Il buon sonno è “musica”

Quando riusciamo a dormire e a risposare bene se non nelle occasioni in cui ci sentiamo in armonia con noi stessi? E cosa può identificare al meglio l’armonia di una sinfonia? La scienza dimostrerebbe che esistono dei legami tra i suoni e la salute: una “melodiosa” relazione evidenziata anche dalla Medicina del Sonno, secondo cui la capacità di addormentarsi è dovuta dalla combinazione “armonica” di differenti meccanismi: il funzionamento dell’orologio biologico interno, la regolazione della temperatura corporea, i condizionamenti ambientali come la luce e l’attività fisica, alcune secrezioni ormonali, il sistema neuro-vegetativo che governa anche la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Tutti fattori che concorrono, oltre che al benessere dell’organismo, anche a supportare il ritmo circadiano sonno/veglia, secondo tempi e partiture specifici, proprio come avviene in una grande orchestra, in cui tra i suonatori regna integrazione, sintonia, ascolto: ovvero armonia.

Una relazione, quella tra sonno e musica, sottolineata anche dagli esperti del Centro di Medicina del Sonno dell’Istituto Auxologico Italiano IRCCS – Ospedale San Luca, in occasione della Giornata del sonno (19 marzo). «Il legame tra le componenti acustiche del nostro corpo e l’andamento del riposo – spiega Carolina Lombardi, responsabile del Centro – è di fondamentale importanza: per questo è necessario analizzare anche di notte i suoni tipici che indicano e sono “sintomo” dello stato di salute. Tra questi, ad esempio, il battito cardiaco che nelle fasi di sonno più profonde, in un organismo che sta bene, deve avere una frequenza cardiaca più bassa e regolare rispetto alla fase di veglia». Ma non solo: ascoltare i suoni notturni emessi dal nostro corpo durante il sonno, può contribuire ad evidenziare alcuni campanelli di allarme meritevoli di indagine, perché possibili segni premonitori di alcuni disagi o disturbi. «Il più noto e diffuso è il russamento – continua l’esperta – che può essere indice di apnee ostruttive nel sonno (OSAS), una problematica che interessa 6 milioni di italiani, di cui 2-5% di bambini. Esistono però anche altri segnali meno conosciuti meritevoli di attenzione, come il somniloquio, cioè il parlare frequente nel sonno in giovane età, la catatrenia, un rumore respiratorio prolungato, o lo stridor laringeo, un rumore acuto presente durante il sonno tipico di alcune malattie neurodegenerative».

Si è soliti pensare che per addormentarsi e dormire meglio, occorra il silenzio assoluto. Potrebbe essere vero per alcune persone, dal sonno cosiddetto leggero; tuttavia esistono dei suoni benefici, amici del sonno, che favoriscono l’addormentamento e il riposo pacifico: sono i rumori bianchi che hanno la caratteristica di occupare tutte le frequenze udibili in maniera costante, senza picchi o sbalzi improvvisi, e di riuscire così a mascherare qualsiasi rumore che possa turbare il riposo. Classicamente sono rumori bianchi il suono dell’acqua di un torrente, quello della pioggia, delle onde del mare o il vento tra le foglie degli alberi: suoni che si ricollegano a un contesto ambientale ameno, fautore di sentimenti positivi e di tranquillità emozionale. Esistono invece rumori bianchi riconducibili alla civiltà? Sorprendentemente sì, ci sono e lo sanno bene molti genitori perché con essi riescono a fare addormentare i loro piccoli. Sono rumori-non rumori, quali ad esempio il suono emesso da un ventilatore, da un condizionatore o da un asciugacapelli. «Disturba il riposo notturno, compromettendo dunque la qualità del sonno – aggiunge la professoressa – l’inquinamento acustico dell’ambiente nel quale viviamo e dormiamo. Ad esempio l’esposizione a un rumore eccessivo e irregolare incide sulla qualità e quantità del sonno che, a sua volta, si ripercuote sullo stato di salute della persona». Il “suono del sonno” non è solo un potenziale indicatore diagnostico: in alcuni casi potrebbe essere anche “terapia”, e viene infatti sfruttato in diverse tecniche di cura. «Alcune componenti timbriche e ritmiche – fa sapere Lombardi – vengono utilizzate in metodiche di controllo della frequenza respiratoria, tra cui le tecniche di respiro lento, che si possono basare sull’ascoltare musica e che hanno effetti positivi, favorendo da un lato la sensazione di rilassamento, dall’altro influenzando i parametri cardiovascolari come la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca».

È possibile riuscire a controllare qualità e andamento del sonno, monitorando se “suona” armonicamente in tutte le sue fasi, soprattutto prima che si sviluppi una cacofonia, ovvero un disagio anche in una sola fase del sonno, dall’addormentamento fino al risveglio? Una soluzione può essere fornita da un device tecnologico, innovativo, da indossare al polso, in grado di svolgere diverse funzioni: come monitorare il battito cardiaco, ovvero il tempo trascorso in ogni fase del sonno (leggero, profondo e REM) e del tempo di veglia, assegnando una sorta di “punteggio di qualità” al sonno stesso, utile per rilevare anche possibili problematiche durante il sonno, come le apnee notturne, misurando le variazioni stimate dell’ossigeno nel sangue durante la notte. Ancora con il device è possibile programmare una sveglia intelligente, che si avvantaggia di una vibrazione leggera sul polso, evitando così risvegli bruschi e traumatici che possono compromettere l’intera giornata. Dulcis in fundo, il device che sfrutta l’applicazione Spotify: consente di programmare della buona musica per rilassarsi prima dell’addormentamento e mettere “in tune” il sonno, o qualunque altra attività benefica per il buon risposo, come una sessione di attività fisica. Fatta a suon di musica, naturalmente.

di Francesca Morelli

 Apnee notturne: “Non dormirci sopra”

“Apnee notturne, non dormirci sopra 2021”: è il nome della campagna lanciata dall’Associazione Apnoici Italiani (Aps) per sensibilizzare alla problematica. L’iniziativa si avvale di diversi strumenti: uno spot di 30 secondi che presenta i rischi legati alla sonnolenza diurna nella popolazione in cui le apnee non sono diagnosticate (https://www.youtube.com/watch?v=y_StFGMfvpA), un video per conoscere le OSAS in tutte le loro manifestazioni (https://www.youtube.com/watch?v=rd3LtVDDWAs) e una App di screening “APP.nee” (app.apneedelsonno.it), che contiene l’auto-test per prevenire le apnee negli adulti e nei bambini, oltre a una lista dei centri di riferimento in tutta Italia a cui rivolgersi in caso di dubbi. E per ogni dubbio, domande o necessità è a disposizione un Numero verde: 800141435. Perché una campagna di sensibilizzazione? Perché le OSAS sono più diffuse di quanto si pensi: sono più di 1 miliardo i casi nel mondo, oltre 44 milioni in Europa, 6 milioni in Italia. Tuttavia, nonostante i numeri importanti e l’impatto sulla qualità del sonno e della vita, le OSAS restano ancora sottostimate e sottotrattate: sono solo 250 mila i pazienti in terapia nel nostro Paese, con costi annui per il Sistema Sanitario Nazionale di quasi 3 miliardi di euro.
«L’apnea ostruttiva del sonno – puntualizza Luca Roberti, presidente di Aps – conosciuta come la malattia dei grandi russatori, è caratterizzata da russamento, assieme a episodi di riduzione/arresto del respiro che si verificano durante il sonno, e possono presentarsi più volte nell’arco della notte con una durata che va da dieci secondi fino a più di un minuto per singolo evento». Come sospettare una possibile OSAS? Oltre alle caratteristiche evidenziate sul russamento, è possibile avvertire il bisogno frequente di andare in bagno e al risveglio avere secchezza della bocca, sonnolenza diurna eccessiva a causa di un sonno non ristoratore, a svantaggio della capacità di concentrazione, memoria e reazione agli stimoli. Importante è il riconoscimento e il giusto trattamento, in quanto se non adeguatamente gestite, le OSAS possono favorire l’insorgenza di correlate patologie come diabete di tipo 2, aritmie cardiache, tra cui la fibrillazione atriale e ipertensione. Ci sono possibili disturbi associati? Irrequietezza da cattivo riposo e, negli studenti, difficoltà di apprendimento a scuola sono tra i più comuni. Eppure questi rischi sono evitabili grazie alla corretta diagnosi, a un approccio multidisciplinare da parte di un team di esperti, e a diverse soluzioni medicali e terapeutiche offerte: dal monitoraggio cardio respiratorio a domicilio, con uno strumento simile a un holter, e in casi più complessi con la polisonnografia, a terapie conservative in caso di malattia come il “Cpap”, un dispositivo silenzioso che invia aria a pressione attraverso una maschera non invasiva, o dispositivi odontoiatrici (protrusore mandibolare) da indossare durante la notte per limitare il russamento, fino a terapie chirurgiche nei casi più gravi e la chirurgia bariatrica per le grandi obesità che spesso induce le OSAS, mentre sono attese nuove cure farmacologiche in arrivo nei prossimi mesi. Infine, chi soffre di apnee notturne deve fare attenzione al contesto emergenziale attuale: diversi studi hanno evidenziato un aumentato numero di complicanze e di ospedalizzazione in caso di infezione Covid-19 in pazienti con apnee notturne non curate. F.M.

Cosa c’entrano i denti con il sonno?

La relazione sembra improbabile, invece i denti e la salute della bocca sono legati alla qualità del sonno e del riposo. Tanto che recenti studi hanno evidenziato che il dentista può essere la prima sentinella nel capire che un sonno disturbato può essere causato anche da bruxismo, xerostomia, ipersalivazione, che hanno una relazione diretta con le già citata OSAS. «Recenti studi – dichiara Giuseppe Cicero, parodontologo di Roma e Docente di Odontoiatria all’Università Europea di Madrid – hanno rilevato che il 33% di chi soffre di OSAS, soffre anche di bruxismo, l’atto involontario di digrignare i denti durante il sonno, un fenomeno in aumento nel 2020 per l’ansia generata dalla pandemia e sospettabile se il paziente riferisce di svegliarsi al mattino con le mascelle indolenzite e i denti che fanno male. La diagnosi è importante perché il bruxismo può accelerare il processo di deterioramento dentale, fino a causare fratture e un aumento della mobilità dei denti nei casi più gravi: tra gli effetti correlati, cefalee, emicranie, sonnolenza diurna». Il dentista può anche osservare e diagnosticare xerostomia e ipersalivazione. «La xerostomia notturna è caratterizzata da una sensazione di bocca o gola secca che spesso fa svegliare durante la notte per bere – spiega Cicero – causando un accumulo di placca batterica a livello dentale e gengivale che a sua volta favorisce l’insorgenza di possibili carie e malattie gengivali. Forme lievi di xerostomia possono essere risolte, come suggerisce anche l’America Dental Association, sorseggiando acqua o bevande senza zucchero e senza caffeina, succhiando scaglie di ghiaccio, utilizzando lubrificanti per labbra, masticando gomme o caramelle senza zucchero, evitando cibi salati, piccanti o difficili da masticare e sostanze irritanti come alcol, tabacco e caffeina, utilizzando un umidificatore durante la notte. Per combattere la secchezza della bocca, il National Institute for Dental and Craniofacial Research raccomanda di lavarsi i denti delicatamente almeno due volte al giorno con un dentifricio al fluoro, usare il filo interdentale quotidianamente, programmare visite odontoiatriche almeno due volte l’anno. Mentre l’ipersalivazione notturna, segnalata dal cuscino bagnato di saliva e dovuta a una ridotta frequenza di deglutizione nel sonno, è caratterizzata nei casi più gravi da aspirazione di saliva, con risvegli improvvisi, tosse o sensazione di soffocamento. Le cause possono essere diverse, compresi i disturbi orali. Ogni situazione va valutata a sé, ma è essenziale una approfondita conoscenza del paziente e una dettagliata anamnesi clinica che può partire dal dentista». F.M.

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