Sei iperteso senza saperlo? Controlla la pressione

Quanto sono attenti gli italiani alla loro pressione? Pare ben poco, forse perché ignari di essere ipertesi, forse perché non consapevoli dei rischi che comporta la pressione fuori controllo, esponendo al rischio di incorrere nel tempo ad angina pectoris, infarto miocardico, fino all’ictus cerebrale. A volte questa disattenzione può essere “giustificata” dal fatto che non sempre la pressione alta si annuncia con i tradizionali sintomi, quali mal di testa, vertigini, ronzii alle orecchie, ma resta silenziosa, lavora in latenza specie se l’innalzamento avviene in modo non improvviso. In questo caso l’organismo si abitua progressivamente a valori sempre più alti e non manda segnali. E la persona continua come se non avesse la pressione alta, con tutti i rischi e pericoli. Ecco allora una prima validissima ragione per controllarla non saltuariamente, ma periodicamente, con regolarità, in farmacia o a casa.

E proprio con l’intento di educare i cittadini al monitoraggio della pressione e avere un quadro specifico della “stato (iper)pressorio” degli italiani, ha preso il via l’indagine-campagna di screening “Save your HEART”, “Salva il tuo cuore”. Uno studio osservazionale condotto tra maggio e luglio 2021, in 21 farmacie, in 15 regioni italiane, promosso dal Gruppo Servier, realizzato in collaborazione con la Società Italiana di Farmacia Clinica (SIFAC), patrocinato dalla Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA), dalla Società Italiana per lo studio dell’Aterosclerosi (SISA) e Conacuore Onlus. Chiaro l’intento dell’iniziativa: fare diagnosi precoce di ipertensione arteriosa per prevenire i danni associati e, quindi, malattie cardiovascolari anche invalidanti. Ovvero indagare/rilevare i fattori di rischio cardiovascolare non diagnosticati e non controllati in soggetti ipertesi in trattamento antipertensivo e intercettare i pazienti che sottovalutano o ignorano le possibili conseguenze.

Oltre 500 i pazienti ipertesi coinvolti nell’indagine di età superiore o uguale a 50 anni, di entrambi i sessi, che hanno effettuato la misurazione di pressione arteriosa, profilo lipidico (colesterolo totale, colesterolo HDL e colesterolo LDL) e glicemia, compilando anche un questionario sull’aderenza alle terapie in corso.

Se il quadro era già poco roseo prima della pandemia, Covid ha contribuito ad aggravarlo: visite e controlli mancati o rinviati hanno fatto schizzare i dati (e la pressione) degli italiani alle stelle, soprattutto in pazienti con malattie cardiovascolari. Di questi circa il 70% non aveva valori pressori accettabili, il 60% dei trattati per ipercolesterolemia non aveva valori di colesterolo LDL a target, mentre tra coloro che non avevano colesterolemia alterata si sono registrati valori superiori a quelli indicati dalle linee guida. «Inoltre – dichiara Claudio Ferri, Professore Ordinario in Medicina Interna Università dell’Aquila e past President SIIA – il 69% degli ipertesi diabetici non ha mostrato un buon controllo della propria glicemia e tra coloro che hanno dichiarato di non avere il diabete, pari a circa l’85% del campione, sono stati riscontrati valori di glicemia tipici degli stati prediabetici e diabetici nel 31% dei casi. Ulteriore criticità, circa metà dei partecipanti (49%) è risultata a rischio alto o molto alto di andare incontro a un evento cardiovascolare fatale a 10 anni». Dati che evidenziano la necessità di un nuovo approccio clinico per identificare, intercettare e trattare in maniera efficace i soggetti ipertesi, così da evitare possibili conseguenze cardiovascolari a medio e lungo termine, quali ictus cerebrale e infarto del miocardio.

Occorre cambiare dunque l’approccio e il coinvolgimento del paziente. In questo percorso, fondamentale è il ruolo del farmacista, all’interno di un team multidisciplinare. «Già durante l’emergenza, il farmacista di comunità – spiega Maurizio Pace, Segretario Federazione Ordini Farmacisti Italiani (FOFI) – si è distinto assicurando la continuità dei trattamenti ai pazienti cronici, facendo attività in prima linea come la consegna a domicilio dei farmaci per i pazienti anziani, immunocompromessi o affetti da malattie cronico-degenerative. Oggi assume un ruolo ancora più “integrato”, ovvero lavorando in sinergia con altre figure professionali in un team di cura con il Medico di Medicina Generale e lo specialista, il farmacista può contribuire ad intercettare soggetti a rischio, conducendo un’educazione personalizzata e indirizzando al medico curante situazioni particolarmente critiche».

A criticità si aggiunge criticità: la scarsa aderenza a cure e trattamenti non può che impattare negativamente sulla salute (non solo pressoria) a breve e lungo temine di cui complice è ancora una volta il Covid. Il Rapporto Salutequità del Ministero della Salute fa osservare, infatti, la riduzione degli esami di laboratorio (67%), delle visite ambulatoriali (13%) durante la prima ondata pandemica, comprese delle cure farmacologiche con la tendenza dei pazienti a recarsi di meno in farmacia, non seguendo correttamente i trattamenti. Un dato confermato anche dall’indagine Save Your HEART”: oltre il 40% dei pazienti solo parzialmente ha aderito alla cura, condizionando l’efficacia dei trattamenti stessi e, dunque, il controllo dei parametri pressori. «Sebbene le piattaforme tecnologiche abbiano consentito in molti casi di seguire e monitorare da remoto i pazienti ipertesi – aggiunge Damiano Parretti, Responsabile Area Cardiovascolare Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) – i dati raccolti a due anni dall’inizio della pandemia fanno rilevare la necessità di riprendere i contatti in presenza e il controllo proattivo dei pazienti ipertesi e portatori di patologie croniche, monitorando la pressione e altri parametri quali peso corporeo e frequenza cardiaca, ma anche supportandoli nel percorso di cura attraverso la semplificazione posologica». Ad esempio faciliterebbe l’aderenza alla cura, soprattutto in pazienti portatori di comorbidità e in politrattamento, poter disporre di terapie sempre più efficaci, ben tollerate e sempre più comode, come le combinazioni a dosi fisse di farmaci e le polipillole con più principi attivi nella stessa compressa, a favore di una semplificazione di assunzione della terapia, dunque garantiti migliore aderenza e successo del trattamento. Avviando così un circolo virtuoso, perché ad oggi le malattie cardiovascolari rimangono la principale causa di morte a livello globale: oltre 18 milioni di decessi nel mondo, 4 milioni in Europa solo nel 2020. Di cui l’ipertensione è una concausa che in Italia colpisce circa il 30% della popolazione adulta di entrambi i sessi, in media 33% degli uomini e 31% delle donne, più di frequente dopo la menopausa.

di Francesca Morelli

UN MIX DI COMPOSTI NATURALI PER TRATTARE LA PRE-IPERTENSIONE

Un nutraceutico contenente uno speciale mix di sostanze: estratto secco di barbabietola rossa, vitamina C, magnesio ossido, vitamina B1 e vitamina D. È questa la soluzione più naturale per tenere a bada la pre-ipertensione o pressione normale-alta, caratterizzata da valori pressori compresi tra 130 e 139 mmHg per quanto riguarda la sistolica e tra 85 e 89 mmHg per la diastolica. Una condizione che colpisce circa il 30% della popolazione, per lo più giovane, tra i 30 e i 50 anni, che spesso sottovaluta il problema, attribuendo l’oscillazione o l’incremento dei valori pressori, allo stress e agli impegni lavorativi, oppure non sa nemmeno di esserne portatore perché i sintomi sono blandi e non destano attenzione. In realtà sono un campanello d’allarme: «La pre-ipertensione – spiega Claudio Borghi, Direttore del Dipartimento di Medicina Interna, Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna – non presenta sintomi evidenti, ma può essere considerata un rischio per lo sviluppo di ipertensione arteriosa, di un danno d’organo e complicanze cardiovascolari a lungo termine. Anche solo un modesto incremento dei valori pressori di 2 millimetri di mercurio sopra i livelli consigliati può essere correlato a un incremento di casi di infarto (7%) e di ictus (10%), come riportano le indicazioni della Società Europea di Cardiologia (ESC) e dalla Società Europea dell’Ipertensione (ESH)». La terapia standard per controllare la pre-ipertensione richiede buone abitudini alimentari, il mantenimento di un adeguato peso corporeo e un’attività fisica costante: una strategia che in realtà risulta poco efficace per l’incapacità di seguire questi buoni propositi per la salute generale e per il cuore in particolare. In aiuto oggi la medicina propone un nutraceutico a base di composti di origine naturale come minerali, lipidi, proteine intere, peptidi, aminoacidi, probiotici e vitamine, tra cui sali di magnesio, Vitamina C, nitrati vegetali derivati dalla barbabietola rossa. Queste sostanze, in sinergia, agiscono su diversi fattori che influenzano lo sviluppo dell’ipertensione arteriosa. L’efficacia di questo nutraceutico è dimostrata da un piccolo studio clinico, condotto presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna, su 36 persone con pressione normale-alta, a cui è stato somministrato il composto in prevenzione primaria per 16 settimane. «Già all’ottava settimana – dichiara Arrigo Cicero, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna, Presidente Società Italiana di Nutraceutica (SINut) – si sono osservate variazioni positive della pressione arteriosa nel gruppo in trattamento, con una sensibile riduzione di tutti i valori al termine delle 16 settimane, mantenuti nel tempo, mentre la riduzione del rischio cardiovascolare ha dimostrato un’attività cardioprotettiva, vasoprotettiva e antipertensiva». «Questi benefici– aggiunge Borghi – dipendono dal fatto che il prodotto presenta caratteristiche simili ai farmaci tradizionali: è in grado cioè di interferire con alcuni meccanismi che sostengono l’aumento della pressione, esercitando un controllo sia sui valori pressori, sia sul loro innalzamento». Nutraceutici dunque che possono rappresentare un valido supporto nei pazienti con pre-ipertensione: ad oggi, infatti, il trattamento farmacologico è raccomandato solo in soggetti con elevato rischio cardiovascolare e pregressa malattia conclamata.  F.M.

 

Articoli correlati