VIVA LE NUOVE MAMME!

Anche quest’anno, 10 maggio, è Festa della Mamma. Meglio sarebbe dire: festa delle mamme. Perché ci sono tanti modi diversi per essere madri. Madre in affido. Mamma con la fecondazione assistita. Mamma grazie all’utero in affitto. Madri violente, aggressive o depresse, donne che si sentono madri fin da bambine e donne che invece non hanno intenzione di diventarlo. Donne che decidono di abortire. Donne diversamente mamme, grazie all’inseminazione artificiale. È questo l’universo complesso della maternità indagato, sfidando stereotipi e tabù, da Serena Marchi, giovane giornalista, 33enne, veronese (è di Vallese di Oppeano), nel bel libro Madri, comunque  (Fandango editore, 192 pagine, 15 euro). Trenta testimonianze in prima persona, un caleidoscopio di voci e di storie vere in presa diretta sul modo di essere mamma oggi.

Cosa significa essere madri oggi?
«La maternità non è un “istinto”. La maternità è amore: un sentimento umano, e dunque imperfetto. Con tutte le sue ambivalenze. La maternità oltrepassa la biologia della procreazione e della gestazione. Ci sono tanti diversi modi per essere madri, tutti ugualmente validi, con uguale dignità di esistenza. Ciascuna è madre a modo suo. La grande novità, a mio parere potentissima, è che la maternità possa essere una scelta e non un destino. In passato la maternità rappresentava il progetto di vita per una donna. Senza figli,una donna era necessariamente incompleta, insoddisfatta, imperfetta. Adesso non è più così: le donne hanno cominciato a rivendicare la possibilità di scegliere se, e quando, diventare madri. Hanno scoperto di poter essere “altro”. Hanno imparato a mettere al primo posto passioni, interessi, occupazioni che le portano verso il mondo. Una donna non è la maternità, una donna è totalmente e compiutamente donna sia che abbia figli sia che non ne abbia, e nessuno dovrebbe permettersi di giudicarla. E’ questo, secondo me, il segno di un cambiamento epocale, che credo sia in atto. Fosse facile! Ma non lo è per niente. Confusi come siamo (donne e uomini, insieme) da un immaginario che viene da lontano, da millenni di tratti scolpiti dalla cultura nel nostro più profondo modo di percepire la parola “madre”. Perché la retorica sulla maternità è altissima. Perché il potere del materno, l’unico concesso alle donne per millenni, è anche quello che ancora ci imprigiona. A volte penso che molte donne si affidino alla maternità per vedersi in qualche modo “riconosciute” dalla società. Solo per essere accettate e per timore di essere giudicate, decidono di seguire il “copione prescritto”».

Hai un bambino di tre anni, Ettore. Puoi raccontarci come hai vissuto la tua maternità?
«Non me lo sentivo come destino, scontato, come poteva essere per la generazione di mia madre. Rifiutavo in blocco quell’idea di maternità ineluttabile, del tipo “da che mondo è mondo…”. Era invece un desiderio, fortissimo e condiviso, di avere un figlio dal mio compagno, proprio da lui e nessun altro.  Non dico che un figlio sia la cosa più bella che possa accadere a una donna. Non è la sola, è una delle tante, ma è stato faticoso scrollarsi di dosso tutta quella retorica dell’istinto materno che, poi mi sono accorta, mi era un po’ rimasta nella pelle. Cresciamo con l’idea che dobbiamo essere competenti e preparate, ma la maternità non è una cosa a cui arrivi preparata, sebbene esista nella cultura la pretesa che una donna sappia per istinto cosa fare. Non è così. Certamente vi è un dato biologico: la maternità è un istinto, ma solo come riproduzione, non come accudimento, educazione, eccetera. Quando nasce un bambino nasce una madre, ma ci vuole tempo».

Il tema della maternità riguarda anche l’altra faccia della medaglia: il disagio, che può arrivare fino all’infanticidio.
«Da quando sono mamma, ho iniziato a guardarmi attorno, a osservare le mamme in modo diverso. Ho capito che facciamo parte di un mondo dove c’è tanto entusiasmo, tanta felicità, ma ci sono anche lati intoccabili, inviolabili, oscuri, che non si dicono. Quello che mi chiedo è: quanto è difficile per una donna diventare madre? Quanto spazio esiste nella sua vita e dentro di lei per abbracciare non solo il ruolo di madre? Allatti, cambi pannolini, culli, ma forse non sai come comunicare col tuo bambino. O addirittura non sai volergli bene. Non ancora. Il diventare madre presuppone un cambiamento corporeo e psicologico complesso, si può non essere preparate a tutto questo, ogni gravidanza rivela una donna, e le storie a volte possono essere complesse. E queste mamme chi le aiuta? Si fa fatica a parlare dei disagi, dell’ambivalenza emotiva che accompagna questo sentimento, che è poi è un’ambivalenza, naturale, che non dovrebbe essere negata. Sentirsi di tanto in tanto stanche, depresse, incomprese, deluse, non all’altezza, e soprattutto arrabbiate, è normale. E, invece: la maternità o è bella o diventa tabù. Non sono concessi giudizi negativi, non si può dire che è fatica, sacrificio, stanchezza, dolore, a volte disperazione. No, vietato. Io ho voluto fare i conti con l’ombra, col non detto di questo sentimento che poi i fatti di cronaca ci sbattono in faccia».

Essere madri oggi è più complesso di ieri?
«Oggi c’è la difficoltà di mettere insieme tutto. La donna spesso lavora, si divide tra realizzazione di sé, dimensione casalinga e familiare, crescita dei figli e tentativi di funzionamento del rapporto di coppia. Nel diventare madre, non si cessa di essere una donna con aspirazioni personali. Scoprirlo è uno shock, perché fare la mamma sembra un’attività totalizzante, incompatibile con libertà, sogni, ambizioni. Sento sempre più spesso parole come: “non voglio diventare una di quelle donne che parlano solo della propria gravidanza, che su Facebook mettono solo post del figlioo, che molla il lavoro per fare la mamma a tempo pieno, si lascia andare fisicamente e non cura più le amicizie”. Questo spiega le maternità sempre più tardive. E si comprende perché alcune donne, dopo l’arrivo di un figlio e soprattutto del secondo, siano indotte a rinunciare al lavoro (le neo-mamme hanno il 46% di probabilità di lasciare il lavoro contro il 6% delle non mamme; nel caso di un secondo figlio, la percentuale sale)».

Stato d’animo delle madri di oggi?
«Ansioso, direi. Si sentono spesso inadeguate, affaticate, magari in colpa per non sentirsi in colpa! Quando anche le donne riescono a portare avanti tutte le loro attività, quello che ne emerge è una vita frenetica, fatta di organizzazione, sfide, sacrifici che le portano spesso a non sentirsi mai veramente soddisfatte di come, in quella giornata, sono state madri, mogli, lavoratrici, casalinghe. La sensazione è sempre quella di aver lasciato qualcosa indietro, di non essere stata “abbastanza brava” in qualche attività. E all’incertezza esistenziale corrisponde una richiesta di sacrificio reale. I dati ci dicono ancora che quasi la metà delle madri ricorre al part time, quasi il cento per cento somma alle ore trascorse in ufficio quelle spese per casa, figli, famiglia, genitori anziani; un quinto delle donne lascia l’impiego dopo l’arrivo di un figlio e soprattutto del secondo, o per scelta o perché licenziata».

Lo psicanalista Massimo Recalcati, nel suo libro Le mani della madri, ha sollevato un tema destinato a far discutere: oggi alla madre dell’abnegazione e del sacrifico e a quella divorante con la sua eccessiva presenza, si è sostituita una nuova figura: la madre “narcisistica”. Che non vive per i propri figli, ma che vuole invece rivendicare la propria assoluta libertà e autonomia da loro. Cosa ne pensi?
«Non c’è proprio scampo per le madri! O sono troppo accudenti, al punto da soffocare la capacità di autonomia dei figli (soprattutto maschi), oppure se hanno anche una vita e interessi fuori, che per altro costituiscono un argine a ogni tentazione divorante del figlio, rischiano di essere madri senza cuore, incapaci di accudimento. Che il narcisismo sia un tratto della contemporaneità è cosa certa. Nell’infinita varietà che tutti i giorni osserviamo nei modi dell’essere madri, ci sta di certo anche il tipo di madre che descrive Recalcati. Ma la realtà è infinitamente più complessa.

di Cristina Tirinzoni

Articoli correlati