La donna che da’ potere alle donne

È da poco tornata dall’Africa e già prova una grande nostalgia. Perché Nuccia Invernizzi – milanese d’origine, ma residente vicino a Como – nello Zambia, tra la capitale Lusaka e soprattutto la zona a nord di Luanshya, vicino al confine con il Congo, ha lasciato il cuore. Già lo scorso anno nello speciale natalizio avevamo parlato dei progetti della sua Fondazione, nata in ricordo del marito, in particolare la costruzione di una scuola, a Nord della capitale, dove oggi, dopo 23 anni, studiano più di 800 bambini. Ma l’attività di Nuccia Invernizzi non si ferma qui. Grazie a un gruppo di volontari, ha fondato anche un orfanotrofio e oggi entusiasta ci racconta la calorosa accoglienza ricevuta al suo arrivo. Le feste organizzate in suo onore, i bambini che l’abbracciavano e volevano stare sempre con lei. Per non parlare di quando ha dovuto ripartire. «Non mi lasciavano più andare e addirittura una bimba si è infilata nella mia valigia perché voleva venire in Italia con me», ci racconta Nuccia, quasi con le lacrime agli occhi. Ma la soddisfazione più grande di questo suo viaggio in Africa, che si ripete almeno due o tre volte all’anno, è di aver acquistato un nuovo terreno, con due strutture abitative da ristrutturare per poter ospitare alcune donne, oggi adulte che sono cresciute nell’orfanotrofio limitrofo, costruito 20 anni fa grazie a un amico italiano imprenditore, nella zona all’estremo Nord dello Zambia, dove si trovano le miniere di rame e zinco.

«L’orfanotrofio viene oggi gestito dalle Suore del Redentore (Daughters of Redentor) e ospita circa una ventina di bambine abbandonate», ci dice Nuccia. «Poiché questo orfanotrofio è attivo da circa 20 anni, le bimbe di allora sono ormai diventate grandi. Per loro non c’era una dimora dove andare, perché per legge a 18 anni le ragazze devono lasciare l’orfanotrofio. Molte di loro sono rientrate nei villaggi e purtroppo non hanno fatto una bella fine: alcune sono addirittura finite sulla strada, sfruttate dagli stessi mariti. Per questo abbiamo pensato di costruire, nel terreno che circonda l’orfanotrofio, una casa che possa ospitarle: l’abbiamo chiamata “Casa Verde” perché è immersa in un grande giardino. Non potevo abbandonare queste bambine, oggi diventate donne, al loro destino! Adesso ospitiamo 4 ragazze, che aiutano le suore a gestire l’orfanotrofio e anche la scuola che è lì vicino, dove studiano più di 300 bambini. Per contribuire a mantenere la scuola e l’orfanotrofio, abbiamo avviato un’attività imprenditoriale agricola, con un allevamento di pulcini e un’attività di tipo sartoriale. Per gestire tutta questa impresa invio dall’Italia circa 40 mila euro all’anno. La mia preoccupazione attuale è di mettere queste donne in condizioni di essere autosufficienti. Per questo, durante il mese di permanenza, ho deciso di acquistare un terreno per costruire un’altra casa di accoglienza che vorrei intestare direttamente alla Congregazione delle Figlie del Redentore, la cui sede centrale è a Lusaka. Questa casa sorgerà a Luanshya, a Nord dello Zambia, al confine con il Congo. Abbiamo acquistato questo nuovo terreno da un medico locale che voleva venderlo per trasferirsi nella capitale. Abbiamo dato una caparra e completato le pratiche legali per l’acquisto: già le suore e le donne hanno cominciato a lavorare. Il terreno è esteso e c’è anche una sorgente d’acqua che lo rende molto fertile, adatto alle coltivazioni, soprattutto di soia e frutti, in particolare la moringa, un frutto molto nutriente e vitaminico.

L’acquisto che abbiamo definito comprende il terreno con due case annesse, da ristrutturare e le sementi da acquistare. Con un investimento di circa 20mila euro dovremmo completare l’opera e avere già un raccolto entro il prossimo anno. Una parte di questi investimenti dovrebbero poter finanziare un altro progetto, per contribuire a mantenere agli studi anche le “bambine grandi” che qui vivono e vorrebbero studiare. Adesso ne abbiamo cinque. Una ha scelto di fare la radiologa all’Università di Lusaka e altre due vorrebbero frequentare la facoltà di Agraria e potrebbero poi seguire i lavori per le coltivazioni di questo terreno. Ci sono anche due ragazzi: Paul che ha vinto a 15 anni i campionati di matematica di tutte le scuole dello Zambia: ora ha 19 anni e sta frequentando la facoltà di Ingegneria Informatica. L’altro ragazzo invece si è iscritto alla facoltà di Economia. Per il momento stiamo seguendo in particolare questi cinque ragazzi. Ma ci sono altre tre ragazze che stanno finendo la maturità e una di queste vorrebbe iscriversi a Medicina. Le donne che ho incontrato sono molto intraprendenti, intelligenti, attive e stanno portando avanti da sole il Progetto Donna, che mi sta particolarmente a cuore. È stato avviato nel 2021 a Chibongo in un villaggio lontano da tutto, in mezzo alla campagna, dove si era trasferita Madre Emelda, già superiora delle Suore del Redentore. L’obiettivo era di aiutare le donne che si caricano di lavoro e crescono da sole i figli. L’idea è stata quella di coinvolgerle, insegnare loro la prevenzione e le nozioni di igiene e metterle nelle condizioni di poter lavorare in team, con progetti mirati. Siamo partiti dall’allevamento e la cura dei pulcini, con la successiva vendita delle uova e delle galline al mercato. Poi abbiamo potenziato le coltivazioni dei terreni. E abbiamo avviato anche i lavori di sartoria: vestiti da bambini, borse, piantine decorative che vengono portate al mercato. Oggi abbiamo una trentina di donne e quattro uomini che si occupano di questo Progetto e un numero sempre maggiore di donne vengono dai villaggi intorno a lavorare. E abbiamo aggiunto anche un baby care, una specie di asilo diurno, dove le donne possono tenere i bambini, mentre lavorano. Il fine di questo progetto è mettere al centro “la donna che dà potere alle donne”: il riscatto di questo bellissimo Paese si fonda sul lavoro delle donne, ancora soggiogate alla potestà dei mariti. Sono loro il motore della famiglia e dell’intera società. Sono loro il futuro dello Zambia e dell’Africa».

Per donazioni:
Fondazione Nuccia Invernizzi: IBAN: CH2800764175546832003;
PAMO Onlus: IBAN: IT57U0306909606100000003471.

di Paola Trombetta

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