Giornata Mondiale del Sonno, insonnia: che fare?

Notti in bianco, passate a contare le pecore per un terzo degli italiani che soffre, in generale, di disturbi del sonno. Secondo una recente indagine, con dati diffusi in previsione della Giornata Mondiale del Sonno (15 marzo), quasi il 30% degli adulti riposa poco e circa il 14% male, fino al 16-27% di italiani che è insonne. Con indiscusse implicazioni: sbalzi di umore, cali di attenzione, riduzione delle performance quotidiane che possono “aggravarsi” con manifestazioni che coinvolgono il sistema immunitario, endocrino, infiammatorio, cardiovascolare, fino al possibile sviluppo di patologie psichiatriche e psicologiche, se il cattivo sonno perdura nel tempo. Che fare? L’importanza del sonno e la sua influenza sulla salute e sulla sensazione di benessere generale è ormai nota e la scienza è attiva per definire percorsi e approcci sempre migliori. Fra questi sembrano efficaci le terapie cognitivo-comportamentali, adatte nel trattamento dell’insonnia cronica in adulti di qualsiasi età. Terapie che si basano su modelli psicofisiologici del sonno, agendo sulle caratteristiche comportamentali, cognitive e fisiologiche che fanno perdurare il disturbo del sonno. I dati della pratica clinica riportano, al termine dei percorsi, un aumento della qualità del sonno in media di 6,56 punti su una scala da 0 a 21. Inoltre arrivano anche soluzioni innovative, come “Dormi”, un algoritmo di intelligenza artificiale, certificato come dispositivo medico, sviluppato dalla partnership fra la start up SleepActa e Ugo Faraguna, professore presso l’Università Sant’Anna di Pisa. Questa tecnologia consente di raccogliere e elaborare i dati registrati durante le ore di riposo attraverso un dispositivo wearable, restituendo una vera e propria fotografia del sonno del paziente. Da questi dati il medico può ricavare informazioni molto più accurate per arrivare a una diagnosi precisa, escludendo ad esempio disturbi respiratori del sonno, rispetto ai parametri che possono essere raccolti con altre analisi oggi diffuse, più invasive e che possono avere un impatto sulla qualità del sonno del paziente a causa di numerosi elettrodi o dispositivi da indossare.

«Avere a disposizione un set di dati oggettivi sulla qualità del sonno, come movimenti o battiti – dichiara Renata Del Giudice, psicoterapeuta del Centro Medico Santagostino Psiche di  Milano– può migliorare i tempi e la precisione della diagnosi indirizzando il paziente al percorso terapeutico più adeguato. In generale oggi si parla di “Disturbo da Insonnia”, diagnosticabile anche in presenza di una associazione con altre patologie mediche o psichiatriche. Molto spesso risulta difficile comprendere se l’insonnia è conseguenza ed evoluzione di altre patologie o se invece ne predice l’esordio. E questa nuova classificazione è fondamentale per considerare l’insonnia come un disturbo specifico, attribuirgli il giusto valore e impostare così un trattamento mirato anche in presenza di altre patologie».

Francesca Morelli

 

 

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