Dall’ASCO di Chicago buone notizie per la cura del melanoma

Il melanoma metastatico è il tipo di tumore della pelle più aggressivo e con prognosi infausta, associato a bassi tassi di sopravvivenza. Interessa sempre più i giovani e ogni anno in Italia si registrano circa 6 mila nuovi casi. Buone notizie arrivano dai nuovi trattamenti, presentati al Congresso mondiale di Oncologia ASCO che si è appena concluso a Chicago (2-6 giugno). <Fino al 2011 per trattare il melanoma metastatico c’era solo la chemioterapia, con il 25% di sopravvivenza a un anno>, conferma la professoressa Paola Queirolo, presidente dell’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI) presso l’Irccs San Martino di Genova. <Oggi sono in uso clinico farmaci immunoterapici, che hanno addirittura triplicato la sopravvivenza, passando dal 25% al 75% a un anno e pare che i vantaggi si mantengano anche negli anni successivi>. Un altro filone di ricerca riguarda quella metà di tumori che presentano la mutazione del gene BRAF, un bersaglio chiave nel trattamento del melanoma metastatico. Lo studio COLUMBUS, presentato all’ASCO, ha riportato i dati raccolti dai pazienti di oltre 200 centri tra Nord America, Europa, Sud America, Africa, Asia e Australia, per valutare l’efficacia e la sicurezza dell’associazione di due farmaci: encorafenib e binimetinib. <Si tratta di una target therapy di nuova generazione, con un profilo farmaco dinamico più favorevole rispetto alle altre combinazioni>, ha precisato Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e Direttore Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione “G. Pascale” di Napoli. <Questa associazione, oltre agli ottimi risultati di efficacia, ha un profilo di sicurezza migliore: meno febbre e meno fotosensibilità>. L’associazione di encorafenib e binimetinib è dunque generalmente ben tollerata. Gli unici eventi avversi di grado 3-4 comparsi in più del 5% dei pazienti in trattamento con l’associazione sono stati un aumento della gamma-glutamiltransferasi (9%), un aumento della creatina fosfochinasi (7%) e ipertensione (6%). Nei pazienti in trattamento l’incidenza di eventi avversi, definita in base alle tossicità normalmente associate ai trattamenti inibitori di BRAF+MEK disponibili in commercio, ha incluso: rash (22%), retinopatia sierosa con distacco dell’epitelio pigmentato della retina (20%), piressia (18%) e fotosensibilità (5%). I risultati integrali della Parte 1 dello studio COLUMBUS sono stati pubblicati su The Lancet Oncology.

 di Paola Trombetta

 

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