Papillomavirus: in calo la prevenzione, occorre informare più giovani

Eliminare entro il 2030 il tumore della cervice uterina. È l’obiettivo OMS una sfida importante che richiede più informazione sul Papillomavirus (HPV), il principale fattore di rischio per questo tipo di tumore, e una maggiore informazione sugli strumenti di prevenzione oggi disponibili: il vaccino e gli esami di screening dedicati. Eppure, nonostante le opportunità, i numeri restano elevati: 604 mila nuovi casi nel mondo e 342 mila decessi solo nel 2020; 3mila casi e circa mille morti ogni anno in Italia, riconducibili alla sola infezione da HPV che si contrae per trasmissione sessuale o tramite contatto diretto da mucose.
Ad aggravare il problema, anche la pandemia che ha fatto ritardare o mancare esami, visite di controllo e di vaccinazione che non ha ancora raggiunto una copertura ottimale come attesta il Rapporto “Papillomavirus: lotta ai tumori. Per una cultura della prevenzione” presentato dal Censis in occasione della Giornata internazionale contro l’HPV (4 marzo). La copertura dello screening tra le donne dai 25 ai 64 anni, secondo i dati documentati, è passata dall’81% del 2019 a poco più del 77% del 2020; la copertura vaccinale per il ciclo completo è scesa dal 41% del 2019 al 30% del 2020 tra le bambine undicenni, per le quali la vaccinazione è offerta gratuitamente, e dal 32% al 24% tra i maschi.

«La copertura vaccinale media per l’HPV nelle ragazze – dichiara Ketty Vaccaro, Responsabile dell’Area Welfare e salute del Censis – è al di sotto della soglia ottimale prevista dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (95% nel dodicesimo anno di età). Anche a livello regionale, nessuna Regione o Provincia autonoma raggiunge il 95% di copertura. Un arresto che dipende anche dall’operatività dei servizi vaccinali: concentrati a contrastare Covid, la chiamata attiva per la vaccinazione anti-HPV ha subito un sensibile decremento dal 56% del 2019 a poco più del 43% nel 2022».

Occorre però dare risalto anche a un aspetto positivo: cresce l’intenzione dei genitori di far vaccinare contro l’HPV i propri figli. La propensione è positiva anche verso l’esecuzione di altri test mirati: tra le fasce di età più alte, pap-test e HPV-test sono stati i controlli più effettuati nell’ultimo triennio, con punte del 63% tra le donne del campione. E, in parallelo, migliora anche la conoscenza sugli screening: il Pap-test è uno strumento di prevenzione consolidato, conosciuto da quasi tutte le donne; al contrario dell’HPV-test, di più recente introduzione, conosciuto solo dal 51% dei genitori.

Allora cosa è necessario fare? Continuare a parlare di HPV e di prevenzione in maniera trasversale e capillare: sfruttando tutti i mezzi, campagne di comunicazione e sensibilizzazione, attraverso canali tradizionali e social, con linguaggi e iniziative personalizzate a ragazzi, giovani e genitori, sfatando tabù e facendo “consapevolezza” del problema e di come lo si affronta. «L’uomo risulta ancora poco consapevole dei rischi legati all’HPV – sottolinea Andrea Costa, sottosegretario alla Salute – rendendo ancora più importante puntare sulla prevenzione tramite la vaccinazione. Oggi abbiamo a disposizione vaccini sicuri, ben tollerati ed efficaci nel precorrere l’insorgenza della malattia».

«I vaccini disponibili sono tre, con diversi raggi d’azione. Il vaccino bivalente, contro i tipi di HPV 16 e 18, che sono noti per causare almeno il 70% dei tumori alla cervice uterina», dichiarano i ginecologi di IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano. «C’è poi il vaccino quadrivalente che copre anche i ceppi 6 e 11 e il vaccino nonavalente che protegge da 5 tipi di HPV oncogeni aggiuntivi, che causano un ulteriore 20% dei tumori cervicali». I vaccini HPV, ricordano gli esperti, funzionano meglio se somministrati prima dell’esposizione all’infezione: ciò significa che sono raccomandati alle ragazze di età compresa tra 9 e 14 anni, quando la maggior parte non ha ancora iniziato l’attività sessuale, così come ai ragazzi.

«Il vaccino ha comunque efficacia, seppure minore – aggiungono i ginecologi di IEO – anche quando viene eseguito oltre questa fascia di età: fino ai 26 anni garantisce una protezione che si aggira attorno al 90% e da questa età in poi, fino ai 45 anni all’incirca del 45%». Due vaccini proteggono anche da verruche anogenitali e condilomi: problematiche benigne, HPV-correlate, meritevoli comunque di attenzione e trattamento perché infettive, trasmissibili al partner. E sull’argomento si conosce poco: oltre il 24% dei genitori di entrambi i sessi (in progressiva diminuzione rispetto agli anni passati) pensano che le infezioni riguardino solo le donne; né si sa che l’HPV possa anche colpire il cavo orale. Ecco allora un altro buon motivo per vaccinarsi: l’assenza di sintomi associati ad HPV ne favorisce la diffusione poiché la maggior parte degli individui colpiti, ignora di esserne affetta: in Italia 8 donne su 10, ma anche 7 uomini su 10, entrano a contatto con il Papilloma virus nel corso dell’età fertile.

Dunque, servono fonti autorevoli per fare informazione e gli italiani, in questo, sembrano meglio orientarsi: “dottor Google” perde terreno. Infatti, il 34% delle mamme e il 32% delle donne indica il ginecologo come esperto per avere indicazione su HPV e prevenzione: l’88% delle donne intervistate dal Censis dichiara che proprio il ginecologo ha consigliato il Pap-test e nel 42% dei casi l’HPV-test. Tra i padri invece prevale il medico di famiglia (34,6%), mentre il 22% circa dei genitori e delle donne sceglie materiali informativi (depliant, campagne di sensibilizzazione) e ancora il 20% i siti web. Solo il 18% indica il servizio vaccinale della Asl e il 13% il pediatra.

Cosa fare, allora, per aumentare le conoscenze? Certamente occorre una maggiore “cultura” dell’informazione e della prevenzione dedicate alla vaccinazione, ugualmente declinate al femminile e al maschile, da divulgare in tutti gli ambiti: nelle scuole con focus sui vaccini in adolescenza, finalizzati a recuperare i ragazzi e sul territorio, con l’estensione dei punti di offerta vaccinale quali ospedali, farmacie (che hanno fatto larga esperienza con le vaccinazioni anti-Covid), hub vaccinali dedicati, migliorando la comunicazione e i sistemi informativi (anagrafici). Azioni tutte con una finalità primaria: combattere la vaccino-esitazione, evitando il ripetersi di una no-HPV vax campaign. Vaccinarsi è la prima arma, efficace, per non mancare l’obiettivo dell’OMS per il 2030: cancellare la presenza dell’infezione da Papillomavirus.

di Francesca Morelli

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