La “bontà” delle mense scolastiche in epoca Covid

Cremona, Fano, Jesi, Trento e Rimini. Sono queste le 5 città che occupano i primi posti per il miglior servizio di mensa scolastica per i bambini, ovvero pasti di qualità che abbinano gusto ed equilibrio anche in epoca Covid, investendo su nuove risorse umane (più personale), sulla sicurezza (distanziamento sociale e igiene), a discapito tuttavia di un ritorno all’uso della plastica o al monouso con un impatto ambientale notevole. Tra queste ci sono soluzioni usa e getta, spesso sollecitate dalle aziende sanitarie, o stoviglie lavabili, piatti a spicchi, vassoi pluriporzione che introducono una nuova modalità di servire il pasto in un’unica soluzione, tuttavia con dei “rischi” in termini di consumo, secondo gli esperti, in quanto i bambini tenderebbero a mangiare prima quello che piace, lasciando indietro il resto o consumarlo se hanno ancora fame. Sono questi i risultati di una indagine sulla “mensa Covid” (e i suoi menu) condotta da Foodinsider, un osservatorio specializzato sulle mense, all’interno di Terra Madre, un progetto di gusto realizzato da Slow Food, un’associazione internazionale no-profit impegnata a ridare valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi (www.slowfood.it).

Cosa è emerso ancora? Tra le maggiori criticità vi è la semplificazione del pasto che ha perso brodi e minestre a favore di piatti più facili da preparare, anche in funzione del minor tempo concesso in cucina, e della turnistica in refettorio fino a tre servizi a pasto. Il punto forte invece è l’attenzione di questi Comuni a valorizzare il servizio mensa come luogo che si prende cura della salute e che educa al gusto fin dalla più tenera età.

La migliore interpretazione del menu spetterebbe a Trento: «In gran parte dei casi le mense italiane – dichiara il professor Valter Longo, fra i maggiori esperti di longevità al mondo studiata soprattutto attraverso la relazione dieta e tumori– propongono piatti privi di particolari nutrienti, in cui sono presenti ogni giorno pasta, lasagne o gnocchi, con un eccesso di amidi e quindi di zuccheri, che aumentano il rischio di obesità.  Mentre il capoluogo del Trentino-Alto Adige abbina, quasi ogni giorno, alle pietanze legumi o contorni di verdura. Quello che si mangia da piccoli determina quello che si sarà da grandi. Ad esempio una obesità tra i 7 e i 18 anni espone a un aumento del rischio di diabete del 400%, che in età adulta potrà causare malattie del metabolismo, diabete, tumori, malattie cardiovascolari, con un impatto anche sulle cellule che controllano l’invecchiamento». La soluzione? Affidare la definizione dei menù scolastici a panel di esperti, ricercatori e universitari, che hanno l’obiettivo di aiutare a star bene, anche attraverso una sana alimentazione, non nell’immediato futuro, ma fino a 100 anni!

Francesca Morelli

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