COSA NASCONDONO I CUBETTI DI GHIACCIO?

Tintinnano nei bicchieri di casa e dei locali e a volte si passano pure sulla fronte e sui polsi, in estate, per trovare un po’ di refrigerio dalla calura. Insomma i cubetti di ghiaccio si ricercano con avidità senza sapere però che, nella loro trasparenza, nascondono dei batteri, talvolta nemici della salute. La scoperta è emersa da uno studio dell’Università di Palermo, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali, che a seguito del ‘Manuale di corretta prassi operativa per la produzione di ghiaccio alimentare’ redatto e diffuso dal Ministero della Salute, ha avviato uno studio specifico, che ha raffrontato la bontà (di cubetti) di ghiaccio prodotti da cinque industrie di settore, da cinque attività di ristorazione e da cinque freezer prelevandoli in due momenti diversi, a distanza di un mese, lasciandoli liquefare per poi analizzare i differenti campioni di acqua. Allora, i cubetti sono sani e sicuri? La risposta è nì. Ovvero tutti, al loro interno, conterrebbero batteri che nell’acqua potabile di norma dovrebbero essere sempre assenti. In particolare il ghiaccio di produzione industriale o di locali pubblici presenterebbe enterococchi che, se ingeriti, possono sviluppare resistenza agli antibiotici, ma anche pseudomonas e coliformi, questi ultimi dannosi soprattutto per persone fragili, come bambini, anziani, o soggetti con ridotta capacità di difesa immunitaria, mentre il ghiaccio casalingo sarebbe abitato soprattutto da pseudomonas e coliformi.

In buona sostanza, sebbene al ghiaccio di autoproduzione non sono correlati rischi gravi e specifici, sarebbe comunque necessario adottare delle misure preventive per proteggere soprattutto i cubetti fatti in casa. Tra le regole base è importante assicurarsi di introdurre l’acqua del rubinetto in contenitori perfettamente puliti. Non ci si deve preoccupare del calcare che potrebbe dare adito a cubetti bianchi, opachi e/o lattiginosi: è una normale componente dell’acqua e non è indice di contaminazione. Mentre sarebbe importante far analizzare periodicamente la qualità dell’acqua (espressione delle sanità della rete idrica) e laddove necessario dotarsi di un impianto di filtrazione o di una macchina per la produzione di ghiaccio. «Questo perché in tutti i 15 campioni – ha dichiarato Luca Settanni, coordinatore della ricerca – sono stati trovati contaminanti tipici delle tubature e molte muffe, queste ultime riferibili soprattutto al ghiaccio casalingo. È dunque consigliato proteggere i contenitori dal contatto con il diverso contenuto alimentare del freezer, così come dalla sfarinatura della brina che imprigiona le particelle di polvere e cibi».

Mentre al bar, a che cosa fare attenzione? Ad esempio che il ghiaccio non vengo toccato con le mani e neppure prelevato dal tumbler (il porta ghiaccio) direttamente con il bicchiere in quanto c’è il rischio che il bordo del contenitore  possa essere stato ‘manipolato’ e quindi non essere perfettamente pulito. I cubetti più igienici sono quelli che non sono tenuti in vasche aperte a contatto con agenti batterici di ogni sorta o in glacette dove possono essere state poste, prima, bottiglie di ogni sorta e che vengono serviti con l’uso di molle o e/o pinze. È bene dare poi una occhiata veloce al bancone: se non è perfettamente in ordine e pulito meglio non farsi aggiungere ghiaccio nelle bevande.  

Ogni ulteriore indicazione per tutelarsi da rischi ‘da cubetto di ghiaccio’, sia di tipo fisico, chimico e/o biologico o da errori prevenibili è disponibile nell’opuscolo sopracitato al link: http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_paginearee_1187_listafile_itemname_0_file.pdf

(Francesca Morelli)

 

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