In aumento l’abuso di videogiochi e internet tra gli studenti

Il 12% dei giovani e giovanissimi in età scolare, pari a circa 480 mila studenti, rischia un disturbo da uso di videogiochi. I più esposti i ragazzi: 18% delle scuole secondarie di primo grado e il 13,8% delle classi superiori; in misura minore le ragazze, 10,8% nelle scuole medie e 5,5% nelle scuole superiori. Rispetto all’età, il rischio maggiore riguarda gli studenti delle scuole medie (14,3%), rispetto alle superiori (10,2%). Sono alcuni dati emersi dal recente studio “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”, condotto dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, tra gli studenti italiani di età compresa fra 11 e 17 anni, resi noti in occasione della Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete (Safer Internet Day), del 6 febbraio, istituita e promossa dalla Commissione Europea. Dati, quelli sulla “connettività” prolungata e anomala, ai videogiochi (e alla rete) in costante crescita, tanto che dal 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, al pari di cibo, alcool o droghe, ha incluso anche i videogiochi e il web fra le dipendenze: oggi si parla infatti di Internet Gaming Disorder (GD). Problema verso cui anche la SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, con una visione allargata anche alla rete e a internet richiama l’attenzione, sottolineando l’importanza di un uso consapevole da parte di bambini e adolescenti e la necessità di adottare misure cautelative e preventive. In questa direzione un ruolo attivo e educazionale hanno genitori e figure rappresentative. Nello specifico i videogiochi non sono da demonizzare, potendo rappresentare una forma di intrattenimento e di informazione, se l’uso è appropriato e consapevole. «Questi – spiega Elisa Fazzi, Presidente SINPIA, Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia – possono anche offrire opportunità uniche per l’apprendimento e lo sviluppo dei bambini e degli adolescenti, per favorire abilità cognitive e sociali, stimolando da un lato la fantasia e  offrendo dall’altro occasioni di interazione genitori-figli, trasformando l’esperienza videoludica in un momento di apprendimento condiviso e di dialogo aperto. Tuttavia occorre essere consapevoli che un uso eccessivo o inappropriato dei videogiochi può impattare negativamente sulla salute mentale e sul benessere dei ragazzi, specialmente dei più piccoli. Gli adulti hanno dunque un ruolo cruciale nel garantire che i bambini e gli adolescenti mantengano un equilibrio sano tra gioco e altre attività importanti, come lo studio, l’interazione sociale e l’esercizio fisico».

La raccomandazione degli esperti è di tenere alta l’attenzione sul possibile peggioramento nello studio e sull’isolamento sociale, potenziali campanelli d’allarme di qualcosa che non sta funzionando. «Alcune evidenze, tuttavia ancora da confermare  – prosegue Stefano Berloffa, Neuropsichiatria Infantile, IRCCS Stella Maris Calambrone Pisa – sembrerebbero suggerire che l’Internet Gaming Disorder, cioè la dipendenza da videogiochi, possa associarsi a diversi disturbi psichiatrici. Numerosi studi mostrerebbero una cattiva influenza in termini di disimpegno cognitivo con peggiori risultati scolastici e, più in generale, nel funzionamento sociale, in caso di utilizzo eccessivo di videogiochi in adolescenti o pre-adolescenti».

L’adulto, in buona sostanza, deve essere una guida verso un uso consapevole e responsabile di questi strumenti, stabilendo in funzione dell’età o dei diversi contesti di utilizzo, regole condivise e chiare, ad esempio evitandone l’uso durante i pasti (anche da parte dei genitori stessi) o prima di dormire per non interferire sulla qualità del sonno e sul riposo notturno, ma allo stesso tempo flessibili per rimodularsi progressivamente con la crescita. «È ancora più importante – conclude Antonella Costantino, Past President SINPIA e Direttore UONPIA Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – che adulti e ragazzi imparino insieme ad “addomesticare gli schermi”, cioè ad usarli in modo positivo ed essere più consapevoli di come funzionano, conoscendone meglio gli usi possibili e i loro aspetti positivi, oltre che negativi».

Francesca Morelli

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