta al puerperio, riprendendo ad esempio le cure prima del previsto, laddove necessario, e riducendo l’allattamento ad alcuni mesi anziché protrarlo in maniera indefinita». La raccomandazione dunque è di vincere tabù, timori, vergogna, ansia, imbarazzo e inibizioni, e parlare con il medico e con gli esperti perché la sessualità e la genitorialità oggi possono essere efficacemente sostenute da un supporto clinico, endocrinologico e psicologico.

«La comunicazione della diagnosi di sclerosi multipla – dichiara il professor Alessandro Chiodi, psicologo e psicoterapeuta ad Orientamento Psicoanalitico, presso la stessa Università napoletana – è un percorso graduale, che deve essere gestito da neurologi e psicologi, all’interno di spazi dedicati, come ambulatori e sportelli psicologici, e affrontata da un team multidisciplinare. Ciò significa che la comunicazione della diagnosi deve essere condivisa da più professionisti, esperti nelle diverse fasi che la sclerosi multipla implica, tenendo conto degli aspetti emozionali della persona, che derivano da un back-ground educazionale, religioso, etico, di genere, culturale, sessuale, sociologico individuale e molto personale. Per affrontare al meglio questo delicato aspetto (iniziale) della malattia, presso il nostro ambulatorio dipartimentale le varie figure professionali si confrontano in un incontro mensile al fine di valutare le necessità del paziente, monitorare lo stato della malattia, l’impatto psicologico e i disagi che il paziente non verbalizza per timore e ritrosia. Tanto che solo il 5-6% di donne parla con il proprio medico o i referenti dei problemi della sfera sessuale e di intimità».

La stessa indicazione va perseguita all’ interno della coppia: «Per mantenere una relazione sana ed equilibrata – suggerisce Chiodi – è importante migliorare la comunicazione fra i partner attraverso il dialogo, l’ascolto e la condivisione dei disagi che accompagnano la vita di coppia in modo da favorire una “nuova conoscenza” e una “nuova intimità”, costruite giorno dopo giorno». Un’intimità che andrà oltre la pura sessualità, dicono gli esperti, e che si baserà su una dimensione più profonda, arricchita da una complicità più completa. «La comunicazione fra i partner – aggiunge lo psicologo – deve avvalersi ed essere supportata dalla corretta informazione di esperti affinché nella coppia non si instauri un senso di inadeguatezza nella persona affetta da malattia, uomo o donna, sia come madre/padre o partner. Sfatando il timore che la sclerosi multipla possa essere “ereditata” e trasmessa ai figli: un evento non scientificamente provato».

Occorre, dunque empatia, tra medici e paziente, ma soprattutto “empowerment”, ovvero un coinvolgimento attivo da parte della persona con sclerosi multipla, per affrontare al meglio la malattia in tutte le sue fasi: «Ad oggi – conclude Chiodi – non c’è una cura definitiva; la terapia che ricorre a farmaci sintomatici, tra cui anche antidepressivi o miorilassanti, serve a bloccare e stabilizzare la malattia con la quale si può convivere discretamente. È fondamentale però che la persona non “cronicizzi”, assieme alla sclerosi multipla, tutti gli altri aspetti della vita: sociale, relazionale, affettiva, lavorativa». Perché la sclerosi multipla consente di vivere una vita piena sotto tutti gli aspetti, nel rispetto di alcuni accorgimenti che non impattano sulla qualità della vita, anzi la migliorano.

di Francesca Morelli

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