Coronavirus: focolai in Lombardia e Veneto. Cresce la paura del contagio

«Mio marito qualche giorno fa è andato a cena con un amico, da poco rientrato dalla Cina»: con queste parole la moglie del ricercatore di 38 anni, che vive a Castiglione d’Adda e lavora alla Unilever di Casalpusterlengo, ora ricoverato in gravi condizioni all’Ospedale di Codogno, ha messo in allerta i medici che hanno effettuato il test del Coronavirus, risultato positivo. È stato così identificato il “paziente 1” che, nel giro di un paio di giorni, ha propagato l’infezione nel Basso Lodigiano, dove sono risultate finora positive al Coronavirus un’ottantina di persone, tra cui la moglie dello stesso ricercatore, incinta di 8 mesi, che per fortuna sta bene. È morta invece una donna di 75 anni, Giovanna Carminati, positiva al test, in seguito a complicanze cardiache, che ha avuto la sfortuna di essere al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Codogno insieme al “paziente 1”. Infettati anche tre medici e due infermieri dello stesso ospedale che hanno visitato il 38 enne, ignari dell’ipotesi del Coronavirus. E una trentina di altre persone, che hanno incontrato in varie occasioni il “paziente 1”, sono risultate infette.
Un altro focolaio di infezione si è registrato nel Veneto, precisamente nel paese di Vo’ Euganeo, 3.300 abitanti, dove è morto il pensionato Adriano Trevisan, ricoverato una decina di giorni fa all’Ospedale di Schiavonia, non distante da Padova, e dove finora si sono registrati una ventina di casi di Coronavirus, senza che sia stato ancora identificato il “paziente 0”.

Ma l’infezione ha raggiunto anche le grandi città: tre contagi a Milano, tre a Torino, due a Venezia. Un vero e proprio bollettino di guerra che sta registrando una diffusione dell’infezione a macchia d’olio, che aumenta di ora in ora in Lombardia e nel Veneto, a cui si aggiungono i dieci decessi di persone anziane, di salute già compromessa. E pensare che qualche settimana fa, i presidenti delle due Regioni avevano auspicato di adottare misure di quarantena per tutte le persone che rientravano dalla Cina, ma il Governo non le aveva accolte perché ritenute eccessivamente allarmistiche e complesse. Oggi la quarantena è stata imposta agli abitanti (circa 50 mila) di tutti i comuni interessati all’infezione, una decina nel Lodigiano, e un paio di località nel Veneto (3.500 persone), che hanno assunto un aspetto “spettrale”: la gente è costretta a stare a casa, gli esercizi commerciali, uffici pubblici, scuole sono chiusi e non si sa per quanto tempo. In più i residenti in queste zone, che lavorano in altre città, sono stati invitati a rimanere a casa per evitare che la diffusione del virus provochi altri contagi. E anche nel capoluogo lombardo scuole, musei, chiese (Duomo compreso) sono state chiuse e gli uffici pubblici lavorano a singhiozzo!
Come si è potuta diffondere in così breve tempo questa epidemia di Coronavirus in due focolai, per ora delimitati, ma forse destinati ad allargarsi anche alle grandi città, come Milano e Venezia?

Con l’aiuto del professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università e Direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano (intervistato dal nostro giornale il 30 gennaio, link: https://www.donnainsalute.it/2020/01/coronavirus-niente-allarmismi-in-italia-ma-la-vigilanza-e-dobbligo/) cerchiamo di capire questa improvvisa recrudescenza dei contagi e cosa si dovrebbe fare per scongiurarla.

«Si tratta in realtà della punta di un iceberg, che è emersa in particolare in due Regioni, Lombardia e Veneto, dove sono state subito messe in atto misure cautelari di “quarantena” degli abitanti, utili per arginare la diffusione dell’infezione e dove sono state capillarmente attuate le misure sanitarie per identificare le persone contagiate attraverso il tampone faringeo», spiega Pregliasco. «Le raccomandazioni che possiamo dare, oltre all’isolamento domiciliare nelle zone interessate dall’infezione, sono quelle di rimanere a casa, in presenza di sintomi respiratori che potrebbero far pensare a un’infezione da Covid-19, anche se è molto simile come sintomatologia, alla comune influenza. La carica virale di questo virus è massima in presenza di sintomi: motivo per cui i contagi nel lodigiano sono stati così rapidi». «Per le persone asintomatiche», aggiunge Pregliasco, «si consiglia di stare lontano da chi starnutisce o tossisce (individui che dovrebbero usare la mascherina protettiva); di lavarsi spesso le mani, in caso di contatti con le persone; di usare fazzoletti usa e getta. Ricordiamo che la trasmissione del virus avviene attraverso gocce emesse per via orale (droplets), con un colpo di tosse o uno starnuto, a distanza di circa un metro e permane per qualche minuto. Più passa il tempo e più la carica virale si affievolisce. È il motivo per cui nell’80-90% dei casi di infezione i sintomi sono lievi o moderati; nel 10-15% si può sviluppare una polmonite; nel 4% si rende necessario il ricovero in terapia intensiva. Quanto all’uso delle mascherine, si consiglia in presenza di sintomi e per gli operatori sanitari; è obbligatoria nelle zone in quarantena. Per chi è asintomatico non sono necessarie e rischiano di suscitare inutili allarmismi. Si sconsiglia anche di rivolgersi al Pronto Soccorso degli ospedali, che rischiano di essere intasati; in caso di sintomi, soprattutto quando si avverte affanno respiratorio, meglio chiamare il numero 1500 o il 112. Per informazioni, la Regione Lombardia ha istituito il Numero verde: 800.894545».

«Per concludere, vorrei precisare che il Coronavirus registra ancora una bassa mortalità (2,5%) rispetto al 30% della SARS: si sta evidenziando però la possibilità di contagio anche da persone asintomatiche, che con la SARS non avveniva, motivo per cui il rischio di diffusione del Coronavirus è destinato ad aumentare. Sia il caso del 38enne di Codogno, infettato probabilmente da un “paziente 0” asintomatico, che il precedente caso del cittadino britannico asintomatico, proveniente da Shanghai, che ha contagiato 5 cittadini inglesi che alloggiavano con lui nello chalet in Alta Savoia, confermano che il Covid-19 si trasmette anche da persone non infette. Un motivo in più per mantenere l’allerta, senza tuttavia cadere nella psicosi».

di Paola Trombetta 

I casi di contagio in Italia e nel mondo

A un mese circa dalla comparsa dei primi casi di infezione da Coronavirus, la Protezione Civile ha diramato i numeri di persone contagiate in Italia, il più alto rispetto al resto d’Europa e il terzo nel mondo: più di 300 sono i soggetti con infezione da Covid-19, di cui dieci deceduti: si tratta di persone anziane con un quadro clinico già compromesso. In Lombardia si è registrata la maggior parte dei casi: 240 contagi, soprattutto nella zona del Basso Lodigiano, 3 casi a Milano; 43 contagi in Veneto; 26 in Emilia Romagna; 3 in Piemonte; 3 nel Lazio (uno guarito e gli altri due in via di guarigione).
Nel mondo finora sono stati registrati circa 2400 morti, la maggior parte in Cina, e quasi 80 mila casi di contagio; oltre alla Cina, i Paesi più colpiti sono il Giappone, la Corea del Sud e l’Iran.  P.T.

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