Le novità terapeutiche che rivoluzionano la cura dei tumori del sangue

“Non ci girerò intorno: ho scoperto di avere una neoplasia dal suono dolce, il mieloma, ma non per questo meno insidiosa”. Con queste parole affidate ai social, il compositore e pianista Giovanni Allevi lo scorso fine settimana ha annunciato di soffrire di un mieloma multiplo, una neoplasia del sangue che ogni anno colpisce in Italia 5 mila persone. L’annuncio è arrivato pochi giorni prima della Giornata Nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma (21 giugno), promossa da AIL, Associazione Italiana contro le Leucemie, sotto l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica. «Si tratta di un tumore che colpisce un tipo di cellule del midollo osseo, le plasmacellule, che producono gli anticorpi per difenderci dalle infezioni in percentuali del 3-4%, ma a causa del mieloma iniziano una sovra produzione che arriva anche al 60-70%, originando immunoglobuline alterate e pericolose», spiega Michele Cavo, Professore Ordinario di Ematologia, Direttore dell’Istituto di Ematologia “Seràgnoli”e Direttore della Specializzazione in Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, intervenuto al Convegno che si è tenuto a Roma: “AIL e l’Ematologia italiana: un’alleanza concreta che guarda al futuro. Rivoluzioni terapeutiche e nuovi traguardi nella cura dei tumori del sangue”. «Solitamente questo tumore colpisce persone over 70, ma negli ultimi anni si registrano molti casi in età inferiore, come è avvenuto per Allevi. I sintomi più frequenti sono fatica e stanchezza accentuate, dolori e fragilità ossea. Dagli esami del sangue possono emergere anemia, ridotta funzionalità renale e presenza di elevate quantità di proteine (proteinuria) nelle urine. Negli ultimi anni la scelta terapeutica del mieloma multiplo si è ampliata, con nuove classi di farmaci biologici (immunomodulatori, inibitori del proteasoma, anticorpi monoclonali) provvisti di differenti meccanismi di azione. Le numerose opzioni terapeutiche permettono di operare le scelte migliori in base alle caratteristiche del singolo paziente. Buoni risultati si sono ottenuti con l’immunoterapia che sfrutta il sistema immunitario del paziente per indurre la morte delle cellule neoplastiche, riconosciute per l’espressione di una proteina che rappresenta il bersaglio da colpire. L’immunoterapia nel paziente con mieloma multiplo può prevedere l’impiego di anticorpi monoclonali da soli oppure coniugati con tossine, o in alternativa delle cellule CAR-T che orientano le difese immunitarie del paziente verso le cellule tumorali. Queste cellule sono i linfociti T del paziente che, dopo essere stati raccolti dal sangue periferico, vengono modificati geneticamente e resi in grado di esprimere una proteina di fusione che, dopo avere riconosciuto il bersaglio, attiva i linfociti stessi inducendo il rilascio di sostanze che annientano le cellule tumorali. Ad oggi, due differenti prodotti con cellule CAR-T sono stati approvati per l’immissione in commercio da parte delle agenzie regolatorie statunitensi (FDA) ed europea (EMA), ma non hanno ancora ricevuto la rimborsabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale da parte di AIFA. Quest’ultima è attesa entro quest’anno per almeno uno di questi prodotti. Ad aver ottenuto la rimborsabilità in Italia è invece daratumumab, capostipite dei farmaci biologici anti CD38, nella formulazione sottocutanea».

Un’altra patologia del sangue con buone potenzialità terapeutiche da pochi anni è la Leucemia Mieloide Acuta (AML). «È una neoplasia aggressiva, con una età media alla diagnosi di circa 70 anni», conferma Sergio Amadori, professore onorario di Ematologia all’Università Roma Tor Vergata e consigliere nazionale AIL. «Studi di popolazione hanno descritto tassi di sopravvivenza a 5 anni, inferiori al 10% per i pazienti di età superiore a 60 anni, mentre la sopravvivenza si avvicina al 50% nei soggetti più giovani. Fino a 8-10 anni fa, il trattamento della AML si basava su programmi di chemioterapia intensiva in base all’età, comorbidità, profilo di rischio genetico/molecolare e scelta del paziente. Negli ultimi anni il panorama terapeutico è cambiato in maniera sostanziale per la migliore comprensione dei meccanismi biologici che sono alla base dello sviluppo della malattia. Grazie alla collaborazione con le industrie farmaceutiche, sono stati messi a punto farmaci innovativi (cosiddetti farmaci intelligenti) in grado di colpire selettivamente le cellule leucemiche portatrici di specifiche alterazioni genetico-molecolari. Solo negli ultimi 4-5 anni sono stati approvati dalle agenzie regolatorie (FDA, EMA) nuovi farmaci che consentono di migliorare i risultati terapeutici, riducendo l’incidenza di complicazioni collaterali, in particolare le infezioni. La disponibilità di farmaci capaci di colpire specifiche mutazioni presenti nelle cellule leucemiche e l’approvazione del farmaco Venetoclax hanno potenziato l’armamentario terapeutico nei pazienti con nuova diagnosi di AML. Per quanto riguarda i pazienti da sottoporre a chemioterapia intensiva, la combinazione di daunorubicina e citarabina continua a rappresentare una valida opzione terapeutica. Nei pazienti con AML a rischio molecolare favorevole, l’anticorpo monoclonale anti-CD33 (Gemtuzumab Ozogamicin) si è dimostrato efficace nel potenziare l’effetto della chemioterapia».

Questi nuovi farmaci sono frutto della ricerca che ha dato importanti risultati, soprattutto negli ultimi 10 anni: oggi i pazienti, più di 30 mila all’anno per tutte le malattie del sangue, hanno più probabilità di guarire o convivere con la malattia mantenendo una buona qualità di vita. Sostenere i pazienti e le loro famiglie e favorire la ricerca scientifica per rendere disponibili terapie sempre più efficaci sono obiettivi che si raggiungono anche grazie all’alleanza concreta tra AIL e l’ematologia italiana. Sono 120 i centri di Ematologia sul territorio nazionale che operano secondo standard e protocolli condivisi in modo da assicurare ai pazienti una diagnosi precisa, sicura e uniforme in tutta Italia dove AIL finanzia la ricerca con 114 progetti.

«Da oltre 50 anni AIL è impegnata ad affiancare i pazienti ematologici e le loro famiglie, sostenere la ricerca scientifica e favorire il progresso della conoscenza nel campo dei tumori del sangue», spiega Pino Toro, Presidente Nazionale AIL. «Nel tempo, grazie alla ricerca, le terapie sono diventate sempre più efficaci e mirate e ne arriveranno altre in futuro. AIL finanzia costantemente la ricerca sulle leucemie, i linfomi, il mieloma e gli altri tumori del sangue. Inoltre, sostiene la Fondazione GIMEMA Franco Mandelli (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto) che promuove la ricerca indipendente e lavora per identificare i migliori standard diagnostici e terapeutici per le malattie ematologiche e, grazie a borse di studio, contribuisce alla formazione di medici, biologi, infermieri e tecnici di laboratorio». «Con 82 sezioni provinciali presenti su tutto il territorio italiano, AIL supporta i numerosi centri di ematologia con premi e borse di studio destinati ai giovani ricercatori e con l’acquisto di strumentazioni innovative per garantire le attività di ricerca e di diagnostica avanzata; quest’ultima è fondamentale per la realizzazione dell’ottimizzazione del percorso terapeutico personalizzato del paziente», puntualizza Giorgina Specchia, Professoressa di ematologia e componente Comitato scientifico AIL nazionale. «I giovani ricercatori oggi lavorano in squadre formate prevalentemente da biologi, biotecnologi, medici, bioinformatici e data manager. Negli ultimi anni AIL Nazionale e le sezioni locali sono riuscite a sostenere quasi un migliaio di ricercatori con grant e borse di studio. Inoltre, ogni anno, in occasione dei congressi nazionali delle società scientifiche SIE (Società italiana di ematologia) e SIES (Società Italiana di ematologia sperimentale), vengono premiati progetti scientifici, accuratamente selezionati sulla base di rigorosi criteri scientifici; i progetti presentati dai giovani ricercatori sono sempre numerosi e di grande rilevanza scientifica».

di Paola Trombetta

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