MEDICINA DI GENERE: UN NUOVO APPROCCIO ALLA MALATTIA

Alla Medicina di precisione è stato dedicato il convegno scientifico internazionale che si è svolto i giorni scorsi a Venezia “The Future of Science”, organizzato dalle Fondazioni Umberto Veronesi, Silvio Tronchetti Provera e Giorgio Cini. Nell’occasione è stata presentata “The Italian Journal of Gender-Specific Medicine”, la prima rivista scientifica italiana dedicata alla Medicina di genere, pubblicata da Il Pensiero Scientifico Editore con il contributo di Novartis Italia. La Medicina di genere, uno dei capitoli più promettenti della Medicina personalizzata e di precisione, studia l’impatto specifico del “genere”, maschile e femminile, sullo sviluppo e l’evoluzione delle malattie, con l’obiettivo di assicurare a tutti, uomini e donne, il miglior trattamento possibile in base alle caratteristiche personali.
L’appartenenza di genere è uno dei fattori chiave nella medicina personalizzata: sono ormai numerosi gli studi scientifici che dimostrano come essere uomo o donna, maschio o femmina, condizioni l’insorgenza e l’evoluzione delle malattie, l’approccio diagnostico e terapeutico, così come la riabilitazione e la guarigione. Ad esempio, le donne muoiono per malattie cardiovascolari in misura maggiore rispetto agli uomini; sono inoltre a maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, mentre gli uomini sono più esposti al Parkinson; il tumore al fegato nelle donne progredisce più lentamente e i disturbi d’ansia colpiscono due volte le donne più degli uomini. Il vantaggio della donna in termini di longevità (cinque anni più dell’uomo) si traduce in anni di malattia e disabilità, dovute alle malattie cardiovascolari e neurodegenerative.
Su queste differenze “di genere” abbiamo parlato con la professoressa Flavia Franconi, ordinario di Farmacologia molecolare all’Università degli Studi di Sassari, vice-presidente e assessore alle Politiche della Persona della Regione Basilicata.

Quali sono le principali evidenze scientifiche dell’approccio di genere in Medicina?

«La Food and Drug Administration ha pubblicato le Linee Guida per lo studio delle differenze di genere nella valutazione clinica dei farmaci, nelle quali si esortava non solo a includere le donne nelle sperimentazioni, ma anche ad analizzare i dati in un’ottica di genere. Tra uomini e donne vi sono infatti numerose differenze in grado di influenzare il viaggio del farmaco nell’organismo (farmacocinetica) e il modo con cui il farmaco lavora (farmacodinamica): a causa di queste differenze, le donne hanno una maggiore frequenza (quasi doppia) di reazioni avverse. Per esempio, in uno studio condotto dall’Università di Toronto, relativo a pazienti ricoverati nel corso degli anni per reazioni avverse, è emerso che il 50% delle pazienti donne aveva riportato reazioni avverse per più di un farmaco, contro il 33% dei pazienti maschi».

Esistono studi sulla differente reazione dei farmaci nell’uomo e nella donna, nei diversi contesti socio-ambientali?

«Attualmente, nella letteratura scientifica, sono in aumento le pubblicazioni che trattano la differenza di genere, ma mentre si cominciano a conoscere le differenze biologiche, ancora non sono stati messi a punto metodi per studiare come l’ambiente influenzi la risposta ai farmaci. I pochi dati disponibili dimostrano che le risposte ai farmaci dipendono anche dal contesto sociale, dal luogo geografico nel quale vive la persona. Quindi è assolutamente necessario produrre nuove ricerche orientate a indagare sia la componente biologica che quella ambientale. È arrivato il momento di applicare alla ricerca di genere la teoria della complessità e dell’intersettorialità: le differenze sullo stato di salute che esistono tra i due generi vanno studiate anche in relazione alle condizioni culturali, socioeconomiche, geografiche, di etnia ed età».

L’approccio “personalizzato”, cioè di genere, potrebbe anche rappresentare un risparmio per il nostro Servizio Sanitario Nazionale?

«La Medicina di genere non è una Medicina “al femminile”, ma un approccio che assicura maggiore appropriatezza ed equità per tutti, uomini e donne, ed è il primo passo verso i trattamenti personalizzati per raggiungere l’appropriatezza nella prevenzione e nella terapia per tutti i generi, comprese le donne. È una medicina sempre più personalizzata in grado di cogliere le differenze nella risposta alle malattie e alle cure dell’uomo e della donna, per tradurle nella pratica clinica con conseguenti risparmi sui costi. Fino a oggi gli studi clinici sono stati condotti prevalentemente su campioni di popolazione maschile all’interno dei quali le donne erano poco o nulla rappresentate, per cui le evidenze della ricerca eseguita sul maschio vengono applicate alle donne in modo inadatto e a volte inappropriato, quindi più soggette a errori. Infatti, sappiamo che le donne vanno incontro a più effetti collaterali rispetto agli uomini, proprio perché i farmaci sono stati studiati prevalentemente nei maschi. Ciò si traduce, di conseguenza, anche in più ricoveri ospedalieri, nuove terapie e quindi maggiori costi. Le donne sembrano essere meno aderenti alla terapia – statine, antipertensivi, terapia AIDS, antipsicotici – per alcune grandi patologie, con conseguente minore efficacia della cura stessa. Andare verso l’appropriatezza terapeutica e verso una medicina maggiormente personalizzata e basata sull’evidenza, aumenterebbe l’efficienza e l’efficacia terapeutica delle prestazioni erogate dal Servizio Sanitario con notevoli risparmi. Per concretizzare questo approccio, dovrebbero essere messi in atto specifici percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali, come sta avvenendo in Basilicata, una regione “women friendly”, dove da delibera regionale i prontuari diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) devono essere di genere. Il primo è già stato attuato e riguarda l’asma e la COPD (malattia polmonare ostruttiva cronica), gli altri sono in corso di preparazione. Per rafforzare tale azione per il triennio 2015-2017 la Medicina di genere è stata posta tra gli obiettivi dei Direttori Generali delle Aziende sanitarie. Sempre in questa ottica è stato attuato un memorandum con l’UNICRI, un’agenzia dell’ONU, per procedere assieme al resto del mondo con un confronto continuo con le diverse culture che compongono questo nostro mondo».

di Paola Trombetta

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