L’alimentazione corretta per la sportiva

Come deve cambiare l’alimentazione se si pratica yoga o allenamento con i pesi 3/4 volte a settimana? Quante proteine devono essere presenti nella dieta? E quanti carboidrati? Quanto occorre bere? Come strutturare l’allenamento in base alle proprie caratteristiche? Risponde a queste e molte altre domande il libro “Dieta e allenamento al femminile – Come raggiungere e mantenere il benessere della donna” (Edizioni Lswr pag. 400, euro 29, 90) della dottoressa Valeria Galfano, medico chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietetica, e personal trainer. Obiettivo del volume: fornire alle donne uno strumento per orientarsi nel mondo dell’alimentazione e dello sport, comprendendo quali sono le specificità del corpo femminile e i suoi bisogni, per prevenire carenze nutrizionali e disturbi alimentari, contrastando la disinformazione. Chi non possiede le adeguate competenze e si fida di ciò che legge sul web, spesso non è in grado di distinguere le informazioni corrette dalle fake news. E questo espone le donne al rischio di sviluppare o peggiorare uno stato di malnutrizione, carenze nutrizionali, disturbi alimentari, dell’immagine corporea e malattie del metabolismo.

Nel libro la dottoressa Valeria Galfano spiega come le donne che si allenano semplicemente per mantenersi in salute e in forma non devono mettersi alla ricerca di diete speciali o accorgimenti particolari, e soprattutto dovrebbero stare alla larga da tutti quei consigli strambi elargiti da alcune pagine social dedicate all’alimentazione sportiva, ma gestite da chi non ha mai studiato la scienza dell’alimentazione. Il discorso cambia per le atlete che si preparano per una competizione sportiva. Così riguardo al fabbisogno di vitamine la dottoressa Galvano segnala che la tendenza generale è di abusare di integratori multivitaminici, che nel migliore dei casi può essere inutile, ma talvolta può risultare persino pericoloso. L’uso irrazionale di integratori vitaminici non migliora la performance sportiva e, anche dopo l’allenamento, i livelli vitaminici non scendono al punto da richiedere una massiccia integrazione. La supplementazione diventa necessaria quando sussiste una reale carenza nutrizionale, accertata attraverso gli esami ematochimici, oppure in caso di esercizio fisico particolarmente intenso e prolungato, poiché in questi casi le naturali difese antiossidanti potrebbero risultare insufficienti. A proposito del fabbisogno di proteine la dottoressa Galvano chiarisce che generalmente, chi pratica attività fisica, tende ad aumentare l’introito proteico e ridurre drasticamente l’apporto di carboidrati in assenza di un razionale scientifico che giustifichi tale pratica.

«Anche se durante l’esercizio fisico si verifica il fenomeno del catabolismo proteico, la quota raccomandata per la popolazione generale, che corrisponde a 0,9 g per kg di peso corporeo al giorno, copre le necessità delle persone di entrambi i sessi anche se fisicamente attive. Aggiungo che, secondo le stime, in media l’apporto proteico giornaliero, sia delle persone sedentarie sia degli atleti, è largamente superiore alla quota raccomandata. Possiamo con certezza affermare che in questo periodo storico, e alle nostre latitudini, il problema non è la carenza di proteine ma il suo esatto contrario».

Prosegue la specialista: «Se parliamo, invece, di atleti agonisti, sottoposti a sforzi fisici intensi, con un aumentato turnover proteico, il fabbisogno è realmente aumentato e corrisponde in media a 1,2/1,8 g di proteine per kg di peso corporeo. Il fabbisogno proteico degli atleti è diverso in funzione della disciplina sportiva: mediamente gli sport di endurance, aerobici, necessitano di apporti inferiori rispetto agli sport di forza e di potenza, anaerobici. Oltre alla tipologia di sport praticato, anche l’intensità degli allenamenti e l’obiettivo da raggiungere influenzano il fabbisogno proteico giornaliero».

Nel libro si sottolinea infine che per favorire la salute e la forma fisica bisogna riuscire a trasformare la sana alimentazione e l’attività fisica in uno stile di vita da seguire con piacere e senza sacrificio e che tutti i fattori che intensificano le preoccupazioni associate al cibo provocano lo sviluppo o peggiorano i sintomi dei disturbi alimentari e le donne, più di chiunque altro, non hanno certo la necessità di aggiungere ulteriori stimoli stressanti a un contesto sociale che già le vorrebbe tutte perfette, magrissime e omologate a un modello estetico irraggiungibile.

di Antonella Franchini

Articoli correlati