Curare la dermatite atopica previene le allergie

Un prurito irritante, tanto da disturbare il sonno e indurre pianti nervosi e sconsolati nel cuore della notte tra i più piccoli. O “grattate” continue in qualunque momento del giorno e della notte tra i più grandicelli che possono influenzare anche il rendimento a scuola, abbassando la capacità di concentrazione e attenzione. La smaniosa voglia di grattarsi è infatti il sintomo più caratteristico e difficile da controllare della dermatite atopica (DA). «Si tratta di una malattia infiammatoria – spiega il professor Giampiero Girolomoni, Direttore della Clinica Dermatologica all’Università di Verona – la più diffusa in età pediatrica, che colpisce tra il 15-20% dei bambini, caratterizzata da un’alterazione genetica della barriera cutanea e della risposta infiammatoria. Sull’azione dei geni possono pesare, talvolta aggravando le manifestazioni della malattia, alcune componenti ambientali come un’acqua dura, prevalentemente calcarea che, disidratando la pelle, richiede una quantità maggiore di detergente con effetti cutanei poco salutari, temperature indoor troppo secche o troppo umide, ed elevati livelli di inquinamento atmosferico, comprese le particelle di carburante diesel».
La dermatite atopica si caratterizza dunque come una malattia poligenica (indotta da più geni) e multifattoriale, non sempre associata anche a familiarità. Infatti, essere figlio di genitori atopici o avere fratelli con dermatite predispone a un rischio maggiore di malattia, senza che il legame parentale stabilisca necessariamente un rapporto di causa/effetto. Questo fatto di in-dipendenza dalla familiarità giustifica la larga diffusione della DA, soprattutto fra le fasce di popolazioni più giovani, sebbene sia in crescita anche fra gli adulti, con una percentuale di incidenza tra il 4 e il 6% come dimostra uno studio recente che ha coinvolto circa 100mila persone, 10mila in Italia, nella maggior parte dei casi affette da forme di DA lieve o moderata, comunque fastidiose e disturbanti per il paziente. Lo studio rivela anche che circa un terzo delle forme di DA esordiscono in età adulta, ma che due terzi – la maggioranza – originano e permangono dall’infanzia, motivo per cui gli esperti invitano i genitori, soprattutto le mamme, a imparare a riconoscere chiazze rossastre e pruriginose di DA, differenziandole da irritazioni cutanee di altra natura.

«La dermatite – precisa Girolomoni – perdura nel tempo, ripresentandosi in maniera incessante in sedi caratteristiche: sul volto, intorno agli occhi, nelle pieghe dei gomiti o delle ginocchia, comparendo con maggiore frequenza nei mesi invernali e primaverili rispetto all’estate. Invece, se la dermatite irritativa è dovuta ad altra causa, ad esempio al contatto con sostanze irritanti, le macchie appaiono e spariscono nell’arco di qualche giorno». Una volta riconosciuta, la DA va adeguatamente trattata da uno specialista. Commettendo un errore, molte mamme, soprattutto se il bambino è di pochi mesi o ancora piccolo, sono purtroppo reticenti a sottoporlo a cure specifiche, anche se locali (topiche) e limitate all’area interessata da malattia, acquisendo un atteggiamento di non-cura, tipico di molti adulti. «Curarsi vuol dire vita migliore, meno prurito, meno fastidio. Nei bambini interferisce con lo studio, la concentrazione, il sonno, oltre ad avere ripercussioni sull’aspetto psicologico. Curare la DA significa soprattutto ridurre le probabilità che possa dare avvio alla “marcia topica”, ovvero evolvere da un’allergia solo cutanea, verso allergie alimentari a specifici cibi, come l’uovo, il grano, il pomodoro, e la frutta secca a guscio e i legumi (mentre sono protettivi l’allattamento al seno e la frutta fresca), e poi ad allergie respiratorie, come asma e rino-congiuntivite che possono manifestarsi in progressione o in contemporanea».
La liaison fra DA e lo sviluppo di eventuali altre patologie allergiche è confermata anche da uno studio recente che ha coinvolto oltre 2300 bambini, affetti da DA dall’età di un anno e monitorati nel tempo; di questi una larga porzione a 3 anni manifestava anche forme di asma. «Tutto ciò – aggiunge il professore – a conferma di un mito da sfatare: la DA non è primariamente una malattia allergica, ma piuttosto predispone all’allergia». C’è di buono che la DA è efficacemente trattabile, tanto più che esiste la possibilità che possa risolversi in maniera spontanea, come avviene in gran parte dei bambini una volta raggiunta l’età scolare o l’adolescenza, mentre in altri – soprattutto se affetti da forme gravi – permane con fasi di remissione o peggioramento, sotto l’influsso di specifici stimoli.

Sono molte, comunque, le proposte di cura della DA oggi offerte dalla ricerca scientifica. « È possibile bloccare la dermatite e lo stato infiammatorio alla base – dichiara Girolomoni – ricorrendo a trattamenti topici quando la malattia è lieve e moderata e sistemici quando la malattia è grave. Anche in fase avanzata di malattia, quando il bambino è piccolo nel 99% dei casi si tende a curare la DA con pomate antinfiammatorie o cortisonici (molti dei quali oggi hanno un buon indice di cura, senza dare effetti collaterali) o pomate antinfiammatorie non cortisoniche, come gli inibitori topici della calceneurina: importante è usare la terapia in tempi e modi giusti per non indurre esiti indesiderati sulla pelle o altre problematiche. In altri casi, quando il bambino è più grande o nell’adolescente, si può ricorrere se necessario a terapie sistemiche, per bocca».
A fianco alle terapie farmacologiche, come trattamento adiuvante, la balneoterapia con acqua termale dà ottimi risultati nel controllo e gestione della DA. «La terapia termale – puntualizza Girolomoni – rappresenta per milioni di bambini e adulti una cura naturale, senza controindicazioni e priva di effetti collaterali. Le acque termali non sono però tutte uguali: quelle indicate per la cura della DA devono essere sulfuree, svolgendo un’ azione antinfiammatoria sulla pelle». Elettiva è la balneoterapia con le acque delle Terme di Sirmione, adatta a tutte le età, anche ai piccoli e piccolissimi: «L’acqua delle nostre terme – sottolinea Carlo Sturani, Direttore Scientifico Sanitario dello stabilimento termale – è sulfurea salsobromoiodica. È un’acqua minerale ipertermale, perché sgorga a una temperatura di 69°C, al 100% termale, senza aggiunta di additivi. Contiene una rilevante quantità di zolfo, sotto forma di idrogeno solforato che contribuisce ad aumentare l’azione antinfiammatoria e antiossidante, ma anche sodio, bromo e iodio. Inoltre è ricca di oligoelementi tra cui zinco, manganese, selenio, stronzio. E naturalmente zolfo che svolge un’azione anti-seborroica, esfoliante, anti-micotica e anti-batterica naturale, rendendo l’acqua termale di Sirmione indicata anche nelle pelli grasse e soggette ad acne». Insomma, da oltre 100 anni è impiegata con successo nel trattamento di malattie cutanee, respiratorie e reumatiche. Fondamentale dopo la balneoterapia è l’applicazione di una crema idratante che impedisce l’evaporazione dell’acqua. Alla balneoterapia e ai fanghi può essere associata, nell’adulto, la fototerapia: sotto la guida di un’équipe dermatologica, i protocolli di terapia termale, da evitare durante la fase acuta della malattia, suggeriscono due cicli all’anno da 12 giorni ciascuno. I benefici sono evidenti soprattutto sulla sintomatologia con riduzione delle chiazze eritemato-desquamative e, un’azione eutrofizzante e normalizzatrice degli strati cutanei.

E nelle fasi alterne di malattia, come comportarsi? «Occorre sempre idratare la pelle – conclude Girolomoni – che è la prevenzione primaria, anche e soprattutto nelle fase di remissione o di quiescenza della malattia. Dopo il bagnetto, la mamma deve “dissetare” la pelle del piccolo con creme idratanti, molte delle quali sono efficaci, meglio ancora se sono a base di acqua di Sirmione ad azione antinfiammatoria. Mentre, per le dermatiti più importanti, a scopo proattivo, sarebbe utile continuare a usare una crema al cortisone. Una terapia difficile da attuare e da accettare in fase di remissione (sono poche le persone che in assenza di malattia decidono di applicarsi una crema al cortisone): tuttavia studi scientifici attestano che applicata una volta a settimana nei punti ricorrenti, evita che la DA possa ritornare».

di Francesca Morelli

 

La “firma biologica” di acque e fanghi

Le acque sulfuree e salsobromoiodiche di Sirmione sono molto ben tollerate, sia da pelli molto sensibili, sia dalle mucose delle vie respiratorie. Benefici che si associano a un’acqua microbiologicamente pura, con potenzialità antiaging, ideale per agire sugli inestetismi della pelle e anti-inquinamento. Riguardo al fango, recenti studi condotti dall’Università di Brescia, hanno dimostrato che ha una capacità molto elevata di trattenere il calore, fattore importante per l’applicazione, in quanto calmante e antidolorifico. Ma non solo: analisi molecolari su fanghi termali maturi, sviluppate con il progetto di ricerca del C.S.M.T. (Centro Servizi Multisettoriale e Tecnologico dell’Università di Brescia) e del laboratorio “C.I.B.M.”, Consorzio per il Centro Interuniversitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata di Livorno”, che fa capo all’Università di Pisa, hanno rilevato la presenza significativa di Cianobatterio Aponinum, microrganismo “terapeutico” che contribuisce a renderli particolarmente efficaci nella cura dell’artrite psoriasica, di malattie osteoarticolari e di patologie reumatiche. Infine una recentissima ricerca realizzata con l’impiego di metodologie molto avanzate di metagenomica e bioinformatica (Next Generation Sequencing NGS), in collaborazione con i ricercatori delle Università di Modena e di Roma, ha identificato la firma biologica dell’acqua e del fango di Terme di Sirmione, riuscendo per la prima volta a caratterizzare l’evoluzione della comunità batterica dei fanghi durante il processo di maturazione. Si è arrivati così a scoprire all’interno una fitta comunità microbica, in cui dominano microrganismi (solfo-batteri) in grado di produrre lipidi antinfiammatori: ecco spiegato l’efficace potere contro la DA. F. M.

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