LA RESPONSABILITA’ AL FESTIVAL DELLA MENTE DI SARZANA

Dal 4 al 6 settembre, a Sarzana, si è discusso il tema della “responsabilità”. La suggestiva cittadina della Lunigiana, al confine tra Liguria e Toscana, come ogni anno ha ospitato il Festival della Mente, giunto alla sua dodicesima edizione, e dedicato ai processi mentali e alla creatività. 

«Alla luce dei complessi cambiamenti sociali in corso e delle innovazioni scientifiche e tecnologiche», commenta il direttore artistico del Festival, Benedetta Marietti, «crediamo sia importante chiedersi a quali nuove responsabilità vengano chiamati oggi scienziati, artisti e intellettuali che, con i loro studi e le loro scoperte, influenzano profondamente la variegata società, oggi in continua mutazione. La scienza può aiutarci a costruire un futuro desiderabile. Anzi, le conoscenze scientifiche sono mattoni indispensabili per erigere questo edificio. Oggi, però, genetica e neuroscienze sembrano alzare ancor più la posta. Basti pensare alle ricerche nell’ambito della biogenetica: un potenziale enorme per migliorare la qualità della vita oppure un boomerang terribile per annientarla?». Il festival ha tentato di rispondere a queste domande, dando la parola a esperti di varie discipline (sono intervenuti a Sarzana i “cervelloni”: dal massimo divulgatore di fisica quantistica Jim Al-Khalili al neurolinguista Andrea Moro, al genetista Guido Barbujani), mantenendo però il consueto approccio divulgativo e multidisciplinare. Perché il discorso si allarga, inevitabilmente, come osserva il direttore scientifico Gustavo Pietropolli Charmet: diventa essenziale interrogarsi sull’agire responsabile di fronte alle tante sfide, non solo a livello tecnologico ma anche negli ambiti più importanti dell’esperienza umana di vita: nell’educazione, nel rapporto tra generazioni, nella famiglia come nella scuola, le relazioni, l’amore, la politica. 

«La questione è immensa», ammette Charmet. «Abbiamo tutti delle responsabilità e questo andrebbe preso seriamente. Ci risulta invece abbastanza difficile assumere la nostra quota di responsabilità, che… è sempre di qualcun altro». 

Si sente spesso parlare di nuove responsabilità in senso collettivo, rivolte al possibile futuro dell’umanità: un atto di responsabilità verso le generazioni future. «E’ ormai consapevolezza diffusa che la nostra civiltà tecnologica è caratterizzata da atteggiamenti di dominio della natura che stanno minacciando la stessa sopravvivenza del pianeta per gli interventi messi in atto dall’uomo», osserva Charmet. Essere responsabili significa dunque interrogarsi sulle motivazioni del nostro agire. Noi siamo responsabili non solo di quello che facciamo, ma anche di quello che non facciamo. Se vogliamo seguire l’etimologia, la parola responsabilità deriva dal latino respondeo, “rispondo”. «Ora  si tratta anche di dare risposta all’Altro, alle domande dell’Altro, alle sue richieste, ai suoi bisogni», continua  Charmet. «Occorre anzitutto riconoscere che ci sono altre persone oltre a noi, che pensano, agiscono e parlano, e che noi possiamo ascoltarle, sforzandoci di comprendere ciò che esse vivono ed esprimono. Con la globalizzazione e la multiculturalità, questo tema diventa sempre più centrale».

Gli effetti dell’azione umana sono inoltre ben visibili sui cambiamenti climatici, dal buco nell’ozono al disboscamento: ma che ne sarà dell’umanità se non impareremo a convivere e coesistere con ciò che è culturalmente differente da noi? E’ qui la sfida in cui la società multietnica di domani, già a partire da oggi, gioca la sua partita decisiva, creando valore nelle contraddizioni e nella diversità. Ne hanno parlato Salvatore Lombardo giurista, membro dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Eraldo Affinati scrittore e insegnante. «Non c’è luogo più di un’aula scolastica, con ragazzi provenienti dalle più svariate parti del mondo, in cui possa trovarsi, e di fatto si trova, una convivenza possibile». 

Per tutte le informazioni si può consultare il sito www.festivaldellamente.it

di Cristina Tirinzoni

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