ANTIBIOTICI AI BAMBINI: QUANDO E COME USARLI

L’Italia sembra essere uno dei Paesi europei in cui si usano più antibiotici e anche quello in cui si registra un elevato livello di antibiotico-resistenze. Il motivo è legato all’uso non sempre appropriato di questi farmaci. Ne abbiamo parlato con la professoressa Susanna Esposito, presidente SITIP e WAidid (World Association for Infectious Diseases and Immological Disorders) e direttore dell’Unità di Pediatria ad alta intensità di cura del Policlinico di Milano.

In quali casi usare gli antibiotici nei bambini?

«Anzitutto raccomandiamo ai genitori di non somministrare arbitrariamente gli antibiotici alle prime linee di febbre dei bambini. Lo stato febbrile deve persistere da almeno 48-72 ore e deve essere resistente al paracetamolo o all’ibuprofene, farmaci di prima scelta per la febbre. Inoltre la prescrizione di antibiotici deve necessariamente essere fatta dal pediatra. Troppo spesso i genitori commettono l’errore di somministrare di propria iniziativa ai bimbi antibiotici, magari in presenza di febbre provocata da virus, come è il caso dell’influenza, che non risponde però agli antibiotici».

Quali sono i batteri più diffusi in età pediatrica e quali patologie provocano?

«Attualmente ai classici batteri molto diffusi che provocano infezioni respiratorie, come lo pneumococco e lo stafilococco, si stanno affiancando ceppi “modificati”, resistenti agli antibiotici e più aggressivi. E’ il caso dello stafilococco meticillino-resistente: può provocare infezioni cutanee e ossee (osteomieliti e artriti settiche), difficili da trattare, che richiedono il ricovero in ospedale e il trattamento con iniezioni endovena per 6/8 settimane. Anche lo pneumococco, principale responsabile di polmoniti (20-40%), ma anche meningiti (50%) e otiti medie acute (30-50%), si presenta oggi con sierotipi, più aggressivi (19A,1,3) che possono causare pleuro-polmoniti, difficili da curare. Lo stesso per il batterio della tubercolosi (Mycobacterium tuberculosis) che può causare focolai epidemici con ceppi resistenti, da individuare precocemente per limitarne la diffusione».

Si è parlato tanto a questo Congresso di vaccino contro lo pneumococco, consigliato nel primo anno di vita. Ma protegge anche dai ceppi batterici “modificati”?

«Il vaccino PCV13 è efficace nel medio e breve termine contri i sierotipi di pneumococco più aggressivi Da uno studio che abbiamo condotto nelle scuole di Milano su più di 2 mila bambini, abbiamo registrato che nella metà dei bambini delle elementari e nel 30-35% degli adolescenti, pur vaccinati nel primo anno di vita contro lo pneumococco con vaccino PCV13, si sono trovati ancora nel tampone faringeo alcuni sierotipi di questi batteri. La presenza di questi ceppi batterici, nonostante la vaccinazione e in assenza comunque di malattia, ha indotto la Società di Infettivologia Pediatrica a sottolineare l’importanza del monitoraggio delle patologie causate da questo agente patogeno per comprendere se può essere necessario un richiamo con il vaccino PCV13 anche dopo i cinque anni».

di Paola Trombetta

MANCANO STRUTTURE PER CURARE IL VIRUS EBOLA

«In Italia ci sono solo due ospedali (il Sacco a Milano e lo Spallanzani a Roma) per la gestione dei casi sospetti di Ebola, ma nessuno dei due presenta le caratteristiche per l’assistenza ai bambini e alle donne in attesa di un figlio con possibile infezione». E’ l’osservazione fatta dalla professoressa Susanna Esposito agli specialisti intervenuti al Congresso di Infettivologia pediatrica di Milano. «In particolare i neonati e i bambini più piccoli, con presunta infezione, devono essere assistiti in ospedali dotati, non solo di apposite stanze di isolamento, ma anche di competenze pediatriche e infettivologiche, di terapie intensive neonatali e pediatriche, specializzate nell’assistenza all’emergenza-urgenza, nei primi anni di vita. L’infezione infatti ha un periodo di incubazione che varia da 2 a 21 giorni e viene confermata da un test di laboratorio: il paziente, che comunque deve essere tenuto in osservazione, diventa “contagioso” solo quando comincia a manifestare sintomi come febbre, dolori muscolari, debolezza, mal di testa e di gola, vomito, diarrea, insufficienza renale ed epatica e, nei casi più gravi, emorragia. In questi casi, il ricovero in reparti appositamente attrezzati per queste emergenze, diventa fondamentale, soprattutto per i bambini».    (Paola Trombetta)

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