«Avevo 22 anni ed ero serena. Per l’abitudine di mia mamma di voler sottoporre me e mio fratello alle analisi, avevo notato un valore del sangue un po’ anomalo. Da lì un’ecografia addome-pelvica e poi una lastra al torace, da cui ci siamo accorti che c’era una massa tra i polmoni. Quando siamo andati dalla dottoressa per il referto, sentivo mia mamma che piangeva dentro la stanza. Avevo capito che si trattava di un tumore: un linfoma di Hodgkin. La prima cosa che ho pensato è stata che mi dispiaceva per la mia famiglia perché avevo bisogno di loro. Mia mamma è stata per me un supporto fondamentale. Nel giro di un mese avevo cominciato la chemioterapia. Non ho mai messo parrucche, perché non volevo nascondere la mia malattia: mi coprivo a volte con dei copricapo. Purtroppo, con la malattia, non sono riuscita a tenere strette alcune persone a cui tenevo molto. Mi sono rifugiata nei libri e nella mia famiglia. All’inizio purtroppo non ho risposto molto bene alla chemioterapia e me l’hanno cambiata. Mi avevano comunque avvertito che, prima o poi, avrei dovuto sottopormi a un autotrapianto di midollo. Prima di fare questo, però, la malattia è stata per qualche mese in remissione. Ricordo quando sono tornata a casa che mi avevano festeggiato addirittura con la sorpresa dei fuochi d’artificio. Dopo sei mesi dal trapianto ho fatto il primo controllo TAC-PET e mi avevano detto che era tornata la malattia. In quell’epoca c’era stata una ricercatrice che era riuscita a trovare una cura per la remissione completa della malattia. Ricordo infatti di essermi sottoposta a terapie innovative che mi hanno salvata. Ho provato sulla mia pelle l’importanza della ricerca: le mie terapie erano frutto di studi, sperimentazioni e innovazione. Sono stata seguita a Milano da specialisti di altissimo livello che mi hanno mostrato anche il lato umano di questo settore, fatto da medici empatici, vicini al letto del paziente e non chiusi nei loro laboratori. E ho sperimentato con mano che la ricerca è vita!».
Sono sempre più numerose le testimonianze di persone che superano la malattia come Roberta, 37 anni di Rieti, alla quale nella primavera del 2010 è stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin, oggi in totale remissione. Accanto a Roberta c’è sempre stata mamma Carla. «La notizia della diagnosi ha fermato tutto il resto. Abbiamo attraversato insieme un lungo tunnel cercando di seguire la lucina in fondo. La cosa peggiore è la sensazione di impotenza, quella per un genitore è devastante, non ti resta che affidarti completamente ai medici e andare avanti con fiducia». Roberta e Carla raccontano la loro storia in questo video.
I dati aggiornati dei tumori
In Italia lo scorso anno sono state stimate 175.600 nuove diagnosi nelle donne. I tumori più frequenti sono quelli della mammella (53.065 nuovi casi), del colon-retto (21.233), del polmone (12.940), dell’utero (8.652), della tiroide (8.322), del pancreas (6.712), il linfoma non-Hodgkin (5.950), il melanoma cutaneo (5.872), il cancro della vescica (5.789) e dello stomaco (5.512), secondo i dati AIOM-AIRTUM del 2024.
Oggi 2 donne su 3 che si ammalano di tumore sono vive a cinque anni dalla diagnosi grazie ai progressi della ricerca che hanno reso disponibili metodi per diagnosi sempre più precoci, approcci chirurgici meno invasivi e terapie più precise, mirate e meglio tollerate. Esistono però notevoli differenze tra i diversi tipi di tumore: dopo un cancro al seno l’88% delle donne è viva a cinque anni dalla diagnosi, mentre per le donne colpite da un tumore ginecologico le percentuali sono del 79% per il tumore del corpo dell’utero, 68% per la cervice uterina e 43% per l’ovaio. La diagnosi precoce ha un ruolo fondamentale nell’aumentare le probabilità di superare la malattia. Nel tumore dell’ovaio, per cui ancora non esistono test specifici per la diagnosi precoce, l’80% circa dei casi viene identificato quando la malattia è già progredita, riducendo notevolmente le probabilità di guarigione. Gli scienziati stanno lavorando al miglioramento delle cure con la messa a punto di nuovi chemioterapici. Tra i composti recenti vi sono alcuni prodotti naturali come un potente maitansinoide estratto da una pianta veicolato da anticorpi che lo concentrano nel tumore. Ed è a volte usata in seconda linea la trabectedina, di origine marina, sviluppata da Maurizio D’Incalci e dal suo gruppo, oggi presso IRCCS Istituto Clinico Humanitas, grazie al sostegno continuativo di AIRC. Inoltre si sta studiando l’introduzione di terapie a bersaglio molecolare, usate sia come prima linea di trattamento, sia in caso di recidiva. E si stanno cercando metodi innovativi per la diagnosi precoce.
L’Azalea della Ricerca per raccogliere fondi
L’Azalea della Ricerca torna domenica 11 maggio, in occasione della Festa della Mamma, a colorare 3.900 piazze in tutta Italia. Migliaia di volontari di Fondazione AIRC saranno impegnati a distribuire 600 mila piantine a fronte di una donazione minima di 18 euro, una giornata importante per ricordare 60 anni di impegno a sostegno della migliore ricerca oncologica indipendente. L’Azalea è disponibile anche su Amazon. Tutte le informazioni e i punti di distribuzione sul territorio, sul sito: www.azaleadellaricerca.it
Nata nel 1984, prima campagna di raccolta fondi sulle piazze, L’Azalea della Ricerca continua a rappresentare l’appuntamento di riferimento per festeggiare le mamme e le donne con un fiore, diventato un vero e proprio simbolo della salute al femminile. Questa iniziativa ha consentito ad AIRC di raccogliere fondi per garantire continuità a medici e ricercatori impegnati ad affrontare i tumori che colpiscono le donne. L’appuntamento è anche l’occasione per promuovere l’importanza della prevenzione e raccontare i più importanti traguardi raggiunti dalla ricerca oncologica. In piazza, insieme alla piantina, sarà distribuita una pubblicazione speciale sui tumori che colpiscono le donne, con testimonianze e informazioni utili per sfatare molti falsi miti.
di Paola Trombetta