IN AUMENTO LE ALLERGIE ALIMENTARI: A RISCHIO IL 61% DEI BAMBINI IN ETA’ SCOLARE

Non esiste solo l’anafilassi, ovvero una grave reazione allergica a comparsa rapida al veleno degli insetti quali api, vespe e calabroni. C’è anche quella alimentare e colpisce soprattutto i bambini in età scolare: le ultime stime parlano di circa il 61% a rischio di reazione verso alcuni cibi, con il 30% di eventi che si verificano proprio nelle mense scolastiche. Un rischio aumentato nell’arco di dieci anni di circa sette volte nei bambini tra zero e quindici anni, a tal punto che esperti, Società Scientifiche e Associazioni Pazienti, riunitisi di recente a Bergamo per il Congresso Nazionale AAITO (Associazione Allergologi Immunologi Territoriali Ospedalieri), invitano a ‘fare sistema’ nella gestione delle anafilassi nei luoghi pubblici, con proposte e progetti replicabili su scala nazionale (perché in Italia ancora manca una normativa sull’argomento) affinché la scuola diventi, anche per chi soffre di allergie alimentari.

«Per allergia – spiega la dottoressa Maria Beatrice Bilò, Presidente AAITO – si intende una reazione anomala del sistema immunitario che può presentarsi con sintomi lievi o gravi, fino ad arrivare all’anafilassi. In particolare le allergie alimentari sono più comuni nei primi 3 anni di vita, sebbene si possano presentare a qualsiasi età, anche nell’adulto, indotte per lo più da una stretta gamma di alimenti: latte vaccino, uovo, soia, grano, arachidi, noci e frutta a guscio, pesce e molluschi». Oltre all’aumento di casi allergici o a rischio, che potrebbe indurre insegnanti e personale delle scuole ad affrontare una ‘crisi’, il grosso problema è che le manifestazioni di anafilassi sono molteplici e non facilmente riconoscibili. Esistono comunque sintomi che devono indurre a sospettare una possibile reazione allergica alimentare: «I campanelli d’allarme da non sottovalutare – raccomanda la Bilò – sono il prurito al palmo delle mani e dei piedi, un rossore e gonfiore diffuso accompagnato da orticaria. Spesso, durante la reazione allergica, possono essere presenti difficoltà respiratorie, dolori addominali, vomito e diarrea. Ancora tra le varie manifestazioni, può comparire un abbassamento della voce e raucedine e una debolezza generale dovuta a un calo della pressione».

In presenza di queste reazioni e/o in caso di un aggravamento della sintomatologia, occorre (re)agire tempestivamente: «Riconoscere il prima possibile la reazione avversa in corso e somministrare in modo rapido adrenalina, praticare le necessarie misure di soccorso e allertare il 118», raccomanda la specialista.

Misure da conoscere e da non dimenticare perché in Italia al momento manca una chiara regolamentazione circa la gestione delle allergie: «Per questa ragione – conclude la Presidente – AAITO è a diposizione del Ministero della Salute e delle Istituzioni per esaminare i le migliori esperienze gestionali a livello regionale e locale, in modo da studiarne la possibile estensione ad altre regioni e su tutto il territorio italiano».

Perché alcuni esempi virtuosi già ci sono, come quello ligure ad esempio. La regione ha infatti istituito il progetto GAIA (Gruppo Allergie e Intolleranze Alimentari), il primo piano strutturato di gestione delle anafilassi con possibile replicabilità su scala nazionale. Nato grazie all’Associazione Ligure Allergici, aderente a FederASMA e Allergie Onlus, con il supporto delle Rete Allergologica Ligure, il progetto è riuscito a creare a livello regionale una rete di collaborazione capillare fra istituzioni e mondo della ristorazione affinché la gastronomia Ligure, o anche un pasto fuori casa o all’interno delle scuole, possa essere consumato da tutti, senza rischiare la vita a causa di una allergia da cibo.

«Il progetto GAIA (http://www.gaiamangiarebeneliguria.it/) – spiega la dottoressa Paola Minale, dell’Unità Operativa Complessa di Allergologia dell’IRCCS San Martino Genova – è riuscito a sviluppare nel tempo un vero e proprio sistema articolato in diverse fasi che riguardano la prevenzione, formazione delle competenze e gestione rapida delle emergenze, che coinvolge più operatori e figure: dalla Regione Liguria, al mondo della sanità e della scuola, fino alle associazioni di pazienti con  l’obiettivo di promuovere azioni globali, integrate e coordinate, che rispondano alle esigenze dei soggetti allergici e celiaci».

 Anche il centro e il sud Italia si sono attivate in tema di gestione delle anafilassi: in Sicilia con il Progetto REAP che consiste in una rete di protezione intorno al bambino a rischio di anafilassi per reazione allergica o asmatica grave e a Roma con l’iniziativa “Una scuola dall’aria sana”, estesa anche a Prato, Palermo, Cagliari, Torino e Milano, che prevede cicli di incontri di informazione per gli studenti e personale scolastico e un primo set di formazione per gli insegnanti.

Infine, sul territorio europeo è preziosa l’attività svolta dall’EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immunology), di cui la Presidente è la professoressa Antonella Muraro che ha promosso una campagna di informazione con due principali obiettivi: diffondere gli “Standard Minimi per il Bambino Allergico a Scuola” e soprattutto introdurre e rendere disponibili nelle scuole gli autoiniettori di adrenalina. Una semplice soluzione che può salvare molte vite.

di Francesca Morelli

 

ALLERGIA ALLE CARNI ROSSE: E’ COLPA DI UNA ZECCA

C’è una allergia ‘nuova’ ed è quella alle carni rosse, in particolare di manzo, ma anche di maiale e agnello: lo annunciano gli specialisti AAITO, in occasione della chiusura del Congresso Nazionale dell’Associazione, ed avvertono che sta iniziando a diffondersi anche in Italia, specie nelle zone collinari e montane. La particolarità di questa allergia sta nel fatto che non si tratta di una reazione classica a un alimento, cioè indotta naturalmente dall’organismo, bensì da una zecca: la Lone Star. Il morso di questo animaletto inietterebbe infatti sotto pelle di chi ne è vittima uno zucchero (alpha-gal) che stimola la produzione eccessiva di anticorpi immunoglobuline E, responsabili delle reazioni allergiche: dopo qualche settimana, passati i segni dermici del morso sulla pelle, attiverebbero la reazione a questa molecola zuccherina, contenuta nelle carni. «Nelle due o tre ore successive al consumo di carne rossa – spiega il dottor Danilo Villalta, Responsabile della Struttura di Allergologia e immunologia clinica dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria Degli Angeli di Pordenone – comincia a comparire orticaria, spesso seguita da gonfiore sul viso, forte calo della pressione sanguigna e, nei casi più gravi da anafilassi. Un chiaro indice di una reazione esagerata all’alpha-Gal, verso la quale l’organismo è stato sensibilizzato dal morso della zecca». Un rischio, fanno sapere gli esperti di AAITO, cui sono esposti soprattutto gli abitanti delle zone rurali e montane dove la zecca è un ‘abitante’ diffuso. Tanto che un gruppo di allergologi dell’Azienda ospedaliera di Pordenone, dopo aver descritto i primi casi in uno studio pubblicato su Clinical Experimental Allergy, avrebbero anche identificato nella popolazione di  “Tremonti”, in Friuli Venezia Giulia, un’alta percentuale di positività IgE anti-alpha-Gal, pari al 24,7%, nella quale la probabilità di sviluppo di questa allergia pare significativa e consistente. Ma una buona notizia c’è: «Generalmente – conclude Villalta – l’allergia all’alpha-gal scompare in un periodo variabile da 8 mesi a 3 anni, se non si viene ripunti da una zecca. Viceversa, se l’allergia dovesse persistere, occorrerà passare ad una dieta vegetariana».  (F.M.)

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