Covid-19: infezioni in aumento, ma calano ricoveri e decessi, anche grazie agli antivirali

Sono trascorsi due anni e mezzo dalla prima infezione da SARS-CoV-2 in Italia, che ha causato pesanti “ondate” pandemiche, lockdown, quarantene, obbligo di mascherine e una lunga sequenza di varianti virali, ultima in ordine cronologico BA5, variante di Omicron, la più contagiosa in assoluto fino ad oggi, che sta provocando in questi giorni un aumento dei contagi (+32%) e ancora una cinquantina di morti al giorno.

Come sta andando l’infezione? Cosa ci attende nei prossimi mesi? Come curare chi viene contagiato? Ne hanno discusso virologi, epidemiologi e infettivologi in occasione della 14a ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, che si è tenuta di recente a Bergamo, la città maggiormente colpita da questa pandemia.

«La circolazione del virus SARS-CoV-2 presenta oggi uno scenario del tutto differente da quello dello scorso anno e ancora diverso rispetto a due anni fa» ha dichiarato Pier Luigi Lopalco, Professore Ordinario di Igiene, Università del Salento. «La pandemia si è evoluta ed è cambiata: nella prima fase abbiamo avuto ondate pandemiche massicce, ricoveri in rianimazione, un altissimo numero di infetti e decessi, riguardanti persone più spesso anziane e fragili, e abbiamo dovuto far fronte con mascherine, lockdown e farmaci generici. Lo spartiacque è stato l’arrivo dei vaccini che hanno aumentato l’immunità di comunità, ridotto gradualmente il numero degli infetti e dei casi di malattia grave. Il virus ha continuato a circolare e a cambiare nelle sue varianti, alcune più contagiose, come Omicron. Poi sono arrivati gli anticorpi monoclonali e gli antivirali orali che permettono di curare precocemente l’infezione lieve-moderata. Ci aspettiamo che il virus continui a circolare e adattarsi, ma nel tempo vedremo picchi epidemici di malattia meno numerosi e meno gravi che, grazie a vaccini e farmaci, potremo controllare e non metteranno più in ginocchio il sistema sanitario. Insomma, passeremo gradualmente dall’emergenza alla gestione ordinaria di questa infezione».

La variante in assoluto più contagiosa fino ad oggi è Omicron, la quale da tempo ha iniziato a cambiare dando origine a sub-varianti più o meno contagiose: l’ultima BA5 sta producendo significativi picchi di infezione in Portogallo e Germania e alcuni casi anche in Italia.

«I dati accumulati tendono a ipotizzare di essere vicini al virus “optimo”: non va dimenticato che un virus quando cambia troppo perde la sua capacità infettante», spiega Carlo Federico Perno, Professore Ordinario di Microbiologia UniCamillus e Direttore di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Il virus infatti cambia per riuscire a selezionare il ceppo perfetto, quello che replica al meglio, ma per ottenere ciò deve fare  miliardi di tentativi di cui solo uno funziona. Un esempio è la variante Omicron: tutti gli altri virus variati sono scomparsi. Dunque, è ragionevole pensare che questo virus continuerà a cambiare un po’, ma potrebbe non avere più bisogno di cambiare troppo. Questa esigenza del virus di cambiare è il principio su cui fonda la sua azione il molnupiravir: tale farmaco ha la peculiarità di “forzare” il virus a continuare a cambiare. Si producono così ceppi variati che hanno perso la capacità infettante e sono divenuti innocui. Questo meccanismo d’azione di molnupiravir mima ciò che accade già in natura: gli enormi cambiamenti del virus non necessariamente portano a un guadagno: nella stragrande maggioranza dei casi il ceppo mutato non è infettante e quindi sparisce».

L’introduzione degli antivirali orali, in particolare di molnupiravir, il più prescritto in Italia, nell’ultimo anno stanno cambiando le prospettive di malattia nei soggetti più anziani e fragili che presentano malattia da lieve a moderata. Si accumula da mesi una cospicua esperienza che mostra l’efficacia e la maneggevolezza di questo farmaco, di cui si avverte la necessità di aumentare l’utilizzo.

«I dati che abbiamo a disposizione ci dicono che lo studio registrativo, pubblicato su New England Journal of Medicine, ha dimostrato di ridurre nei pazienti che assumono molnupiravir del 50% sia i ricoveri ospedalieri sia la morte», puntualizza Matteo Bassetti, Direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino di Genova. «Lo studio MOVe-OUT, appena pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine, conferma che molnupiravir non solo riduce le ospedalizzazioni e la morte, ma ha anche due effetti importanti: in quei pochi pazienti che vengono ricoverati la durata del ricovero è di 3 giorni inferiore rispetto a chi fa placebo; inoltre, riduce in maniera significativa le visite al pronto soccorso e le visite specifiche ambulatoriali. Al San Martino abbiamo trattato fino ad oggi più di 400 pazienti con molnupiravir e i risultati sono molto buoni. Abbiamo visto una riduzione significativa degli accessi in ospedale, consentendoci di gestire più persone a casa. La Liguria è una delle regioni in cui si prescrivono di più questi antivirali orali». Oltre la Liguria, un’altra regione virtuosa è il Lazio, al secondo posto dopo il Veneto per prescrizioni di antivirali orali e utilizzo di molnupiravir.

«Avere la possibilità di utilizzare farmaci antivirali, che riescono a bloccare l’evoluzione della malattia in pazienti fragili ad alto rischio di progressione e ridurre le ospedalizzazioni, è un’arma fondamentale nel contrasto al virus», sottolinea Massimo Andreoni, Professore Ordinario di Malattie Infettive Università Tor Vergata di Roma e Direttore Scientifico SIMIT. «Abbiamo indicato per il trattamento con molnupiravir 278 pazienti al 7 giugno e il 55% di essi è giunto al nostro ambulatorio inviato dal medico di medicina generale. In tal senso siamo riusciti a creare un buon rapporto tra la medicina di base territoriale e il Policlinico di Tor Vergata. Il 90% dei pazienti ha beneficiato della somministrazione del farmaco. Molnupiravir è stato di gran lunga l’antivirale più prescritto sino ad oggi perché è un farmaco facile da prescrivere, non ha interazioni farmacologiche e quindi i pazienti molto fragili, che spesso utilizzano già diverse terapie, possono avere un farmaco che è ben tollerato e non interagisce con altri medicinali. Molnupiravir si è dimostrato estremamente efficace: pochissimi i pazienti che hanno avuto bisogno del ricovero dopo il trattamento, quasi nulli gli effetti collaterali. Riteniamo che questo antivirale sia un’arma importante capace di bloccare l’evoluzione di malattia, considerato che il coronavirus non è affatto debellato. Per questo dobbiamo imparare ad usarlo molto più spesso e in maniera disinvolta».

di Paola Trombetta

Proroga all’uso delle mascherine Ffp2

In attesa della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto che proroga al 30 settembre le regole sull’obbligo d’utilizzo delle mascherine FFP2, arriva un’Ordinanza firmata il 15 giugno dal ministro della Salute, Roberto Speranza che rende da subito effettive le norme con le specifiche su quanto deciso in Consiglio dei Ministri. L’Ordinanza firmata il 15 giugno dispone l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 per l’accesso ai seguenti mezzi di trasporto e per il loro utilizzo:

  1.  navi e traghetti adibiti a servizi di trasporto interregionale;
  2.  treni impiegati nei servizi di trasporto ferroviario passeggeri di tipo interregionale, Intercity, Intercity Notte e Alta Velocità;
  3.  autobus adibiti a servizi di trasporto di persone, effettuati su strada in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni ed aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti;
  4.  autobus adibiti a servizi di noleggio con conducente;
  5.  mezzi impiegati nei servizi di trasporto pubblico locale o regionale;
  6.  mezzi di trasporto scolastico dedicato agli studenti di scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado.

Obbligatorie le mascherine anche per lavoratori, utenti e visitatori delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali. Le farmacie, lo si ricorda, non rientrano tra le strutture dove permane l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie per gli utenti. Decade anche la raccomandazione dell’utilizzo della mascherina nei luoghi chiusi aperti al pubblico. Nei luoghi di lavoro, precisa Federfarma, in ragione del protocollo sulle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19, sottoscritto da governo e parti sociali valido almeno fino al 30 giugno p.v., “si ritiene ancora doveroso che, in farmacia, i lavoratori continuino ad utilizzare la mascherina”. Non rientrano nell’obbligo i bambini di età inferiore ai sei anni; le persone con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché le persone che devono comunicare con una persona con disabilità in modo da non poter fare uso del dispositivo; i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva.  P.T.

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