Narcolessia: quando basta una risata a fare cadere a terra inermi

“Le palpebre semi chiuse, le braccia conserte sul banco, il peso del sonno che avvolge e ottenebra tutte le membra. La voce della maestra percepita in lontananza e poi l’accusa di essere distratto, lavativo, pigro. Il mondo che si stempera in un blu “onirico” mentre un filo luce, a fatica, filtra in una realtà di ovatta. Per fare chiarezza su un disturbo importante”. Con questa immagine forte e pregnante, interpreta la narcolessia Anna Bonomi, vincitrice del visual-contest #CreateforSleep, una campagna di sensibilizzazione per far conoscere questo raro disturbo del sonno e i suoi sintomi attraverso un’immagine, promossa da AIN (Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni), con il patrocinio di AIMS (Associazione Italiana Medicina del Sonno), la collaborazione di NABA (Nuova Accademia di Belle Art) e il supporto non condizionato di BIOPROJET Italia.

«La sonnolenza è uno dei principali sintomi della narcolessia, ma anche uno dei più fraintesi. L’obiettivo dell’illustrazione – spiega Anna, studentessa del Triennio di Graphic Design e Art Direction di NABA, a cui la campagna è rivolta – è di porre attenzione su questo “errore di valutazione”, non solo per la necessità di intercettare questa importante problematica che colpisce in giovane età, ma anche e soprattutto per evidenziare quanto i sintomi siano invalidanti nella quotidianità dei pazienti. Per disinformazione e mancata diagnosi, quel ragazzino rischia di perdere l’anno scolastico, il lavoro o le relazioni più care». Esperienza confermata nella vita reale da Massimo Zenti, Presidente AIN, lui stesso narcolettico e vittima di mobbing e di soprusi, tacciato di essere consumatore di sostanze, per il suo bisogno di dormire durante il giorno, o di fare i bagordi fino a tarda sera, di vedere calare le proprie performance professionali nonostante l’impegno profuso: «Il paziente affetto da narcolessia – aggiunge il presidente – si trova a fare i conti con una patologia rara, scarsamente diagnosticata spesso con un ritardo anche di 14 anni dall’insorgenza, molte volte confusa con altre malattie e ripercussioni emotive importanti dovute all’incomprensione dei sintomi da parte di familiari, amici e colleghi».

La narcolessia è una patologia cronica, neurologica, dovuta a un difetto nella regione dell’ipotalamo, caratterizzata da un’incapacità del cervello di regolare in maniera fisiologica il ritmo sonno-veglia. Accade così che si verifichi uno sfasamento dell’alternanza tra fase N-REM e REM: il narcolettico entra nella fase REM in maniera improvvisa e atipica, abbandonando la fase N-REM dopo soli 15-20 minuti. In Italia si stima che i pazienti narcolettici siano circa 6.000, ma quelli con diagnosi certa sono solo 2 mila.

«La narcolessia – precisa Giuseppe Plazzi, Responsabile del Centro Narcolessia dell’Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna e Presidente AIMS – può insorgere rapidamente, anche nell’arco di pochissimi giorni senza alcun preavviso, intorno agli 11-15 anni, con picchi anche fra i giovani adulti, tra i 30 e i 35 anni. Spesso è scambiata per pigrizia, indolenza o per epilessia, in relazione ai suoi sintomi subdoli e poco noti. Ci sono tuttavia dei sintomi indicatori a cui il genitore o l’adulto deve prestare attenzione: il bambino che ha bisogno di tornare a fare il pisolino pomeridiano, il desiderio di andare a letto presto, l’addormentarsi a scuola, il sonno notturno disturbato e il cadere a terra dopo una forte emozione, anche una risata, senza tuttavia perdere coscienza». Il contest ha dunque l’obiettivo di far conoscere e rappresentare le Red Flags, l’insieme di sintomi di allarme della narcolessia, che possono aiutare nella diagnosi i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, ma anche genitori e adulti a intercettarla precocemente. Da non sottovalutare, dunque, la sonnolenza diurna, il sintomo principale, la cataplessia, un improvviso e reversibile episodio di debolezza muscolare che accade in concomitanza con stimoli emozionali forti e la cui durata può aggirarsi attorno a pochi secondi/minuti, la paralisi del sonno in cui al momento dell’addormentamento o del risveglio la persona si sente incapace di muoversi o parlare per alcuni minuti, percepiti come momenti molto lunghi, le allucinazioni, veri e propri sogni ad occhi aperti, e la frammentazione del sonno notturno. Non vi sono deficit a livello cognitivo, anzi di norma i narcolettici hanno un’intelligenza molto viva e creativa, stimolata anche da queste “visioni”.

«La causa della narcolessia – continua Plazzi – non è ancora del tutto nota, sebbene si ritenga che alla base possano esserci fattori genetici o un’autoimmunità che attacca alcune strutture cerebrali profonde localizzate nell’ipotalamo. È fondamentale che al sospetto di malattia i pazienti vengano avviati a un centro del sonno specializzato dove effettuare una corretta diagnosi con esami mirati: la polisonnografia e il test delle latenze multiple (Multiple Sleep Latency Test MSLT), a cui si può aggiungere anche il dosaggio dell’orexina liquorale, un esame che misura la quantità di questo peptide nel liquido cefalorachidiano. Mentre la terapia si basa sia sull’approccio comportamentale, con una modulazione “individuale”, dove è lo stesso paziente a regolare interventi di controllo sul sonno, che farmacologico». Dunque l’approccio terapeutico alla narcolessia è multidisciplinare: il “programma” prevede la pianificazione di pisolini strategici di 15-20 minuti, nei momenti della giornata in cui la sonnolenza è più accentuata, il mantenimento di orari regolari del sonno notturno ed evitare stress e attività fisica nelle ore serali. Quest’ultima è comunque benefica, perché nel corso dell’attività fisica non si verifica cataplessia. Mentre può essere usata, in sinergia, un’opzione di farmaci con diversi principi attivi, alcuni dei quali in grado di controllare i sintomi, con sensibile miglioramento della qualità della vita: ben regolati e modulati consentono al paziente di condurre un’esistenza quasi “normale”, e sono efficaci anche su altri sintomi, come la cataplessia, e quelli più invalidanti. In funzione della giovane età in cui colpisce la narcolessia e delle importanti implicazioni, è fondamentale arrivare precocemente alla diagnosi e al trattamento mirato, pena l’inefficacia farmacologica, cui anche il progetto #CreateforSleep intende contribuire.

«Gli studenti – commenta Patrizia Moschella, Communication and Graphic Design Area Leader di NABA – sono stati entusiasti di confrontarsi con un tema così delicato, ma allo stesso tempo affascinante. Dopo una prima fase di studio e di documentazione sui sintomi e sulle loro principali manifestazioni, hanno tradotto in immagini e colori le loro personali interpretazioni e i risultati sono stati sorprendenti anche per noi insegnanti. Ritengo che progetti di questo tipo abbiano una valenza doppia: da un lato permettono di crescere a livello tecnico, ma dall’altro consentono di arricchire le proprie conoscenze personali e di farsi portavoce di messaggi e concetti importanti per la comunità». Perché i bisogni dei narcolettici sono ancora tanti: poter disporre dell’accesso a farmaci di fascia C, avere un supporto per il paziente e la famiglia con alcune agevolazioni specifiche, azioni di sensibilizzazione che aiutino a contrastare lo stigma, la disinformazione e i fraintendimenti associati alla narcolessia. “Diritti” per i quali combatte AIN, tutelando i pazienti, facendo (in)formazione sui social e attraverso materiale video e divulgativo, lavorando con le Istituzioni.

di Francesca Morelli

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