Mamme iperprotettive: meno bambini e più lavoro per i pediatri

Oltre 120 mila nati in meno Italia negli ultimi 10 anni, secondo le recenti stime ISTAT. Mamme sempre più (iper)protettive e pediatri sempre più indaffarati con i loro piccoli pazienti. Sono questi alcuni dei principali fattori che stanno cambiando il profilo demografico del nostro Paese. Su di essi impattano questioni socio-economiche, come le possibilità sempre più protratte nel tempo per i giovani di rendersi autonomi e di fare scelte di genitorialità o l’assenza di supporti di servizio. «L’insufficiente accessibilità agli asili nido e alle scuole materne  – spiega Rinaldo Missaglia, Segretario Nazionale Simpef (Sindacato Medici Pediatri di Famiglia) – ma anche scarse figure di sostegno extra-genitoriale parentale, come i nonni, hanno contribuito in questi anni alla riduzione del tasso di natalità delle famiglie italiane». Inoltre pesano anche importanti fattori psico-emotivi: primo fra tutti, mamme e papà investiti da un crescente complesso di inadeguatezza e di ansia, che, per quanto attiene gli aspetti della salute, ricadono in maniera importante sul pediatra. «Se si registra una riduzione del numero di bambini assistiti negli ambulatori – aggiunge Maria Domenica Ferri, Segretario Regionale Simpef Puglia – si osserva anche una maggiore “ansia” delle famiglie rispetto alla salute dei propri piccoli. Atteggiamento che richiede un impegno maggiore da parte del pediatra dove il superfluo diventa necessario, facendo così perdere di vista i reali bisogni della popolazione pediatrica quali l’emergenza sociale ed educativa, una delle sfide del nuovo millennio cui il pediatra deve rispondere». Come arginare il problema? Occorre introdurre misure che rafforzino la percezione di adeguatezza genitoriale, dicono gli esperti, in particolare nel fornire le cure al proprio bambino, ma anche riformare l’organizzazione sanitaria secondo i principi di presa in carico e continuità delle cure, valorizzando il “patto per la salute del bambino e dell’adolescente”. Infine è necessario strutturare una vera e propria rete della presa in carico del bambino, dalla nascita sino alla maggiore età, che ricade anche su una migliore qualità assistenziale sul territorio. «Ciò che bisogna evitare – conclude Missaglia – è un intervento non ponderato che, sull’onda del fenomeno denatalità, vada a stravolgere un sistema che finora ha garantito risposte ai bisogni reali, ritenute soddisfacenti dalla maggior parte della popolazione, come confermato da recenti indagini che vedono un ampio gradimento dei genitori circa l’operato e il ruolo di “consigliere” del pediatra di famiglia».

Francesca Morelli

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