Le donne sono più sensibili alle questioni ambientali: ne avvertono i rischi e temono gli effetti climatici sulla salute; stimano che nell’agenda, soprattutto politica, debbano avere un posto prioritario, intraprendendo azioni più concrete, capaci di tutelare il più possibile l’impatto sulle attuali e future generazioni. Cresce, dunque, l’attenzione della popolazione verso l’ambiente, percepito non solo come un luogo da abitare, ma da cui possono derivare oltre a minacce ambientali – come eventi climatici estremi, innalzamento delle temperature, scomparsa di specie animali e vegetali – anche implicazioni importanti per il benessere fisico e psicologico, riconoscendo la necessità di una “call to action” a cui tutti devono sentirsi chiamati, per contrastare le conseguenze della modernizzazione, della globalizzazione, e dello sfruttamento intensivo risorse ambientali.
Una consapevolezza che matura a livello trasversale e a tutte le età, seppure in misura e modi differenti: 3 italiani su 4, ad esempio, considerano il cambiamento climatico e l’inquinamento una delle più grandi minacce per il futuro (72%), il 71% ritiene che la tutela ambientale sia una questione seria, che richieda un’azione immediata, ipotizzando anche possibili interventi. Il 70% stima che lo stato debba sanzionare più severamente chi non adotta comportamenti sostenibili e che le istituzioni possano svolgere un ruolo importante di sensibilizzazione ed educazione (69%). A denunciare l’urgenza di interventi istituzionali sono soprattutto le donne che intravvedono anche le maggiori implicazioni per la salute, come l’insorgenza di patologie respiratorie (81%), dalle più diffuse e comuni, a malattie oncologiche (67%) di cui scientificamente dimostrata una relazione di causa-effetto, ma anche problematiche di tipo dermatologico (60%) fino a influssi psicologici, con aumento di stati di ansia e stress (47%), più sentito dalle donne e a seguire altre patologie cardiovascolari (36%), gastrointestinali (32%), neurologiche e neurodegenerative (23%).
Sono i dati di una indagine, condotta da Elma Research su un campione di oltre 2.550 italiani, maggiorenni, di età compresa fra 18 e over 65, equamente distribuiti sul territorio, che si propone di indagare la diversa percezione della relazione inquinamento-salute in ottica di genere. Dati che sono stati anche al centro del IX Congresso di Fondazione Onda ETS (24-25 settembre). Emerge, in generale, che le donne sono più pessimiste nel valutare questo legame, così come ad essere più timorose verso il futuro dell’ambiente. La ricerca evidenzia anche la responsabilità dell’inquinamento, attribuita soprattutto alle industrie e alle istituzioni. Più debole è il senso di responsabilità individuale, ma anche in questo contesto le donne, rispetto agli uomini, chiamano maggiormente in causa tutti gli attori, con un atteggiamento più critico. Eppure, nonostante la sensibilità diffusa, dove la speranza sembra prevalere comunque sulla rassegnazione, gli italiani restano più spettatori del destino dell’ambiente che “attivisti” con poche azioni concrete intraprese. E a farsi valere sono sempre le donne: più attente e coinvolte, rispetto agli uomini nelle sfide ambientali, a fronte di una maggiore sfiducia e senso di impotenza tra i giovani, che ostacolano comportamenti sostenibili. Ad esempio, sebbene il 73% degli italiani ritenga che le piccole azioni individuali possano contribuire a ridurre l’inquinamento, come la raccolta differenziata che resta una buona pratica condivisa, altri comportamenti virtuosi rimangono sullo sfondo, quali evitare lo spreco di acqua (59%) e di cibo (51%), limitare l’utilizzo di carta (56%), della plastica (48%), di detersivi e detergenti (38%), ma anche dare vita all’usato (37%), acquistare alimenti stagionali e locali (34%), utilizzare mezzi di trasporto a basso impatto (25%), non servirsi di negozi poco attenti all’ambiente (21%).
Colmare questo divario richiede politiche educative e sociali che rafforzino efficacia individuale e collettiva, e stimolino l’impegno di cittadini, istituzioni e imprese. «Oggi più che mai – dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS – è fondamentale tradurre la consapevolezza in azioni concrete che tutelino la salute e l’ambiente. Inquinamento e cambiamenti climatici impattano ogni aspetto della vita, influenzando non solo la salute fisica, ma anche il benessere mentale. È necessario confrontarsi in modo multidisciplinare, approfondire le strategie di sostenibilità e promuovere un impegno concreto per comunità più resilienti e consapevoli». «L’inquinamento e i cambiamenti climatici – aggiunge la Senatrice Elena Murelli, Segretario della Presidenza del Senato, Componente X° Commissione Affari Sociali e Sanità, Senato della Repubblica – rappresentano una priorità ambientale e sanitaria che richiede l’adozione di politiche integrate che tengano conto delle differenze di genere e della maggiore vulnerabilità di alcune fasce della popolazione. Prevenzione e ricerca scientifica diventano strumenti fondamentali per tutelare la salute e garantire un futuro più equo e sostenibile». Politiche nuove devono essere misurate anche sul differente impatto che inquinamento ed eventi climatici estremi generano a livello socio-economico sulle popolazioni e sulle percezioni dei territori, dove ad esempio la consapevolezza e il senso di coinvolgimento verso l’inquinamento è maggiore in chi vive in aree inquinate.
«Inquinamento atmosferico e cambiamento climatico sono una minaccia grave di salute pubblica – puntualizza Claudio Mencacci, Co-Presidente Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e Presidente Comitato Scientifico di Fondazione Onda ETS – a cui tutti siamo esposti, in misura maggiore le donne, i neonati, gli adolescenti e gli anziani: 7 milioni di persone nel mondo, 80 mila in Italia, perdono la vita a causa dell’inquinamento atmosferico, secondo fattore di rischio di mortalità dopo l’ipertensione, con un importante ruolo svolto dalle polveri sottili (PM10), in particolare delle ultra sottili (PM 2.5), che impattano sul sistema cardiovascolare e respiratorio, provocano mutazioni genetiche, favoriscono l’insorgenza di tumori e influiscono sul cervello con possibile innesco di ictus, Parkinson-demenze, e sulla salute mentale influenzando lo sviluppo di spettro autistico, ADHD, depressione e ansia. Si attesta ad esempio che dal 2022 l’esposizione al particolato abbia favorito un aumento, pari al 13%, del rischio di depressione, del 9% dei disturbi d’ansia, saliti rispettivamente al 16% nel 2024. Tanto che recentemente si è iniziato a parlare di “Climate anxiety” o “Solastalgia” e degli effetti sui giovani e le donne». Queste ultime, dunque, al centro della connessione tra crisi climatica, salute e giustizia sociale: «Secondo numerosi studi scientifici, le donne sono spesso le prime a subire gli impatti dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici – chiarisce Roberto Romizi, Presidente Associazione Medici per l’Ambiente, ISDE Italia – ma anche le prime a promuovere soluzioni concrete fondate su cura, prevenzione e sostenibilità. Valorizzare il proprio ruolo e garantire pieno accesso all’istruzione, alla ricerca e ai processi decisionali è essenziale per affrontare le sfide ambientali e sanitarie del nostro tempo, al fine di costruire un futuro più sano e giusto per tutte e tutti», dove cure e approcci di genere hanno e avranno un ruolo cruciale: «La medicina generale, con le cure di prossimità e la prospettiva di genere – conclude Simonetta Miozzo, Segretaria regionale del Piemonte SIMG – diventa presidio clinico, ambientale e sociale: prendersi cura delle persone significa prendersi cura del contesto in cui vivono».
di Francesca Morelli