Sono 250 mila i malati in Italia: la malattia di Crohn, nel corso degli ultimi anni ha registrato un sensibile e forte aumento, potenzialmente associato a diversi fattori. «Le cause sono riferibili innanzitutto al tipo di alimentazione – spiega il Professor Silvio Danese, Direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – al maggior uso di antibiotici in età pediatrica, che impattano in maniera importante sulla flora intestinale e non sono da escludere anche fattori ambientali, come la crescente urbanizzazione e l’inquinamento. Mentre dal punto di vista diagnostico, fa la differenza la maggiore e migliore capacità di rilevare la malattia rispetto al passato».
Fondamentale è formare e fornire ai medici, soprattutto gastroenterologi, gli strumenti per una puntuale presa in carico del paziente: con questo obiettivo in occasione dell’appena trascorsa Giornata Mondiale delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) (19 maggio), Nestlé Health Science in collaborazione con la società scientifica IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) ha lanciato la campagna “Più Crohnsapevoli – Per una nutrizione consapevole”, per favorire l’aggiornamento tra gli esperti con incontri formativi in più regioni italiane. Nodo cruciale resta, tuttavia, fare educazione al paziente sul ruolo della nutrizione, pilastro nella corretta gestione della malattia. Aspetto invece spesso trascurato e abbandonato, a seguito dell’impatto psico-affettivo e sociale che questa strategia terapeutica, essenziale, ha sul paziente, adulto ma soprattutto nei bambini. Un’ indagine attualmente in corso, condotta dal Professor Danese e dal Dottor Ferdinando D’Amico, Gastroenterologo presso la stessa Unità, i cui dati verranno diffusi a fine anno, evidenzia come la consapevolezza dei pazienti rispetto al ruolo dell’alimentazione, e in particolare alla dieta, possa avere un impatto significativo sulla qualità di vita. Infatti, la necessità di escludere alcuni alimenti, per evitare il riacutizzarsi della malattia, costituisce un importante fattore di stress che spesso porata ad un rifiuto frequente del regime alimentare consigliato, alla rinuncia a pasti fuori casa o alla partecipazione a feste o altri momenti conviviali.
«A tutti i pazienti con malattia di Crohn va eseguita periodicamente e routinariamente una valutazione dell’assetto nutrizionale – aggiunge D’Amico – facendo attenzione ai sintomi che i pazienti riferiscono, perché molti possono presentare stenosi, cioè restringimenti dell’intestino. In questi casi, ad esempio, è fondamentale ridurre l’apporto di fibre, e quindi di frutta, verdura, alimenti integrali, evitando il possibile rischio di complicanze, di manifestazioni della malattia e di fenomeni di occlusione intestinale».
Le persone con malattia di Crohn hanno dunque bisogno di aver accesso a informazioni chiare e puntuali sul regime alimentare da seguire, che in primo luogo arrivano dai propri gastroenterologi, dietisti e nutrizionisti di riferimento: prevede innanzitutto il ricorso alla dieta ad esclusione (CDED), cioè di alimenti che potrebbero causare un’ alterazione del microbiota e della funzionalità intestinale. La CDED è una terapia dietetica consolidata e di provata efficacia per gestire la malattia nel quotidiano e per indurre la remissione nelle fasi acute tanto tra i bambini e quanto negli adulti.
Francesca Morelli