Come affrontare un percorso di PMA

Non solo un problema clinico. L’infertilità impatta in maniera importante anche a livello psicologico ed emotivo, rompendo le dinamiche della coppia. «Una coppia infertile – spiega la dottoressa Francesca Zucchetta, psicologa-psicoterapeuta, esperta in tematiche di infertilità di coppia e Procreazione Medicalmente Assistita di Biogenesi, centro di medicina della riproduzione convenzionato presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza – è una coppia che soffre. Il mancato concepimento si accompagna a sentimenti di tristezza e frustrazione: di norma l’atto naturale e spontaneo di cercare un figlio si grava della necessità di dover chiedere aiuto per realizzare un progetto di genitorialità, ricorrendo a percorsi di procreazione medico-assistita (PMA)». In relazione al “gioco” di tutte queste componenti è fondamentale supportare l’impatto emotivo, valutando tutti i risvolti psicologici che la problematica ingenera sul singolo partner e nella coppia, e fornire insieme la corretta informazione in merito a orientamento, strategie terapeutiche, accertamenti e percorsi mirati: percorsi offerti nella loro completezza da Centro specialistici in PMA e che richiedono una importante “presa di consapevolezza” per la coppia a cui non possono mancare consigli e raccomandazioni dell’esperta.

Aprirsi al dialogo e alla condivisione. Non avere timore di mettere a nudo le proprie emozioni in merito all’infertilità. Un percorso medicalizzato è fatto di più dimensioni: una forte componete psicologica, un aspetto “educazionale” che richiede l’impegno di dover comprendere un linguaggio scientifico e un fattore tempo ed energie per affrontare i vari esami e accettare le incertezze e implicazioni della PMA, come un potenziale esito negativo della procedura. Dinamiche che possono essere affrontate, fin da subito (all’inizio del percorso) con un corretto sostegno psicologico. «Un buon stato di salute, anche emotiva – dichiara la dottoressa – è una premessa indispensabile per il successo di qualsiasi genere di trattamento. Il dialogo aperto deve comprendere anche il “racconto” al proprio ginecologo o allo staff del Centro di Medicina della Riproduzione, dello stile di vita condotto, senza remore e senza pudori: abitudini quotidiane, comportamenti adottati, tutto può essere importante per il ginecologo/clinico (anche quel particolare ritenuto insignificante) per valutare le possibilità per implementare le opportunità di genitorialità». Non vanno pertanto trascurate abitudini alimentari, i consumi di alcol e caffeina, il tempo dedicato alla pratica fisica, eventuali stress fisici o psico-emotivi vissuti che potrebbero influire sulle probabilità di concepimento.

Farsi mettere tutto nero su bianco. È bene chiedere informazioni scritte sui trattamenti per l’infertilità, vi è dimostrazione che essere preparati su quanto accadrà lungo il percorso, fino dalle fasi anticipatorie della pratica, riduce stress, ansia e facilita l’accettazione dei diversi trattamenti. Questo perché il materiale scritto consente un tempo maggiore di elaborazione, è occasione di confronto nella coppia e favorisce una decisione più consapevole.

Essere “engaged”. È fondamentarle sentirsi coinvolti e partecipi delle decisioni terapeutiche: «La persona e la coppia – prosegue Zucchetta – hanno il diritto/dovere di essere messi al corrente del percorso da affrontare: conoscere le diverse opzioni, esternare i possibili dubbi e quesiti ed essere tranquillizzati sugli stessi sono componenti essenziali. La presa di coscienza è una “tappa” fondamentale che consente alla coppia di trovare le risorse interiori per intraprendere il percorso e scegliere consapevolmente e responsabilmente. Il coinvolgimento deve riguardare anche il partner, il quale (uomo o donna) non deve essere escluso da nessuna decisione: il dialogo e la sintonia nella coppia sono elementi fondamentali di tutto il percorso e la coppia, insieme, deve sforzarsi di approfondire la strada intrapresa, assumendo responsabilmente il proprio ruolo, maschile e femminile». Nella coppia non deve esistere il timore del giudizio di essere il “soggetto infertile”: nell’infertilità non ci sono colpe.

A ciascuno il suo. I partner hanno un modo personale, “di genere”, di affrontare l’infertilità: ad esempio prima di eventuali trattamenti, le donne provano maggiore stress, fino a poter esitare in depressione. «Ciò è comprensibile – commenta l’esperta – per l’investimento fisico ed emotivo della donna sempre in prima linea. Tale status si verifica anche in caso di ricerca spontanea della gravidanza, con la gestione mensile dei rapporti mirati e l’intercettazione di piccoli cambiamenti corporei anticipatori del lieto evento. Gli uomini, invece, soffrono e assistono, spesso con senso di impotenza, alle reazioni emotive della propria partner. Mostrano ottimismo e fiducia come strategia di sostegno, spesso frainteso dalla donna come approccio superficiale o disinteressato al desiderio di maternità». Differenti modalità di approccio, che sono vere anche in caso di PMA e vanno spiegate alla coppia. Sapere in anticipo che si proveranno emozioni diverse è importante; per la coppia spesso la PMA non è una semplice tecnica, ma innanzitutto un’esperienza di vita.

Per prima cosa la privacy. Non bisogna sentirsi in dovere di raccontare a tutti un percorso così intimo, come quello della PMA: «La ricerca di un figlio – conclude la dottoressa – fa parte della vita privata di una coppia. Le necessità che questo richiede, dovranno essere inserite nei normali impegni quotidiani, considerando di doversi assentare dal lavoro, richiedere permessi, a volte anche rispondere alle domande interessate dei colleghi, che osserveranno un cambiamento. Tuttavia, la donna non deve sentirsi obbligata a raccontare i motivi delle sue assenze e ha il diritto di affrontare il proprio percorso di cura della PMA come per qualsiasi altro ambito della propria salute. Anche nella sfera familiare, l’iter intrapreso può restare “privato”, limitandosi a un reciproco scambio di supporto e affetto fra partner, in un momento molto delicato della vita personale e di coppia».

di Francesca Morelli

Le novità in tema di procreazione assistita

Sono molte le innovazioni, emerse da recenti studi di ricerca, e presentate a Malaga (Spagna) in occasione del 10° Congresso Internazionale IVIRMA sulla Medicina della Riproduzione, che ha riunito i principali ricercatori mondiali nella riproduzione assistita, con più di 1.200 specialisti di 57 nazionalità. Tra quelle più interessanti, la possibilità di utilizzare l’Intelligenza Artificiale (AI) per identificare gli embrioni che presentano le minori probabilità di successo all’impianto e che non verranno dunque selezionati in un precorso di PMA. «Stiamo lavorando su un algoritmo AI che studia il comportamento dell’embrione dalla devitrificazione al trasferimento, che dura circa 4 ore – spiega il dottor Marcos Meseguer, supervisore scientifico ed embriologo di IVI Valencia – e che sta dimostrando come un embrione che inizia la sua espansione precocemente ed esegue questo processo rapidamente, abbia fino al 30% di possibilità in più di impiantarsi con successo rispetto a un embrione che si espanda più lentamente durante le prime 4 ore di vita». La ricerca è stata condotta su 511 blastocisti (un embrione allo stadio di sviluppo di 5-6 giorni) devitrificate. «Quando vitrifichiamo l’embrione – prosegue Meseguer – lo lasciamo in uno stato inerte, rimuovendo l’acqua. Questa operazione “blocca il tempo”, ovvero fa in modo che l’embrione possa rimanere per anni allo stato in cui si trova senza subire influenze negative sulla sua qualità. Il tempo si riattiva quando si rimette l’acqua nell’embrione, che entra a poco a poco e non in tutti gli embrioni in modo uniforme. Obiettivo dello studio era valutare la correlazione tra la possibilità di impianto e il tempo di espansione; siamo riusciti a osservare che oltre il 60% delle blastocisti riespanse è stato impiantato con successo, rispetto al 6% di quelli che non si sono ri-espansi dopo la devitrificazione». Pertanto, «l’analisi mediante una AI della dinamica delle blastocisti vitrificate e devitrificate – chiarisce la dottoressa Daniela Galliano, medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma – potrebbe essere utile per prevedere il loro potenziale di impianto, evitando così il trasferimento di embrioni vitrificati con basso tasso di successo».

Le ultime scoperte potrebbero, inoltre, aprire a nuove possibilità in ambito di trapianti. «Intendiamo studiare come le cellule staminali formano vari organi nell’embrione in via di sviluppo – prosegue Galliano – e sfruttare queste informazioni nei trapianti di organi. Auspichiamo, per il futuro, che tessuti e organi possano essere coltivati utilizzando modelli embrionali sintetici. Ma per avere la possibilità di sviluppare cellule a scopo terapeutico, è necessario comprendere i loro meccanismi di riprogrammazione e differenziazione, in tutte le loro fasi durante l’embriogenesi e l’organogenesi». Una delle prossime sfide è infatti capire come le cellule staminali sanno cosa fare, come si auto-assemblano in organi e trovano la loro strada verso i luoghi che sono stati assegnati all’interno di un embrione. E poiché questo sistema, a differenza di un utero, è trasparente, potrebbe rivelarsi utile per modellare difetti alla nascita e l’impianto di embrioni umani. «Invece di sviluppare un protocollo diverso per la crescita di ogni tipo di cellula, ad esempio cellule renali o epatiche, forse un giorno potremo creare un modello sintetico simile all’embrione – conclude Galliano – e quindi isolare le cellule di cui abbiamo bisogno. Non dovremo dettare agli organi emergenti come dovrebbero svilupparsi; l’embrione stesso è in grado di farlo meglio». Non ci resta che attendere.  F.M.

Vuoi diventare mamma e non ci riesci? Ecco il libro che fa per te

“FERTILITÀ: Tutto quello che devi sapere (e fare) per diventare mamma”. È questo il titolo del nuovo libro, che segue a distanza di un anno da “9 mesi + 1”, del Dottor Luigi Fasolino, ginecologo specializzato in chirurgia mininvasiva ginecologica, laparoscopica e robotica, in chirurgia della fertilità, fondatore di ISE – Italian School of Endoscopy e M.I.O. Materno Infantile Online, la prima piattaforma italiana dedicata alla salute della donna e del bambino, e attivo sui social con una vasta community. Il libro è un manuale pratico, accessibile, di facile consultazione, rigoroso e completo che ha l’obiettivo di informare correttamente future mamme: le donne alla ricerca di una gravidanza naturale e coloro che stanno affrontando un percorso di procreazione medicalmente assistita. Un libro “vero”; le narrazioni di ogni capitolo sono storie di vita: esperienza di donne e coppie seguite dal dottore: da Valentina che “vorrebbe diventare mamma” a Giordana, in menopausa, a cui è stata prescritta una PMA eterologa; da Carolina alla ricerca di una gravidanza, a Elisa e Giovanni alla ricerca di una gravidanza nonostante lo spermiogramma alterato. Tutte le storie sono uno spunto per discutere in maniera facile e divulgativa le diverse opportunità di cura, specifiche per ogni problematica, che potranno aiutare a stringere un bambino fra le braccia. «La protagonista del capitolo sette, Paola, come si può intuire – dichiara Fasolino – è mia moglie. Ci siamo passati anche noi: questo testimonia che, anche se si è un ginecologo e si hanno tutti gli strumenti per poter valutare, agire, monitorare, la natura è molto più grande di noi, alle volte decide lei e non possiamo farci niente». Ma oggi la scienza offre una soluzione: una potrebbe essere adeguata anche per te. Inizia a leggere il libro per scoprirlo e poi consulta uno specialista   F. M.

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