UN NUOVO TEST ANTICIPA LA DIAGNOSI DI TUMORE AL COLLO DELL’UTERO

Si abbassano, in Italia, i numeri del tumore al collo dell’utero (cervice uterina), seppure restano ancora importanti: 3.500 nuovi casi l’anno, di cui uno su 10mila in fase già avanzata, a fronte però di una mortalità molto bassa, pari a meno dell’1%. Merito soprattutto di una maggiore attenzione della donna a sottoporsi a campagne di prevenzione e all’introduzione di strumenti di screening, di cui il Pap-test resta ancora tra i più efficaci. Perché oggi, questa potenzialità di anticipare la scoperta di malattia potrebbe essere ulteriormente favorita da un innovativo test: mininvasivo, altamente sensibile, sicuro e con un margine di errore pressoché azzerato, a vantaggio anche di una riduzione dei costi sanitari e assistenziali e di una migliore risposta alla terapia, laddove necessaria. Si chiama “Combo Test Plus” e rappresenta l’approccio diagnostico, in due fasi, di ultima generazione: la prima include un Pap test su strato sottile di cellule e la ricerca di RNA del Papilloma virus (HPV), ovvero la presenza e l’attivazione di uno o alcuni dei 14 ceppi del virus ad alto rischio (6, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 66, 68) che hanno un potere oncogeno.

Qualora vi fosse una positività, ad esempio in caso di bassa displasia con o senza HPV-RNA, è possibile eseguire un approfondimento con una seconda fase del test. Si ottiene con il FISH (Fluorescence In Situ Hybridization) Test. Un esame specifico e sensibile che permette di definire con accuratezza la natura delle cellule atipiche rilevate, sempre sullo stesso campione, senza necessità di un ulteriore prelievo anche nel caso in cui sia richiesto questo secondo step diagnostico. «Alcuni genotipi di HPV – spiega la dottoressa Elena Repetti, medico genetista e Chief genetics di Impact, un’azienda internazionale che offre servizi di diagnostica di alta specialità con sede operativa presso la Fondazione Filarete dell’Università di Milano, specializzata in test all’avanguardia di diagnostica e terapia personalizzata, finalizzati all’oncologia, alla ginecologia e alle procedure di fecondazione in vitro – possono causare il tumore della cervice uterina. Una volta presente nella cavità vaginale, l’HPV può infettare l’epitelio, cioè una parte del tessuto cervicale, entrare nella cellula e integrare il proprio DNA con quello umano. Benché l’HPV sia in grado di auto-eliminarsi non va comunque sottovalutato».

Dunque un’analisi molecolare, come quella garantita dal “Combo Test Plus”, effettuata sull’RNA e i 14 genotipi più pericolosi per il rischio di malattia, in associazione al Pap-test che rappresenta il gold standard per lo studio delle cellule cervicali, può aiutare a scovare prima e con maggiore efficacia il virus o le lesioni in atto. «Questo perché la presenza di HPV-RNA – precisa la genetista – attesta non solo l’esistenza di un focolaio di HPV, ma soprattutto che il virus è attivo e in replicazione, quindi potenzialmente pericoloso. Infatti l’attivazione del DNA virale determina la produzione di proteine virali che possono avviare la trasformazione tumorale della cellula». Disporre di un test dal “doppio” approccio sull’RNA e sulla natura cellulare della malattia, da un lato potenzia la sensibilità dello screening fino ai massimi livelli, a vantaggio di un minimo rischio di falsi negativi  e cioè di casi che, pur presentando valori nella norma, sono invece “patologici”, portatori di malattia, e dall’altro agevola lo specialista nella successiva scelta terapeutica.

«Nel caso in cui il primo screening – aggiunge Repetti – evidenzi una lesione squamosa, di tipo intraepiteliale di basso grado (L-SIL) con o senza la presenza di HPV-RNA, si procede all’esecuzione della seconda fase del “Combo Test Plus”. Quindi all’esecuzione sullo stesso campione, evitando così alla paziente un fattore di stress, non solo fisico ma anche psicologico, di un secondo prelievo di cellule cervicali, della FISH. Si tratta di un esame molecolare che permette di enumerare, direttamente nella cellula, i cromosomi che aumentano di numero ogni qual volta la cellula diventa maligna. Grazie al FISH-Test è dunque possibile identificare cellule tumorali, anche nel caso in cui la loro morfologia non sia ancora alterata».

Quali sono le indicazioni diagnostiche all’esecuzione di questo specifico test? «Può essere utile per fare lo screening alle donne, a partire dai 20 anni di età, che presentano cellule squamose atipiche con citologia cervicale non chiara, dando indicazioni sull’esecuzione della colposcopia, ma anche in donne oltre i 30 anni con una citologia cervicale positiva per rilevare la presenza o l’assenza di ceppi di HPV ad alto rischio. L’analisi deve essere corredata da informazioni anamnestiche che comprendano la storia citologica, eventuali fattori di rischio individuali e indicazioni cliniche dello specialista».

Il “Combo Test Plus” si profila come uno strumento di prevenzione diagnostica molto avanzato, di bassa invasività, accurato, sicuro e tale da consentire una migliore scelta terapeutica con una ricaduta positiva sulla riduzione dei costi gestionali e una migliore qualità di vita.
Per informazioni: www.impactlab.it

di Francesca Morelli

Articoli correlati