E’ ALLARME ENERGY DRINK

 

Salute a rischio, anche dentro una lattina. Fanno discutere gli energy drink, le bevande energizzanti che, secondo l’ultimo rapporto Istat, sono entrate nel paniere degli italiani: ne fanno uso soprattutto i giovani tra i 18 e i 35 anni, ma il loro consumo è in rapido aumento – salito al 57% – anche tra gli adolescenti. A preoccupare è l’elevato quantitativo di caffeina e guaranà che, se ingerito in apporto superiore a una lattina, può essere responsabile di importanti effetti collaterali. Ma indistintamente giovani e adulti li bevono, come una qualsiasi altra bibita analcolica, ignari del rischio che corrono. «I livelli di caffeina contenuti in una confezione o in una bottiglia di energy drink – spiega il Professor Gioacchino Calapai, docente di Farmacologia all’Università degli Studi di Messina e autore di uno studio italiano (pionieristico) che già nel 2007 aveva segnalato il problema – possono variare da circa 80 a più di 500 milligrammi. Valori al limite per gli adulti, la cui dose giornaliera di caffeina consigliata non deve eccedere i 400 mg, ma assolutamente nocivi nei giovani per i quali i livelli adeguati si abbassano a 100 mg». L’allarme all’abuso di energy drink arriva soprattutto dagli Stati Uniti dove, secondo il rapporto dell’agenzia governativa Substance Abuse and Mental Health Service Administration (Samhsa), il loro consumo ha raddoppiato il numero di ricoveri al pronto soccorso passando nell’arco di quattro anni da 10mila a più di 20mila. «Gli effetti sull’organismo prodotti dalla bevanda – continua Calapai – comprendono insonnia, nervosismo, mal di testa, tachicardia, battito cardiaco accelerato fino alle convulsioni nei casi più seri». Ma la loro influenza può essere anche peggiore: secondo gli ultimi dati presentati dall’American Heart Association, in occasione del congresso Epidemiology and Prevention – Nutrition, Physical Activity and Metabolism 2013, le bibite zuccherate, le bevande ‘sportive’ e quelle energizzanti di frutta sono associate a circa 180 mila morti in tutto il mondo ogni anno, quali responsabili dell’aumentato rischio di sviluppare diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro. Non è solo la minore soglia di tolleranza alla caffeina dei giovani a preoccupare. Si sottovalutano anche i luoghi e le modalità con cui essi consumano la bevanda. «Molti giovani scelgono di bere energy drink durante le notti passate a studiare prima degli esami o per tirare tardi in discoteca. Specie se bevuti di sera, gli energy drink a base di glucosio, carnitina o taurina – dichiara ancora Calapai – possono da una parte contrastare la sensazione di affaticamento alterando la percezione della stanchezza, ma nello stesso tempo esporre a un rischio maggiore di improvvisi colpi di sonno». Ma il rischio aumenta notevolmente se vengono mescolati ad alcolici. «Le sostanze stimolanti mascherano, infatti, l’effetto depressivo dell’alcol e portano a non accorgersi del grado di ebbrezza, invitando a una ulteriore assunzione e abuso di alcol». Un circolo vizioso, insomma. L’unica soluzione possibile per contrastare la diffusione e l’incremento di energy drink, specie tra le fasce di popolazione più deboli, quelle degli adolescenti – suggerisce il Comitato Nazionale per la sicurezza alimentare – è vietarne la vendita on-line, evitarne la promozione in abbinamento con bevande alcoliche e la commercializzazione negli ambienti scolastici e nei canali diretti ai bambini sotto i 12 anni. L’Italia, però, sembra poter stare un po’ più tranquilla. «La concentrazione massima di caffeina negli energy drink commercializzati nel nostro Paese è pari a 320 mg/l, ed è chiaramente segnalata in etichetta, assieme all’indicazione “tenore elevato di caffeina”, per favorire scelte consapevoli e permettere a ciascuno di regolarsi nel consumo di queste bevande, così come si fa per il caffè o il tè». Anche se non contengono alcol, in ogni caso, per il loro contenuto di caffeina, gli energy drink non sono ovviamente raccomandati ai bambini, alle donne incinte o alle persone sensibili alla caffeina e per gli specialisti non dovrebbero essere neppure bibite classificabili come alimenti, a causa delle conseguenze farmacologiche possibili in alcuni casi.

Francesca Morelli

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