CECILIA LUCCHESI: IN NOME DELLA ROSA

Sono tante, e sempre di più, le donne che si mettono in evidenza come vivaiste specializzate o giardiniere. È sufficiente scorrere il catalogo di qualche mostra o andare a qualche fiera, per vedere quante siano brave, grintose e appassionate. «E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa, che ha fatto la tua rosa così importante». Così diceva la volpe al Piccolo Principe. Cecilia Lucchesi, fiorentina, con il marito Arnaud Duquennoy, francese, hanno impiegato tanto tempo, passione e dedizione per far fiorire MondoRose, uno dei più apprezzati vivai specializzati in rose, alle porte di Firenze, in località Sieci. Immerso in un giardino accogliente lungo il fiume Arno, con un delizioso laghetto artificiale dove confluiscono le acque di recupero dell’irrigazione, è interamente circondato da rampicanti e nella zona più umida da salici utili per ricavarne il materiale per l’intreccio.
«E’ stato durante un viaggio in Inghilterra, in visita ai giardini del Kent, del Sussex e Londra che mi sono innamorata delle rose botaniche», dice Cecilia. «Sono capitata proprio nel momento della massima fioritura: rose di ogni foggia, sfumatura, portamento e cresciute libere nel loro più spontaneo sviluppo». Quando parla del suo rapporto col lavoro, pronuncia spesso la parola felicità. «Proprio così, si può essere assolutamente felici per la splendida fioritura delle rose botaniche, ora che alcune piante madri hanno raggiunto un’altezza di oltre i due metri». Stretta di mano vigorosa di chi è abituato alla concretezza («In un’epoca tutta virtuale, è bello affondare le mani nelle zolle di terriccio»). Gli occhi sono di una sognatrice, di una persona capace di meravigliarsi di fronte al germinare di un cinorrodo (il falso frutto o bacca). Il vivaio è stato il compimento di una passione che si è evoluta col passare degli anni, dice, una passione che ha condiviso col marito Arnaud, entusiasta sostenitore e buon consigliere, e finalmente ha trovato libero sfogo dopo quello che Cecilia considera “un appuntamento del destino”.

Com’è nata questa sua passione/professione? 
«Sono cresciuta in una casa di campagna circondata da un grande giardino e un orto e ho sempre visto da piccola i miei curarli con molto amore. Si è sviluppata una passione per la natura, ma non sufficiente a immaginare che si sarebbe potuta trasformare in una professione. La mia formazione è infatti piuttosto singolare: laurea breve in economia, e poi un lavoro di responsabilità in una Ong specializzata nella cooperazione allo sviluppo agricolo, in Africa e in America Latina: mi occupavo degli studi di fattibilità e della gestione di progetti, sempre in giro per il mondo. Nel 1997, con la prima gravidanza decisi di mollare tutto, lo confesso, all’inizio anche un po’ a malincuore. La nascita prima di Rocco, che oggi ha 18 anni e poi di Adele, che ne ha 15, fu lo stimolo per reinventarmi una nuova attività, nata grazie alle insondabili alchimie del destino. Il vivaio nasce infatti dalla scoperta, con mio marito, di questo luogo meraviglioso». 

Ce lo racconta?
«Un giorno del 1997 il cuore ci ha portati al Roseto Botanico Carla Fineschi di Cavriglia (nel Valdarno aretino, circa 50 km da Firenze). Il Roseto, che era stato creato nel 1967 dal professore Gianfranco Fineschi, ortopedico di fama mondiale e uno dei chirurghi di Papa Wojtyla, e di sua moglie Carla, alla cui memoria è dedicato il giardino, raccoglie una grandissima varietà di rose provenienti da tutto il mondo, alcune ormai introvabili, organizzate con rigoroso metodo scientifico. E’ stato un colpo di fulmine qualcosa che ti entra sottilmente per non lasciarti più. Il professor Fineschi ci dette la possibilità di aprire un nostro piccolo vivaio all’interno del giardino Abbiamo cominciato a riprodurre le piante del roseto e a venderle nello spaccio del giardino. Un’attività tanto piccola e artigianale da sembrare un esperimento e basta. Avuta però conferma della bontà dell’idea e della capacità di gestirla, abbiamo investito sul futuro con un nostro vivaio a Le Sieci, sulla via che da Firenze porta a Arezzo, senza mai interrompere quel rapporto di amore con il Roseto (oggi gestito dalle figlie del professore Fineschi), che è stato la miccia dell’attività. Per anni non ci sono state vacanze, perché bisognava bagnare le giovani piante e mai perderle d’occhio, e continuare a realizzare altre parti del vivaio ma non sentivamo questo come un sacrificio, era la nostra vita e la nostra gioia».

Quante rose ha oggi?
«Circa 20mila piante in fiore, oltre 500 varietà tra rose antiche, inglesi e moderne da collezione ma soprattutto rose botaniche, a cespuglio e rampicanti».

Le più belle?
«E come faccio a dirlo? Rimango sempre incantata davanti a una rosa. Non smette di sorprendermi, la sua bellezza e il suo mistero sono assoluti. E’ resistente ma tenera, spinosa ma vellutata… E’ il centro armonioso del regno delle piante, un’espressione dell’armonia più grande».

Il suo “primo amore”?
«La rosa botanica, quella che troviamo in natura allo stato spontaneo. Per la sua forza, il portamento libero, quelle spine tanto aguzze e la sobrietà delle corolle. E’ lei la rosa originaria della specie, la madre di tutte le rose! In lei è racchiusa la storia del mondo. E questo lo si vede, lo si annusa, lo si sente. Della specie originaria se ne contano oggi circa 150 specie, sparse un po’ in tutto il mondo, da cui derivano le innumerevoli varietà di rose moderne dovute all’intervento umano con infiniti ibridi e incroci».

Cosa significa gestire un vivaio?
«Occuparsi di tanti aspetti, essere al corrente di tutto perché in un piccolo-grande vivaio come il nostro, piccolo per estensione ma grande per impegno e passione, tutto deve passare al vaglio, tutto è ragionato e meditato, messo a confronto, sperimentato. Non mi occupo dell’aspetto amministrativo, anche perché mio marito Arnaud svolge, tra gli altri lavori, anche questo in modo corretto e puntuale. Le attività che svolgo più assiduamente sono legate alla progettazione del vivaio; dallo studio della collezione, all’organizzazione dei corsi ed eventi come Vivaio Porte Aperte, ai rapporti con i clienti nella consulenza e progettazione dei giardini. Come dicono i nostri collaboratori, a MondoRose vige un alto senso di collaborazione e rispetto reciproco, cosa di cui vado fiera».

Le parole chiave del suo lavoro?
«Non ci sono. Piuttosto un’attitudine, una filosofia. Vorrei fare il più possibile con la natura, il meno possibile contro. Ecco se vuole una parola è: sostenibilità, la sfida di oggi è quella di realizzare giardini a basso impatto ambientale. Un giardino naturale, a bassa manutenzione e a ridotta necessità idrica. Erbacce perenni e piante aromatiche, come le salvie ornamentali, veronica dalle rinfiorescenze viola rosa o bianche a pannocchia, gaura, coreopsis, anemoni, penstemon, achillea, platicodum solo per citarne alcune, e poi cisti, mirto, e piante specie officinali che MondoRose propone, si inseriscono perfettamente con le rose e permettono il mantenimento della biodiversità nel giardino».

Lei progetta e realizza anche giardini. Da dove trae ispirazione? Quali sono i suoi punti di riferimento?
«La suggestione è in gran parte dettata dal luogo. Ogni luogo ha un’anima, uno spirito che lo permea. Sta al bravo progettista avere la capacità di coglierlo e svilupparlo in un progetto coerente e organico. Traggo ispirazione dalle piante, sono organismi sempre sorprendenti. L’arte del verde significa scrutare il paesaggio, interrogare il terreno, ascoltare i suggerimenti del clima e della vegetazione autoctona, aspettare, osservare, ricominciare. Oltre ad armonizzarsi con l’ambiente circostante, ritengo sia  fondamentale progettare qualcosa che vada incontro ai desideri del committente, creare qualcosa che gli somigli, donandogli benessere. Ed è altrettanto importante non cedere quando le richieste sono insensate! Il risultato di questo processo sarà un giardino che avrà qualcosa da raccontare».

Per info: MondoRose – Via Aretina 241, Sieci, Firenze.

Tel 055 8328725 – fax 055 8363652; info@mondorose.it; www.mondorose.it

Tra i riconoscimenti, il vivaio MondoRose è stato premiato per la collezione botanica di rose presso l’importante fiera a Colorno (Parma); il premio alla Fiera Orticola di Milano e alla Fiera Landriana di Roma, per la salvaguardia di specie antiche, di notevole valore storico, e per aver rimesso sul mercato la varietà Paul Neyron, rosa perenne che da tanti anni non veniva coltivata. MondoRose ha di recente partecipato al restauro storico del giardino di Villa Bardini e a quello di Villa Borghese di Roma.

SALUTE E BELLEZZA IN UN FIORE
Avete mai pensato che una rosa si potesse anche mangiare? Le rose offrono indimenticabili suggestioni culinarie: dalle confetture di marmellata e gelatina di rosa, agli sciroppi e agli aceti profumati, dai boccioli canditi ai dolcetti di burro di rosa. I frutti della rosa canina sono tanto aromatici e gustosi quanto i chicchi del caffè. Il tè fatto con i petali di rosa è una meravigliosa medicina naturale, specialmente quando fa freddo. I cinorrodi della rosa canina sono infatti un concentrato di vitamine: oltre alla C, contengono le vitamine B1, B2, P, K e carotene. Ecco perché gli estratti e lo sciroppo dei frutti della rosa sono un valido aiuto contro il raffreddore, la tosse, l’influenza, la bronchite cronica. Non è tutto. La rosa ha un potere benefico anche sull’intero apparato digerente: è infatti un ottimo astringente intestinale, vasoprotettore. Nell’aromaterapia, la rosa viene usata per le sue proprietà rilassanti che agiscono sulla tensione muscolare causata da disturbi nervosi, sull’insonnia e sulla depressione A livello cosmetico, l’olio essenziale di rosa idrata l’epidermide in profondità e svolge un’azione calmante, lenitiva. 

di Cristina Tirinzoni

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