Carne: un consumo moderato la rende alleata della salute e dell’ambiente

Dall’infanzia all’età più avanzata. In ogni fase della vita, la carne è un alimento prezioso. Mangiarla in quantità moderate (secondo la dieta Mediterranea), contribuisce a mantenere l’organismo in buona salute e non comporta impatti ambientali eccessivi. Tuttavia, il suo consumo è da tempo al centro di attenzioni e critiche, legate a ragioni nutrizionali, etiche e ambientali. Ed è sempre più spesso protagonista di false notizie e mezze verità. Se ne è discusso a Bologna in occasione della presentazione del libro “La Sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia”, a cura di Elisabetta Bernardi, Ettore Capri e Giuseppe Pulina, edito da Franco Angeli, promosso dall’Associazione Carni Sostenibili, in collaborazione con ANA – Accademia Nazionale di Agricoltura. Il volume presenta uno studio interdisciplinare per descrivere i “5 volti” della sostenibilità̀ delle carni, rappresentati da altrettanti capitoli: la nutrizione, gli impatti ambientali e l’economia circolare applicata agli allevamenti e all’industria, la sicurezza alimentare e il benessere animale, gli aspetti economici delle filiere e la lotta allo spreco del cibo.

Fonte di benefici nutrizionali e salutistici

“Il ruolo della carne e delle proteine animali, è essenziale in ogni fase della vita: dalla gravidanza alla crescita dei bambini, fino alla terza età per mantenersi in forza e attivi” spiega Elisabetta Bernardi, Nutrizionista, Biologa con specializzazione in Scienza dell’Alimentazione, Docente Università di Bari. “In determinati periodi, come la gravidanza e l’allattamento, la carne è indispensabile per i nutrienti che apporta: proteine, ma anche microelementi come ferro, zinco, vitamina B12. Soprattutto la sua assunzione è importante in gravidanza, perché il bambino dipende totalmente dai nutrienti forniti dalla mamma. In alcuni casi, se la donna nei mesi di gestazione non mangia abbastanza carne, si deve ricorrere all’integrazione. Che spesso non è sufficiente, perché la facilità di assorbire i nutrienti dalla carne è maggiore”. “I consumi italiani di carne pro capite sono sotto la soglia di rischio dei 500 g di carne a settimana”, aggiunge Elisabetta Bernardi: “A tale proposito la monografia pubblicata dallo IARC lo scorso giugno, a tre anni di distanza dalle anticipazioni allarmistiche pubblicate da Lancet nel 2015, ha evidenziato che su 800 studi solo 14 sono stati giudicati attendibili e, di questi, solo 7 hanno messo in relazione un eccessivo consumo di carni rosse con il tumore al colon retto. Gli studi epidemiologici considerati dallo IARC, prendono in considerazione, come detto, un consumo quotidiano di carne rossa in dosi molto superiori a quelle che consumiamo abitualmente: parliamo di 500 g di carne cotta a settimana, l’equivalente di 800 g  di carne cruda. Una soglia che ci fa stare tranquilli, perché in Italia tra pasta e verdure è impossibile raggiungere quote così alte”.

La zootecnia non è la principale causa di emissioni di gas serra nell’atmosfera

“Non salveremo il pianeta non mangiando carne”, commenta Ettore Capri, Professore Ordinario di Chimica Agraria, Università Cattolica del Sacro Cuore. “Le emissioni di gas serra relative alla produzione zootecniche (carne, latte e uova) pesano per il 14% di tutte le emissioni, di cui solo il 10% attribuibile alle carni bovine, suine e avicole (FAO). Generalmente si omette di dire che il 65-70% deriva dai combustibili fossili utilizzati per i trasporti e per produrre energia. È importante sottolineare che l’Italia vanta uno dei modelli zootecnici più sostenibili del pianeta”.  Si scopre così che la zootecnia non è la principale causa di emissioni di gas serra nell’atmosfera: un volo a/r da Roma a Bruxelles genera emissioni maggiori rispetto al consumo annuo di carne e salumi di una sola persona che si alimenta secondo le indicazioni dei nutrizionisti. “La sfida delle produzioni zootecniche è diventata quella di ‘produrre di più con meno risorse’ ”, dice Giuseppe Pulina, Agronomo, Professore Ordinario di Zootecnica Speciale, Università di Sassari, Presidente di Carni Sostenibili. “L’obiettivo che il settore delle carni deve affrontare oggi è quello di una maggiore offerta sostenibile che sappia garantire una produzione efficiente, attenta all’ambiente e al benessere di animali, allevatori e di chi partecipa alla creazione del valore delle filiere italiane”.

 L’impatto dello stile di vita

Nel libro, la prospettiva per valutare gli impatti del settore nel nostro Paese è guidata da parametri oggettivi, su cui esiste consenso scientifico allargato. È il caso della “Clessidra ambientale”, che valuta gli impatti degli stili di vita alimentare dal punto di vista della sostenibilità. La “Clessidra”, ottenuta dalla moltiplicazione dell’impatto ambientale degli alimenti per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida INRAN, ora CREA, mostra che – se si seguono i consigli di consumo suggeriti dal modello alimentare della Dieta Mediterranea – l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti.

Luisa Romagnoni

 

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