#PronteAPrevenire il rischio di recidiva

“All’inizio ero incerta e titubante. Quando sono venuta a sapere che stavano cercando volti per questa campagna il richiamo è stato forte, risuonava in me, eppure qualcosa ancora mi frenava. Quando si vive una esperienza come quella di un tumore del seno si abbassa l’autostima, le insicurezze aumentano. Non mi sentivo all’altezza, mi chiedevo se sarei stata capace di esprimere quello che volevo, non solo a parole ma anche con il linguaggio del corpo. Alla fine ho detto sì, voglio essere testimone di questa campagna, lo voglio fare innanzitutto per me stessa: dalla diagnosi del tumore non mi ero più dedicata alla mia immagine e questa iniziativa è stata una opportunità, un riscatto, una spinta per riprendere in mano la mia vita, anche a livello estetico. Inoltre, con la mia testimonianza, pensavo di poter aiutare tante altre: una donna informata è anche salvata. Sentirsi viste, non solo per quello che abbiamo vissuto, ma anche per quello che siamo diventate è stato davvero importante, vogliamo essere un esempio: il coraggio della condivisione può davvero diventare luce per molte persone”. Sono le parole di Letizia, una delle quattro protagoniste che hanno dato il volto a #PronteAPrevenire, la campagna promossa da Novartis, in collaborazione con ANDOS, Europa Donna Italia, IncontraDonna e Salute Donna ODV, nata per fornire alla donna strumenti e informazioni utili alla gestione consapevole del rischio di recidiva. Abbiamo incontrato Flori Degrassi, Presidente ANDOS Nazionale che ci ha raccontato l’impegno dell’Associazione nella promozione della prevenzione.

Presidente, qual è l’impegno di ANDOS nel supportare le donne con tumore del seno?
«È un impegno “capillare”: l’Associazione ha 52 sedi in Italia e compirà il prossimo anno 50 anni di attività, rappresentando la più vecchia delle associazioni presenti sul territorio nazionale. Nasce con l’obiettivo di fare riabilitazione globale, tramite innanzitutto quella fisica, quindi linfodrenaggio e tutti i tipi di movimento, compresi i più complessi come canoa e Dragon Boat al fine di evitare la formazione del linfedema, che resta un effetto collaterale importante del tumore del seno. Inoltre l’Associazione si occupa di prevenzione: sia quella primaria, secondaria e terziaria sono strumenti che consentono alle donne di vivere. In particolare, siamo attive in ambito di anticipazione diagnostica tramite la promozione di adesione agli screening, fondamentale per intercettare tumefazioni molto piccole o anche micro calcificazioni, quindi per garantire non solo la sopravvivenza, ma in molti casi la guarigione. E infine, siamo impegnate nella prevenzione terziaria, promuovendo l’importanza degli stili di vita e delle alleanze terapeutiche per far sì che le donne operate al seno vivano non solo di più, ma con una migliore qualità di vita».

Come sensibilizzate le donne all’importanza di aderire agli screening mammografici?
«ANDOS Nazionale ha recentemente completato la formazione dei “patient navigator”, ossia persone e operatori in grado di individuare le donne più fragili e culturalmente più svantaggiate ed accompagnarle fisicamente agli screening per aumentare l’aderenza. Questo progetto, iniziato quest’anno, verrà portato avanti dai vari Comitati nel corso del 2025, con l’auspicio di invitare mille nuove donne che non hanno mai aderito allo screening istituzionale a prendere parte all’iniziativa. Lo screening è uno strumento efficacissimo e di grande qualità».

Che messaggio volete dare con l’adesione e la promozione alla campagna PronteAPrevenire?
«Intendiamo sottolineare con forza che tutto ciò che contribuisce a migliorare e aumentare la durata della vita, ma soprattutto a vivere e non sopravvivere, è per la donna una straordinaria opportunità».

Avete qualche progetto futuro oltre queste attività?
«Quest’anno, in collaborazione con CREA Sanità, ANDOS ha proposto un questionario a oltre 550 donne per sensibilizzare alla conoscenza degli effetti collaterali della malattia, umani, organizzativi, sociali ed economici. Il questionario ha messo in luce problematiche inerenti al lavoro, alla psiconcologia, alle spese che in molti casi la donna deve sostenere in proprio, ad esempio per il terapista della riabilitazione o per lo psiconcologo, quando mancano all’interno delle Breast Unit. Analizzeremo poi i risultati di questa enorme mole di dati. Come Associazione, abbiamo presentato al Ministero della Salute i problemi organizzativi del Sistema Sanitario Nazionale e abbiamo chiesto appuntamento all’INPS per risolvere questioni di tutela delle donne e diritto al lavoro, tenuto conto che molte lasciano o cambiano attività, ad esempio il 40% sceglie il part-time e ci recheremo anche al Ministero del Lavoro. Faremo quanto nelle nostre possibilità per migliorare i vari problemi evidenziati dal questionario».

Fate anche un lavoro di sensibilizzazione a livello istituzionale per promuovere le Breast Unit?
«Lo facciamo da sempre. Ero presente, in rappresentanza di ANDOS, al Ministero quando è stata proposta la prima norma sulla Breast Unit, facendo richiesta che le Associazioni partecipassero a livello nazionale. Ma esistono ancora delle criticità: occorre infatti non solo aumentarle ma anche dotarle di alcune figure professionali con ruoli determinarti, come lo psiconcologo o il terapista della riabilitazione».

Qual è, per concludere, la vostra “mission”?
«Fare alleanze: fra noi, con gli oncologi, con l’industria farmaceutica quando porta avanti messaggi di cura e di guarigione. Quest’ultimo è un obiettivo importantissimo: non tutte le donne possono guarire, perché ciascuna ha una sua storia clinica, biologica e personale, un tipo di cancro differente: certamente avere la possibilità di aumentare il numero e le percentuali di guarigione resta un fattore prioritario. La ricerca di CREA sanità evidenzia inoltre che l’oncologo è la figura di riferimento per il 70% delle donne e che la loro qualità di vita non è molto elevata a causa di problemi di ordine psicologico, sociale, ma anche lavorativo e legati agli effetti collaterali delle cure. È importante, per quest’ultimo aspetto, che si crei alleanza con l’oncologo, che durante i controlli la donna venga ascoltata, che le si spieghino gli effetti collaterali e il rischio nel sospendere la terapia. Se manca questa consapevolezza, inevitabilmente, la donna preferisce non fare un trattamento che le causa disagi e disturbi, sebbene dall’indagine emerge che il 60% delle donne operate tema la recidiva. Quest’ultima risulta essere un pensiero ricorrente per la donna, da affrontare insieme».

Francesca Morelli

La campagna e le opportunità di cura

Insieme per sensibilizzare sul rischio di recidiva e promuovere la consapevolezza tra le donne con tumore al seno localizzato. È il messaggio chiave della campagna #PronteAPrevenire che racconta storie e testimonianze dalla forza dirompente, rappresentative di tutte le donne che lottano per prevenire un possibile ritorno della malattia, agendo, condividendo, alleandosi tra loro, con i medici oncologici, facendo squadra. #PronteAPrevenire, che utilizza la metafora delle tessere di un puzzle, molteplici e colorate, sottolinea l’unicità di ogni storia che si completa in una visione collettiva e che chiama a una “call to action” globale. Così le donne attive sui canali social di “È tempo di vita” (etempodivita.it), contenitore della campagna, potranno aggiungere a questo enorme puzzle, la “loro” parola evocativa e il colore che meglio le rappresenta nel percorso di guarigione. I contributi daranno vita a un’iniziativa corale che esploderà a ottobre, durante il mese rosa: l’impegno, concreto, di tutta la comunità delle pazienti con tumore al seno e di Novartis nella prevenzione del tumore alla mammella e nel favorire la consapevolezza. Aspetto fondamentale: una ricerca condotta da Europa Donna Italia, insieme ad IQVIA e con il sostegno di Novartis Italia, tra oltre 170 pazienti, attesta che 4 su 10 ritengono di non ricevere sufficienti informazioni sul rischio di recidiva, e 2 su 10, dopo la diagnosi, non conoscono il proprio livello di rischio, sebbene prevenire queste eventualità sia l’obiettivo principale del 44% delle intervistate. Un rischio, quello della recidiva, effettivamente reale, anche a distanza: «Secondo alcuni studi – spiega il professor Giuseppe Curigliano, Direttore della Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – pazienti con tumore al seno in fase precoce con malattia ormonosensibile ed HER2 negativa hanno una percentuale di rischio di recidiva tra il 10% e il 17% per gli stadi I, fino ad aumentare al 10% e 50% negli stadi II e III, anche dopo 20 anni dalla diagnosi e dalla conclusione della terapia endocrina. La prevenzione terziaria è quindi essenziale e la consapevolezza delle donne su questo tema, fondamentale per migliorarne la qualità di vita».

Prevenire il rischio di recidiva è oggi clinicamente possibile: «Nuove opzioni terapeutiche, come gli inibitori di CDK4/6, in aggiunta alla terapia ormonale standard – precisa il professor Michelino De Laurentiis, direttore S.C. Oncologia Clinica Sperimentale di Senologia Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli – possono rappresentare un promettente strumento di prevenzione terziaria per un ampio numero di pazienti, aiutando a migliorare il controllo a lungo termine della patologia». Dall’altro sono sinergiche e strategiche le alleanze: «Ogni paziente è unica e diversa. È pertanto fondamentale che si crei un rapporto di alleanza esclusiva tra medico-paziente, basato sulla fiducia e sulla comunicazione aperta – conclude il Professor Alberto Zambelli, Direttore dell’Oncologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo – in cui la donna si senta accompagnata e supportata durante tutte le fasi della cura e della sorveglianza oncologica. L’alleanza medico-paziente migliora l’aderenza alle cure e ai controlli, contribuisce a ridurre paure e ansie, a vantaggio della qualità di vita delle pazienti e degli esiti di cura».  F.M.

Articoli correlati