Disabilità pediatrica: il modello di cura “Family Centered”

Sono elevate le percentuali di bambini affetti da una forma di disabilità: 3% della popolazione sotto i 18 anni, a livello globale, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 9 milioni solo in Italia, e di questi 270.000 affetti da disabilità che necessitano di riabilitazione per menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali. Barriere che, in interazione ad altre, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza. Disabilità che, secondo il modello bio-psico-sociale, includono anche minori che hanno subito gravissimi eventi traumatici e stressanti, quali migrazioni, guerre o deprivazioni ambientali, che lasciano traccia.

In tutti questi contesti la corretta “presa di carico” del problema e soprattutto della persona è rappresentato da un modello di cura “Family Centered”: sempre più diffuso in tutto il mondo prevede la centralità della famiglia nella vita del bambino e dell’adolescente con problemi di disabilità, il coinvolgimento attivo e partecipativo lungo tutto il percorso di cura integrato a servizi, pubblici e privati, in una logica collaborativa, e di inclusività come sottolinea anche SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza). «I bambini con disabilità – dichiara Elisa Fazzi, Presidente SINPIA, Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia – possono essere affetti da disturbi estremamente diversificati: forme genetiche e neurologiche, disturbi precoci del neurosviluppo, forme seguenti a eventi lesivi gravi, specie se coinvolgono il sistema nervoso centrale come un evento traumatico, tumori o suoi esiti o un’infezione, con conseguenze funzionali a lungo termine o per la vita intera». Tali problemi, che evolvono e si trasformano con la crescita e lo sviluppo, richiedono approcci mirati, età specifici, inseriti soprattutto in contesti educativi, disegnati su misura per ogni bambino e ragazzo, monitorati nel tempo, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita, in un’ottica di inclusività.

«Tali specificità –aggiunge Massimo Molteni, Direttore Sanitario Centrale e Responsabile Area Psicopatologia dello Sviluppo età-specifici, Associazione La Nostra Famiglia, Irccs Eugenio Medea, Bosisio Parini (Lecco) e membro SINPIA richiedono una complessa integrazione tra conoscenze neuro-scientifiche, aspetti psicosociali, coinvolgimento di caregiver/famigliari e ragazzi. Obiettivo è la messa a punto di percorsi terapeutico-assistenziali adeguati, facendo ricorso anche alle nuove opportunità offerte dalle tecnologie della comunicazione (ICT) e dalla robotica, laddove necessario». «È auspicabile – conclude Renato Borgatti, Direttore della Struttura Complessa Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Fondazione Mondino IRCCS e membro SINPIA – che una società civile e sensibile, attenta ai diritti delle popolazioni più vulnerabili, riesca a sviluppare modelli di inclusione sempre più efficienti in modo che nessun bambino e nessuna famiglia, indipendentemente dalla condizione di salute di cui è portatore, si senta escluso o emarginato».

Francesca Morelli

 

 

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