SEMPRE PIU’ DONNE MALATE DI BPCO

Viene spesso diagnosticata come semplice bronchite cronica, trascurando, nella diagnosi, quel particolare affanno del respiro (dispnea) che caratterizza la BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva), una malattia che colpisce il 5-6% della popolazione, soprattutto le donne fumatrici che in Italia sono in aumento, essendo passate dal 18% a più del 22%. Un’indagine, presentata al recente Congresso europeo sulle malattie respiratorie di Barcellona (ERS), conferma la stima di aumento dell’incidenza, entro il 2020, della BPCO nelle donne del 130% rispetto al 50% negli uomini. Non solo: l’incremento si registra in età sempre più giovane, al di sotto dei 40-45 anni.

«Nelle donne la malattia viene spesso sottodiagnosticata e il 20-30% dei medici non fa diagnosi di BPCO, pur avendo a disposizione un esame strumentale, come la spirometria, che valuta la funzionalità respiratoria e può individuare precocemente la patologia», puntualizza la professoressa Anna Maria Moretti, direttore dell’Unità di malattie respiratorie del Policlinico di Bari. «Ma anche qui ci sono delle differenze “di genere”: l’esame spirometrico viene effettuato nel 21% degli uomini e nel 16% delle donne». I dati italiani si sovrappongono a quelli internazionali, dai quali si evince che il 6% delle donne, di età superiore a 45 anni, presenta un’ostruzione bronchiale cronica moderata-severa, con un tasso più elevato di mortalità: entro il 2020 la BPCO dovrebbe addirittura diventare la terza causa di morte nel mondo, dopo le malattie cardiovascolari e i tumori.

«L’OMS conferma che nel mondo il tabagismo è in costante aumento (oltre un miliardo di fumatori) e, nei Paesi occidentali, questo incremento si registra soprattutto nelle donne», fa notare la dottoressa Monica Fletcher, presidente della Fondazione Europea per le Malattie polmonari. «Nelle donne il fumo ha un impatto più negativo a livello polmonare rispetto agli uomini, causando un’insorgenza più precoce della BPCO, maggiori probabilità di svilupparla in forma grave, con sintomi, soprattutto dispnea (mancanza di respiro), più accentuati». Recenti studi condotti in diversi Paesi europei hanno dimostrato che le donne presentano un declino più rapido della funzione respiratoria (48,7% nelle donne rispetto al 55,8% negli uomini) e arrivano a stadi più gravi di patologia (41,7% rispetto al 31,1% degli uomini). Da notare però che il 15% dei pazienti con BPCO non sono tabagisti e di questi l’80% sono donne. «Questo dato suggerisce una maggiore sensibilità dell’apparato respiratorio femminile ad altri agenti causali, quali l’inquinamento atmosferico, che si accentua nelle donne con l’esposizione a fattori di rischio domestici, come i vapori di cottura e i gas utilizzati in cucine poco areate», conclude la dottoressa Fletcher. «Come ultimo dato “al femminile”, i sintomi nelle donne sono più gravi rispetto agli uomini, con maggiore frequenza di riacutizzazioni, anche se il numero dei ricoveri non sembra differente tra i due sessi. E questo perché la BPCO nelle donne – come si diceva – viene spesso sottodiagnosticata e si ricorre al ricovero solo nei casi più gravi. Anche le terapie vengono utilizzate con minore frequenza e la compliance è inferiore».

Per questo sono stati studiati farmaci sempre più innovativi e pratici da usare. Come la nuova combinazione di due molecole (aclidinio e formeterolo), da somministrare con un particolare inalatore (Genuair) progettato per garantire una maggiore sicurezza e comodità di assunzione. «Due studi recenti presentati al congresso di Barcellona (ACLIFORM/COPD e AUGMENT/COPD), condotti in 25 Paesi al mondo su 3400 pazienti, hanno dimostrato che la combinazione di questi due farmaci, come terapia di mantenimento cronica due volte al giorno, ha migliorato la dispnea (sintomo principale della BPCO) e la qualità di vita dei pazienti», precisa il professor Alvar Agusti, direttore dell’Istituto clinico di malattie del torace dell’Università di Barcellona. «Questo dipende anche dalla modalità di somministrazione, con un innovativo device che fornisce al paziente due segnali ben precisi (un click e l’accensione di una luce) quando viene correttamente inalato il farmaco. Uno dei principali problemi dei questi dispositivi è infatti la giusta dose da inalare, che in questo caso viene assicurata anche da un sistema di sicurezza che impedisce una successiva erogazione».

Un altro nuovo device (Breezhaler), presentato al Congresso, è un inalatore monodose, che viene attivato dall’inspirazione di chi lo usa e permette al paziente di sentire il sapore della sostanza inalata e percepire lo scatto dell’avvenuta erogazione. «Con questo dispositivo viene somministrato un farmaco broncodilatatore (glicopirronio bromuro), molto efficace, che consente una sola inalazione giornaliera», puntualizza il professor Francesco Blasi, docente di Malattie dell’Apparato respiratorio dell’Università di Milano e presidente del Congresso. «Agisce rapidamente (entro 5 minuti) e la sua efficacia dura a lungo: per questo allevia subito i sintomi al risveglio mattutino, i più critici della giornata perché durante la notte si crea un ristagno di secrezioni nell’albero respiratorio, e mantiene un rilascio costante nell’arco delle 24 ore, così da rendere sufficiente un’unica somministrazione giornaliera».

di Paola Trombetta

Articoli correlati