“Donne in meta”: la campagna per il cancro al seno triplo negativo metastatico

«Sono al quarto anno di “sopravvivenza” con un tumore triplo negativo metastatico, uno dei più aggressivi perché fino a pochi anni fa non aveva molte chance di cura. Ma non mi sono mai persa d’animo. E nella mia sfortuna, mi ritengo fortunata perché sono riuscita a partecipare alla sperimentazione di una nuova terapia che mi permette di controllare la progressione della malattia. Sono felice di fare le cure perché vuol dire che ho ancora tempo per vivere. Mi sento però in colpa perché una mia carissima amica, che si era ammalata diversi anni prima di me, non è riuscita a utilizzare questo farmaco, che all’epoca non c’era ancora, e purtroppo non ce l’ha fatta. Confido di riuscire a vivere ancora per tanti anni, almeno per vedere crescere i miei due figli Marco e Luca che oggi hanno 8 e 5 anni».

La testimonianza di Dykadja è visibile, assieme a quella di altre donne con il suo stesso tumore, sul sito https://www.donneinmeta.net/, in occasione della Campagna “Donne in meta” che ha raggiunto nel 2023 la sua terza edizione. Promossa da Gilead Sciences in collaborazione con Europa Donna Italia, con il patrocinio di Susan G. Komen Italia e, da quest’anno, con la comunità delle oncologhe italiane rappresentata da Women for Oncology, la Campagna propone di fare squadra con le pazienti colpite da tumore al seno triplo negativo (TNBC), una forma particolarmente aggressiva e più difficile da trattare. “Triplo negativo” indica infatti l’assenza del recettore dell’estrogeno (ER), di quello del progesterone (PR) e del recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano (HER2), con la conseguente impossibilità di ricorrere a terapie a bersaglio molecolare, più efficaci e meno invasive, come avviene invece negli altri casi di tumore al seno. Se gli oncologi hanno un ruolo fondamentale, il team di “Donne in Meta 2023” vede anche la presenza di altre figure specialistiche (psicologi, sessuologi e nutrizionisti) per supportare le pazienti con TNBC in un impegno fondamentale contro il tumore: continuare a sentirsi donne anche in presenza della malattia, senza perdere il contatto con il proprio corpo e senza rinunciare a una quotidianità fatta di affetti e rapporti sociali. Le pazienti infatti si confrontano con gli specialisti nell’iniziativa dei “Salotti”, coordinati dalla professoressa Guendalina Graffigna, ordinario di Psicologia del consumo e della salute e direttore del Centro di Ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica di Cremona. «I Salotti di “Donne in Meta” vogliono essere un mezzo per rendere concrete le scoperte, con la donna protagonista attiva del percorso di salute», spiega la professoressa Graffigna. «In tanti casi la diagnosi oncologica va ad annullare tutte le altre dimensioni della sfera quotidiana, lasciando solo quella strettamente connessa alla malattia: occorre stimolare le pazienti a continuare ad avvalersi delle proprie capacità per mantenere un progetto e una qualità di vita. In questo senso l’importanza della squadra terapeutica è ormai scientificamente certificata, ma attenzione: la donna deve sentirsi un giocatore di questa squadra e perché ciò avvenga tutti gli altri giocatori devono riconoscerla come tale, ovvero mettere in atto iniziative di comunicazione e counseling mirate al coinvolgimento della paziente».

Secondo un’indagine condotta dall’osservatorio di “Donne in Meta” in collaborazione con Elma Research, su un campione di 110 pazienti con età media di 54 anni e residenti in tutta Italia, dare qualità al proprio tempo diventa un obiettivo diffuso in presenza del tumore (il 57% dichiara di voler stare di più con le persone care, il 49% di cercare di fare solo cose che interessano davvero), ostacolato però in molti casi dalla mancanza di servizi aggiuntivi a quelli strettamente terapeutici e dalla difficoltà di confronto con altre donne che stanno vivendo la stessa condizione. Se l’85% delle pazienti interpellate si dichiara soddisfatta del follow up e fiduciosa nei confronti dei medici, per quasi la metà (42%) il potersi avvalere della consulenza di altre figure specialistiche, a fianco a quella dell’oncologo, è un bisogno ancora insoddisfatto, con due su dieci che desiderano poter avere un supporto psico-oncologico, così come poter entrare in contatto con un’associazione di supporto. E questo vale in particolare per le donne con il tumore metastatico triplo negativo, per cui le possibilità di cura sono molto recenti.

«Nel 6-7% dei casi, il tumore al seno si presenta in forma metastatica già al momento della diagnosi», conferma la Professoressa Rossana Berardi, Presidente W4O-Women for Oncology, Ordinario di Oncologia Università Politecnica delle Marche, Direttrice Clinica Oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche. «Interessa ogni anno circa 8000 casi su 55 mila tumori al seno totali. Aumentare la consapevolezza dell’importanza della prevenzione intesa come stili di vita sani, diagnosi precoce e attenzione alla famiglia, per identificare le sindromi ereditarie causate dalla mutazione dei geni BRCA, con particolare riguardo al tumore al seno, diventa fondamentale per non ammalarsi o per diagnosticare la malattia in fase iniziale, specie le forme più aggressive quali quelle triplo-negative. Il tumore è un avvenimento traumatico che investe tutte le dimensioni della persona: il rapporto con il proprio corpo, il significato dato alla sofferenza, alla malattia, alla morte, così come le relazioni sociali. Soprattutto quando colpisce le donne negli organi che simbolicamente rappresentano la femminilità in tutte le sue accezioni: materna, erotica, simbolica. Tornare a prendersi cura di sé, riappropriarsi dei tanti aspetti che riguardano la vita quotidiana, dopo una diagnosi di tumore al seno, è importantissimo. Per questo è fondamentale riconoscere il disagio psicologico, monitorarlo durante tutte le fasi di malattia e sostenere le donne nel percorso di cura». Migliorare la qualità di vita del percorso di cura diventa un aspetto fondamentale anche alla luce del fatto che la ricerca scientifica ha permesso oggi di avere possibilità terapeutiche sino a pochi anni fa quasi inimmaginabili.

«Dopo la fase chirurgica, per il carcinoma mammario triplo negativo, la chemioterapia rimane prioritaria, ma ad essa si possono oggi associare l’immunoterapia e trattamenti farmacologici mirati in base alle mutazioni genetiche che caratterizzano le diverse forme. Per quanto riguarda il carcinoma mammario triplo negativo metastatico, le risorse messe a disposizione dalla ricerca scientifica hanno consentito nell’ultimo periodo e consentiranno in futuro di innalzare significativamente la sopravvivenza dopo la diagnosi, con una quantità di tempo che va trasformata in qualità di vita», afferma la professoressa Alessandra Fabi, responsabile UOSD Medicina di precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” IRCCS di Roma. «Inoltre, aumentare la qualità di vita nel percorso terapeutico significa anche aumentare l’adesione alla terapia e quindi la qualità stessa delle cure. Ma perché ciò avvenga, serve la costituzione di Breast Unit specifiche: per avere la paziente al centro, non una paziente che gira da un medico all’altro, e per avere specialisti di diversi settori, ma tutti qualificati in campo oncologico, in grado di parlare la stessa lingua e di operare in modo coordinato».

Reagire a una diagnosi di tumore non è facile, ma è anche la migliore via per affrontare e favorire le cure, come sottolinea Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia. «Incertezza del futuro, paura e smarrimento sono i tre sentimenti che accompagnano il momento della scoperta del carcinoma, soprattutto se presente in una forma aggressiva come quella che caratterizza il TNBC. Spesso, dopo la diagnosi, le donne perdono la loro identità di compagne, madri, lavoratrici, amiche, finendo per vedersi solo pazienti. Diventa quindi importante per la qualità della vita e anche per il percorso terapeutico saper chiedere aiuto e non vergognarsi di mostrare i propri limiti, così da arrivare a comprendere che la diagnosi ha conseguenze fisiche e psicologiche, ma che “non siamo la nostra malattia”. C’è una rete composta da famiglia, amici, associazioni che può aiutare a mettere insieme i pezzi del puzzle in cui si vede frantumata la propria esistenza, per riuscire a ricomporla e viverla nel pieno delle possibilità, nonostante timori e debolezze, continuando a dare importanza, tempo e valore a tutti quegli aspetti relazionali e sentimentali che rappresentano il cardine della nostra esistenza».
Per aumentare la consapevolezza delle donne a questo tumore è stata promossa l’iniziativa “Datti un occhio”, in collaborazione con Freeda Media nei negozi Triumph, che riprenderà in autunno. L’iniziativa, con materiali informativi e sticker nei camerini dei punti vendita di Milano a maggio e a Roma in ottobre, ha l’obiettivo di veicolare due messaggi importanti: per le donne con tumore quello di non perdere il contatto con la propria femminilità e per la popolazione femminile quello di non dimenticare l’importanza della prevenzione e di non sottovalutare segnali sospetti.

«È fondamentale mantenere sempre alta l’attenzione sul tema della prevenzione, uno strumento essenziale per tutelare la salute femminile e ridurre l’impatto che la malattia può avere sulla vita di chi si ammala», afferma la professoressa Daniela Terribile, Presidente di Komen Italia. «Prevenire significa infatti sia adottare uno stile di vita sano, sia eseguire con la giusta periodicità esami specialistici, garantendo in questo modo diagnosi precoci e percentuali di sopravvivenza superiori al 95% con terapie meno invasive. Questo vale ancora di più nel caso di forme di tumore aggressive, come il tumore del seno triplo negativo».

di Paola Trombetta

 

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