Tumori della pelle: come migliorare la diagnosi precoce

«Nel 2013 ho ricevuto la diagnosi di melanoma metastatico al 4° stadio, derivato dalla modificazione, avvenuta molto rapidamente, di un neo vicino all’ombelico. Ho dovuto sottopormi all’asportazione anche di due linfonodi, già compromessi. Avevo 29 anni e una bambina di soli 3 anni e mezzo. Per fortuna all’epoca sono riuscita a partecipare a uno studio sperimentale di farmaci “Target Therapy”, all’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma, dove mi hanno letteralmente salvato la vita, in un’epoca in cui le curve di sopravvivenza non davano molte speranze. Da questa mia esperienza è nata l’esigenza di creare qualcosa che potesse aiutare e soprattutto evitare ad altre persone di arrivare a una diagnosi così tardiva, come è capitato a me. Nel 2016 ho fondato l’Associazione APAIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma – www.apaim.it). Crediamo fortemente nella diagnosi precoce per questo tipo di tumori e oggi le possibilità di cura esistono. L’importante è rivolgersi ai professionisti dermatologi preparati. Organizziamo numerose Campagne di formazione e sensibilizzazione, insieme alla SIDeMaST e alle aziende farmaceutiche che ci sostengono. Di recente in Senato abbiamo formalizzato la richiesta di una maggiore attenzione sulla prevenzione, con iniziative di divulgazione e sensibilizzazione sul territorio».

A raccontare la sua esperienza è Monica Forchetta, presidente dell’Associazione Pazienti Italia Melanoma, intervenuta a un confronto in Senato, sotto l’egida dall’Intergruppo Parlamentare Malattie Dermatologiche e Salute della Pelle, promosso dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief.

I tumori della pelle e, tra questi, soprattutto il melanoma nell’80% dei casi, se diagnosticati e gestiti adeguatamente si risolvono con la semplice asportazione chirurgica. Con l’incremento delle richieste di visite specialistiche dermatologiche e a causa della progressiva riduzione delle risorse sanitarie, si sta verificando un progressivo ritardo nella presa in carico dei pazienti con sospetto tumore cutaneo, con conseguente perdita dell’efficacia delle cure e necessità di ricorrere a terapie più complesse e impegnative sia per i pazienti che per il sistema sanitario. Questo è l’allarme che lanciano i dermatologi proprio all’inizio della stagione nella quale gli italiani si espongono maggiormente ai raggi solari, causa principale dell’insorgenza di queste patologie che in Italia sono in notevole aumento: l’incidenza del melanoma cresce con un tasso del 5 per cento di casi in più ogni anno, con 14.900 nuovi casi diagnosticati nel 2020 e oltre 17 mila previsti per quest’anno, mentre il basalioma, il tumore cutaneo più comune, colpisce 1 persona su 1000, e il carcinoma spino-cellulare incide per 22/23 casi ogni 100 mila persone.

Il comitato tecnico-scientifico dell’Intergruppo parlamentare ha infatti ritenuto di richiamare l’attenzione sul fatto che, con adeguati provvedimenti di tipo organizzativo, sarebbe possibile ridurre i tempi con i quali i tumori della pelle vengono diagnosticati.

«Ancora una volta il potenziamento delle risposte sanitarie si può ottenere non solo con il miglioramento degli interventi terapeutici e con l’innovazione», ha sottolineato la Senatrice Daniela Sbrollini, co-Presidente dell’Intergruppo Parlamentare e Vicepresidente della 10a Commissione Affari sociali e Sanità del Senato, ma anche intervenendo in modo incisivo sull’organizzazione dei servizi sanitari grazie ai quali le diagnosi di patologie severe come i tumori della cute potrebbero avvenire con tempistiche più idonee a garantire esiti terapeutici positivi, incidendo anche sul contenimento della spesa».

«Accade sempre più spesso che le visite dermatologiche vengano richieste senza ragioni fondate, a fronte di manifestazioni cutanee che nulla hanno a che vedere con i tumori della pelle», ha osservato il Professor Marco Ardigò, ordinario di Dermatologia presso l’Humanitas University di Milano e coordinatore del comitato tecnico-scientifico dell’Intergruppo parlamentare. «Questo fenomeno produce un serio ingolfamento delle liste d’attesa, generando il ritardo diagnostico e gestionale per i casi particolarmente a rischio – che realmente richiederebbero un’urgente valutazione ed eventuale immediata terapia – e si aggiunge alle altre già note cause per le quali questi tumori non vengono subito allo scoperto: la mancata consapevolezza sull’importanza di tenere sotto controllo i propri nei e la riluttanza a rivolgersi al proprio medico di medicina generale per un primo parere».

Le regole base per la prevenzione

Le regole per la prevenzione sono chiare e devono essere seguite. Da evitare comportamenti quali l’eccessiva esposizione al sole, ma anche l’uso inappropriato di creme protettive non adeguate o di bassa qualità, il mancato uso di abiti schermanti da parte dei soggetti a rischio, il ricorso a lampade UV per l’abbronzatura artificiale. Tutti comportamenti che vanno valutati anche in relazione al livello di rischio del singolo individuo, tenendo comunque sempre presente la consapevolezza del pericolo, come viene raccomandato anche dalla campagna di sensibilizzazione Save Your Skin promossa dalla Società Italiana di Dermatologia (SIDeMaST) e La Roche Posay. Un progetto concreto che, grazie allo screening gratuito offerto in numerose città italiane, punta a educare la popolazione sui rischi legati all’esposizione solare e sull’importanza della prevenzione. In proposito, il Professor Giovanni Pellacani, Ordinario di Dermatologia all’Università La Sapienza di Roma e Presidente SIDeMaST, ha osservato: «La prevenzione primaria, ovvero la protezione dal sole, in particolare da scottature e da un eccesso di esposizione, deve iniziare dall’età scolare, quando la pelle è più sensibile. Infatti, avere scottature in età adolescenziale aumenta notevolmente il rischio di sviluppare un melanoma in età adulta».

Di fondamentale importanza, come primo referente per la prevenzione, è il medico di Medicina Generale.
«La prevenzione primaria, nell’individuare i tumori cutanei, è uno dei ruoli cruciali che deve svolgere il medico di medicina generale, così come quello di consigliare tutte le misure atte a modificare gli stili di vita e la corretta esposizione al sole», ha sottolineato il Dottor Gianmarco Rea, Vicepresidente della Società Italiana di Medicina Generale. «La formazione, operata anche dalla SIMG ai propri iscritti, si propone di sensibilizzare i colleghi su tali tematiche, oltre all’uso del dermatoscopio. La diagnostica di primo livello è molto importante e dobbiamo far sì che uno strumento, tanto semplice quanto utile, si possa sempre più utilizzare e diffondere in medicina generale».

I relatori suggeriscono due semplici interventi che potrebbero favorire la diagnosi precoce dei tumori cutanei: il primo riguarda la distinzione della visita dermatologica per un sospetto tumore rispetto alla visita per dermatiti infiammatorie o infettive; il secondo riconoscere un codice LEA (Livello Essenziale di Assistenza) per quelle prestazioni di secondo livello indispensabili alla diagnosi precoce soprattutto del melanoma, quali la Microscopia Confocale, la Total Body Photography digitalizzata e la Videodermatoscopia digitale.

di Paola Trombetta

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