Ecco le ragioni per allattare al seno anche in estate

Il latte materno nutre e mantiene l’idratazione del piccolo: è infatti composto all’87% di acqua, è pratico, non richiede null’altro che un posto in cui mettersi tranquilli; è sicuro, non ha bisogno di supporti come tettarelle o biberon da sterilizzare che possono essere veicoli di infezioni, soprattutto intestinali, ancor di più in estate; è economico, non costa nulla ed è salutare: un bambino allattato al seno ha più probabilità di star bene per tutta la vita. Sono ragioni sufficienti a promuovere e supportare l’allattamento al seno, pratica che invece è sottoutilizzata in Italia: meno di un bambino su due all’età di 2-3 mesi viene allattato in maniera esclusiva al seno e solo 3 bambini su 10, quando arrivano a 4-5 mesi, continuano a esserlo. Mentre OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e UNICEF raccomandano l’allattamento esclusivo fino ai 6 mesi di età e di prolungare l’allattamento fino ai 2 anni, se desiderato da mamma e bambino.

Cosa può indurre la mamma a non voler più allattare? Almeno tre ragioni: la “crisi di lattazione”, cioè il desiderio del piccolo di restare attaccato al seno per tutto il tempo, indipendentemente dai pasti, portando la mamma a pensare di non avere latte a sufficienza. «Se il bambino è soddisfatto di restare attaccato al seno, non piange e le urine sono trasparenti significa che si alimenta adeguatamente. Le crisi di lattazione – spiega Riccardo Davanzo, Responsabile del Tavolo Tecnico Allattamento al Seno (TAS) del Ministero della Salute – nella maggior parte dei casi si risolvono in tempi brevi. Il consiglio è di mantenere il bambino al seno senza dare aggiunte e soprattutto di non smettere di allattare». A ciò si aggiunge la paura che il bambino non cresca a sufficienza: il pediatra deve informare le mamme sulle corrette curve di crescita, ovvero che il ritmo di accrescimento non può essere sempre quello che caratterizza i primi due mesi. C’è poi un terzo ostacolo rappresentato dal ritorno al lavoro o da motivi di familiari o di salute come, ad esempio, un ricovero ospedaliero che possono fare interrompere, anche per breve durata, l’allattamento al seno: c’è tuttavia la possibilità di estrarre il latte e conservarlo per poterlo somministrare al bambino in sicurezza, senza sospendere l’allattamento e soprattutto senza andare incontro a un calo di produzione dovuto a un minor drenaggio del seno.

Attraverso un “manifesto”, SIP educa alla corretta conservazione del latte materno. «È importante che la mamma sappia che il latte materno, fresco o congelato, si conserva 4 ore a temperatura ambiente (non superiore a 25°C), per 24 ore in borsa termica con blocchetti refrigeranti, in frigo per 96 ore se fresco o 48 ore se congelato e infine per 12 mesi in freezer (-18°C). Inoltre – dichiara Guglielmo Salvatori, responsabile del TASIP – prima dell’uso il latte materno può essere scaldato a bagnomaria o con uno scalda-biberon (no al microonde); se caldo, non può essere riscaldato nuovamente o riposto in frigo; se congelato, lo scongelamento, che potrebbe portare a variazioni di colore o odore, ma senza perdita delle proprietà del latte, va fatto in frigo o sotto acqua corrente a 37 °C o a bagnomaria, ma il latte non può più essere (ri)congelato».

La SIP è da sempre impegnata a promuovere la cultura dell’allattamento al seno, attraverso la formazione dei pediatri e la corretta informazione rivolta alle mamme: «Il latte materno – conclude Annamaria Staiano, Presidente SIP – è uno dei principali determinanti del benessere e della salute di ogni individuo per l’intera vita e quindi per le generazioni future». Il poster sulla corretta conservazione del latte è scaricabile a questo link: https://sip.it/2023/05/15/conservazione-del-latte-materno/.

Francesca Morelli

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