Screening neonatale: a che punto siamo?

L’Italia è stata all’avanguardia, rispetto all’Europa, con la Legge 167/2016 in tema Screening neonatale (SNE), che garantisce per tutti i neonati i test mirati all’identificazione e tempestivo trattamento di patologie gravi a fronte di una migliore qualità di vira e laddove possibile del controllo della malattia. Ma negli ultimi 5 anni, la legge sembra aver subito una battuta di arresto e la promessa di inserire nel “panel” nazionale nuove patologie non è avvenuta. Scaduti ormai da 8 mesi i termini fissati dal Ministero della Salute, con il decreto istitutivo del Gruppo di Lavoro sullo Screening Neonatale Esteso (SNE), non è stato presentato alcun decreto di aggiornamento. Per questo, è stato fatto un appello da parte delle Società e degli Organismi di settore, medici e associazioni pazienti. Se un primo limite era rappresentato dalla mancanza di studi di HTA (Health Technology Assessment), obbligatori secondo la formulazione originaria della legge, poi “abrogati” con Legge di Bilancio per il 2022, oggi non ha più ragione d’essere.

«I motivi per rimandare l’aggiornamento sono “superati”. A supporto dell’inserimento di queste patologie – spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore di Osservatorio Malattie Rare – ci sono esperienze di screening, anche in Italia, dati e percorsi già efficienti. Per restare all’avanguardia occorre che l’aggiornamento delle norme segua a stretto giro il progresso scientifico». Dello stesso avviso sono le Associazioni pazienti: «L’importanza di aver attivato in Italia lo Screening per le patologie metaboliche – dichiara Manuela Vaccarotto, Vicepresidente Associazione Italiana Malattie Metaboliche Ereditarie (AISMME) – è confermata dai risultati ottenuti: nel 2020 sono stati identificati, grazie allo SNE, 426 neonati, uno ogni 1.250 nati, confermati dal Rapporto SIMMESN (Società italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening), ai quali è stato possibile assicurare terapie e diete che hanno cambiato radicalmente il decorso della patologia e la qualità della loro vita. E questo su un pannello di circa 40 malattie, ma se ne potrebbero aggiungere molte altre».

Allora a che punto siamo e cosa manca?  «Prima dell’entrata in vigore della legge 167 – commenta Giancarlo La Marca, Direttore Laboratorio Screening Neonatale Allargato, A.O.U. Meyer di Firenze e già Presidente SIMMESN – c’erano Regioni completamente scoperte in tema di SNE e altre all’avanguardia anche a livello internazionale. La legge è riuscita a dare uniformità di applicazione del programma su tutto il territorio, azzerando le disparità presenti e razionalizzando i costi di servizio per l’esecuzione dei test di Screening, con 15 laboratori specializzati dai 30 iniziali che servivano 20 Regioni. Ora manca un finanziamento per il programma di SNE, che deve essere indistinto e indistinguibile nella pratica quotidiana dall’inserimento del percorso Screening nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). L’ottenimento di una reale eccellenza e uniformità del programma, specie in previsione dell’estensione del pannello, non può che passare da un finanziamento ad hoc». Rendendo più agevole la proceduta per l’ottenimento dei fondi da parte delle Regioni, che si sta cercando di modificare attraverso un emendamento al Decreto Legge “Milleproroghe” che veicoli le risorse previste dalla legge 167, dedicate allo Screening neonatale e di individuare, in tempi brevi, un meccanismo di attribuzione alle Regioni così da rendere uniforme lo SNE su tutto il territorio nazionale e ampliare il numero di patologie ascrivibili nel Panel. E sono almeno 7 le malattie in attesa: SMA, mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), Fabry, Gaucher, Pompe, immunodeficienze congenite e sindrome adrenogenitale e tra le patologie da riconsiderare in un prossimo futuro: alfa-mannosidosi, deficit di AADC, adrenoleucodistrofia legata all’X (X–ALD), distrofia di Duchenne e leucodistrofia metacromatica

Francesca Morelli

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