UN SEMPLICE PRELIEVO CONFERMERA’ LA CELIACHIA NEI PICCOLI

È rivoluzione nelle linee-guida della diagnosi della celiachia in età pediatrica. Per scoprire l’intolleranza al glutine nei più piccoli non sarà più necessario indagare con una biopsia, esame traumatico e invasivo, ma basterà un semplice esame del sangue su anticorpi specifici (anti-tTG IgA (antitrasglutaminasi) e EmA IgA (antiendomisio). Semplice, sicuro, rapido ed efficace, nei bimbi con predisposizione genetica, cioè figli di genitori celiaci o con un profilo genetico compatibile con celiachia, consentirà non solo la diagnosi certa, con livelli di anticorpi specifici superiori di 10 volte rispetto al valore normale, ma anche di individuare un maggior numero di casi di piccoli celiaci (si stima che ancora 50mila bambini siano affetti dalla problematica senza saperlo) e di ridurre le diagnosi errate. Nell’adulto invece resta tutto invariato: ovvero la diagnosi richiederà, oltre agli esami del sangue mirati, anche la biopsia intestinale. Sono queste le importanti novità introdotte dalle recenti linee guida del Ministero, utili a rendere uniformi in tutto il Paese i percorsi diagnostici nel bambino e nell’adulto, i tempi e le modalità dei controlli dopo la diagnosi, e presentate al IV Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC) da poco conclusosi a Roma.
«Le nuove linee guida – precisa  Marco Silano, membro del gruppo di lavoro ministeriale e direttore del Reparto di Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità – raccomandano inoltre un attento follow-up con controlli e scadenze regolari, vale a dire il primo a un anno dalla diagnosi e successivamente ogni due anni, salvo complicanze, con particolare riferimento all’età adolescenziale, dove l’aderenza alla dieta senza glutine è spesso ridotta». Linee guida che vanno verso un’unica direzione: arrivare a una diagnosi sempre più precoce. «La celiachia – spiega Gino Roberto Corazza, professore di Medicina Interna Università di Pavia – è un “camaleonte clinico” che si manifesta spesso con sintomi sfumati e atipici: se non diagnosticata in modo corretto e tempestivo, espone al rischio di conseguenze anche gravi, dall’infertilità all’osteoporosi nelle donne, alla malnutrizione con ritardo di crescita nei bambini, fino all’aumento del rischio di tumori intestinali». «Oggi invece occorrono ancora in media 6 anni – fa sapere Giuseppe Di Fabio, presidente AIC – per giungere alla diagnosi, sprecando denaro pubblico con esami inutili e costosi e ritardando l’inizio della terapia, unica prevenzione alle gravi complicanze della celiachia».
E proprio verso quei possibili segnali atipici mettono in guardia gli esperti intervenuti a  una specifica Tavola Rotonda su “I disturbi gastroenterici” , nell’ambito del Congresso Nazionale di antibiotico-terapia di Milano. La celiachia non è, infatti, correlabile solo a disturbi gastrointestinali, come gonfiore addominale, intestino irritabile, malassorbimento, stanchezza generalizzata: «Alcuni campanelli d’allarme – spiega la dottoressa Fabiola Corti del Dipartimento di pediatria, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – possono nascondersi anche in alcune malattie autoimmuni, come la tiroidite, l’artrite, il diabete di tipo 1, ma anche in un’alterazione di enzimi epatici in assenza di epatite virale, mentre in età adolescenziale un possibile segnale potrebbe essere dato da un’amenorrea o una pubertà ritardata. Non sono escluse, tra le caratterizzazioni atipiche della celiachia, anche manifestazioni cutanee come la dermatite erpetiforme, che compare nella seconda infanzia, le cui “macule” hanno una distribuzione simmetrica, di solito verticale, estremamente pruriginose e dunque associate a lesioni da sfregamento».
Ancora, nei piccoli, non è da trascurare l’attenzione alla bocca, perché la celiachia potrebbe rivelarsi anche con alterazione dello smalto dentale, dei denti permanenti in particolare, o con la presenza di fratture non determinate da traumi importanti e che possono suggerire un’osteoporosi. «Le lesioni – continua la dottoressa Corti – possono interessare anche i tessuti molli della bocca, dunque le mucose, la lingua, parte del palato e le gengive che potrebbero essere intaccati, a seconda della diversa sede, da piccole afte ricorrenti stomatite aftosa), da un assottigliamento della mucosa linguale che diventa più dolente, liscia e arrossata (Glossite atrofica), da una particolare forma di lichen (Lichen Planus) o da una produzione ridotta di saliva (Sindrome di Sjogren)».
Anche il peso può avere la sua importanza, perché la celiachia non è solo malnutrizione o ritardo nella crescita. Come nel caso di Lucia: «E’ una bambina di 10 anni – racconta la dottoressa – obesa, che lamenta dolori addominali fortissimi e alterna scariche addominali a stipsi. Gli esami, di varia natura, a cui è stata sottoposta, risultavano tutti nella norma, fatta eccezione per alcune alterazioni dovute al sovrappeso e agli anticorpi antitrasglutaminasi positivi in presenza di anticorpi antiendomisio negativi. Dagli esami emerge, inoltre, un’indicazione per la  predisposizione a sviluppare celiachia.  La terapia con fermenti lattici, a cui era stata sottoposta inizialmente Lucia, non fa che peggiorare i dolori e i genitori decidono in autonomia di togliere dalla sua dieta parte del glutine e i sintomi sembrano migliorare. Giunta alla nostra osservazione, fatte tutte le valutazioni necessarie, sottoponiamo la bambina a un carico di glutine e dopo circa 2 mesi gli anticorpi antitrasglutaminasi salgono alle stelle e gli anticorpi antiendomisio si positivizzano. Un’endoscopia pediatrica conferma la nostra diagnosi di malattia celiaca».
Anche le infezioni, respiratorie e/o gastrointestinali in particolare, possono fare la loro parte. Uno studio condotto dall’Istituto norvegese di Salute Pubblica di Oslo su oltre 73mila bambini, monitorati dal 2000 al 2009, avrebbe confermato che i piccoli con più di 10 episodi di infezioni respiratorie o gastrointestinali nei primi 18 mesi di vita, avevano un rischio superiore del 30% di diventare intolleranti al glutine rispetto ai coetanei che, nello stesso periodo di tempo si erano ammalati meno o all’incirca 5 volte. Un rischio di celiachia tanto maggiore, se le infezioni colpivano il respiro piuttosto che il pancino. «Si tratta comunque di manifestazioni che potrebbero diventare indicatori di celiachia – concludono gli autori dello studio – ovvero che non sono certezza di malattia, né di assoluta probabilità di sviluppo di avversione al glutine». Manifestazioni atipiche che, tuttavia, è meglio non trascurare parlandone con il pediatra o il medico di riferimento.

di Francesca Morelli

“GLUTEN SENSITIVITY”: COS’E’ E COME SI FA LA DIAGNOSI?

La diagnosi della “sensibilità al glutine” è tanto difficile quanto quella della celiachia, perché ad oggi non esiste un biomarcatore specifico. «Si definiscono “sensibilità al glutine” o “sensibilità al glutine non celiaca” quei casi che presentano sintomi gastrointestinali e extraintestinali, la cui sintomatologia è correlata all’ingestione di glutine», precisa Carlo Catassi, professore Associato di Pediatria Generale e Specialistica, Università Politecnica delle Marche ad Ancona. Tant’è che quando questa sostanza viene eliminata dalla dieta i sintomi scompaiono rapidamente». La differenza, rispetto ai celiaci, sta nel fatto che i “sensibili al glutine” non presentano anticorpi tipici della celiachia; sottoposti a biopsia intestinale hanno una mucosa intestinale normale o molto aspecifica e alcuni anticorpi antigliadina (soprattutto di classe GG) frequentemente positivi. 

«Spesso la diagnosi è provvisoria – continua il professore – ma la sensibilità al glutine può essere sospettata o riconosciuta perché generalmente si associa a sintomi simili al colon irritabile (diarrea e dolore addominale e gonfiore intestinale) e a minime manifestazioni di carattere neurologico, ovvero malessere, stanchezza cronica, mente annebbiata e cefalea. Presi singolarmente si tratta di sintomi aspecifici, ma che diventano tanto più indicativi di una diagnosi di sensibilità al glutine, se sono presenti in età adulta». Non si escludono dal quadro clinico anche manifestazioni articolari, cutanee e altri sintomi gastroenterici.
A parte il glutine, nella dieta di alcune persone con colon irritabile sembrerebbero da eliminare i “FODMAP’ (Fermentabili Oligo-, Di- e Mono-saccaridi), ovvero carboidrati a corta catena come lattosio, fruttani, fruttosio, galattani (saccaridi) e polialcoli quali il sorbitolo, mannitolo, xilitolo e maltitolo. Saranno dunque da evitare latte vaccino, di capra e pecora, yogurt che li contenga; tra la verdura, aglio, asparagi, carciofi, cavolo, concentrato di pomodoro, porri, radicchio, scalogno; tra la frutta albicocche, ciliegie, cocomero, mango, mele, pesche, prugne, pompelmo; tra la frutta secca, mandorle, nocciole, pistacchi; tra i dolcificanti miele, sciroppo d’agave e vini dolci. «Questi carboidrati – aggiunge Catassi – contenuti in molti alimenti, possono essere poco assorbiti dal piccolo intestino e rapidamente fermentati dai batteri intestinali nell’ileo e nel colon prossimale, sembrano indurre la sintomatologia gastrointestinale. Da recenti studi emergerebbe l’indicazione che almeno in una parte dei casi l’eliminazione dei FODMAP, piuttosto che del glutine, apporta maggiori benefici sulla sintomatologia gastrointestinale. Nel bambino – conclude il professore – la problematica è ancora più confusa perché ci sono meno studi e perché le manifestazioni sono ancora più sovrapponibili a quelle del colon irritabile (diarrea cronica, scarsa crescita, dolore addominale)».
Come per la celiachia, anche la sensibilità al glutine potrebbe manifestarsi attraverso la cute (diversa dalla dermatite erpetiforme che è definita la celiachia della pelle), con escoriazioni, papule, vescicole. Così come le manifestazioni neurologiche, anch’esse differenti da quelle celiache, sarebbero dovute a un’eccessiva permeabilità intestinale che si lascia attraversare da molecole di origine alimentare (peptiodi) correlate al glutine o alla caseina, che potrebbero legarsi ad alcuni recettori cerebrali esercitando effetti sulla sfera psico-comportamentale. Ma al riguardo le conferme scientifiche sono ancora poche e dovranno essere validate da studi più specifici.

(Francesca Morelli) 

 

CIBI SENZA GLUTINE: SARANNO ANCORA RIMBORSATI?

Dal prossimo anno l’Italia dovrà adeguarsi alla normativa UE 828/2014 che non prevede la rimborsabilità degli alimenti senza glutine. «Oggi nel nostro Paese, quando c’è la diagnosi di celiachia, viene riconosciuta l’esenzione per l’acquisto dei cibi senza glutine, per un importo di 100 euro all’anno», conferma il professor Carlo Catassi. «Dal prossimo anno qualcosa potrebbe cambiare, nel senso che probabilmente verranno individuati solo alcuni cibi, a valenza “terapeutica”, per i quali si potrà ottenere l’esenzione. Anche perché, dai dati più recenti, sembra essere raddoppiata l’incidenza della malattia, con quasi 20mila nuovi casi l’anno, rispetto ai 10mila degli anni precedenti. E di conseguenza i costi per il SSN sono raddoppiati». Dell’argomento si è parlato al convegno “Il futuro del sistema Italia per la tutela del paziente celiaco”, svoltosi i giorni scorsi alla Biblioteca del Senato. Nell’occasione è stata annunciata da parte del Ministero della Salute l’istituzione di un tavolo tecnico allo scopo di “studiare soluzioni compatibili per tutelare il sistema Italia celiachia”, in vista dell’adeguamento alla normativa europea.  (P.T.)

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