I “ROSSORI” DA ROSACEA: ECCO LE ARMI PER COMBATTERLI

La rosacea sceglie di preferenza donne in età fertile o in menopausa, dalla pelle chiara, con capelli biondi o rossi, occhi azzurri o verdi. E’ soprattutto sul volto che lascia i suoi segni indelebili, ben visibili, rossi, sottili, a tela di ragno: localizzati nella zona degli zigomi e delle guance, appena sotto gli occhi e difficili da mascherare. Si manifesta così questa patologia cutanea, caratterizzata da un “colorito rosso” che può acquistare progressivamente importanza secondo la variabilità dei suoi aspetti: eritematoso e con teleangectasie (venuzze e capillari diffusi) nella fase iniziale, lieve-moderata, fino alla comparsa di papule o pustole nello stadio avanzato di malattia. Sottostimata, mal trattata, spesso confusa con l’acne quando arriva alla fase pustolosa (dalla quale invece si differenzia per l’assenza di comedoni), colpisce invece all’incirca 45 milioni di persone nel mondo, 3 milioni in Italia, in prevalenza donne, ma non sono esclusi neppure gli uomini. La rosacea è un ‘rossore’ generato da una eccessiva dilatazione dei vasi sanguigni: «Quando i capillari aumentano di dimensione, cioè si dilatano – spiega Antonino Di Pietro, direttore scientifico dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis di Milano – la velocità di scorrimento del sangue (ne abbiamo in corpo circa 4 litri) tende a diminuire, le cellule cutanee vengono ossigenate di meno e rallentano il proprio metabolismo».
Con indiscussi effetti collaterali che possono variare da un invecchiamento precoce della pelle a causa di una ridotta produzione di collagene ed elastina, fino alla stimolazione di alcune malattie, come l’eritrosi, la couperose e la rosacea, tutte caratterizzate da rossore in volto per un eccessivo ristagno di sangue. «Quest’ultimo, richiamato sulla cute – continua Di Pietro – provoca un aumento della temperatura superficiale e una maggiore stimolazione delle ghiandole sudoripare e sebacee». Con un effetto a cascata sulla crescita eccessiva di acari cutanei, in particolare del Demodex folliculorum, presenti sulla cute di ciascun individuo, ma in maniera sensibilmente più importante in chi è affetto da rosacea, tanto da essere studiato dalla ricerca attuale come un possibile fattore scatenate della malattia.
I danni però non sono solo fisici, o meglio estetici, perché la rosacea suscita emozioni forti: di imbarazzo, vergona, fino a generare isolamento sociale e depressione in chi ne vede dipinti quotidianamente gli esiti sul volto e di “studiata cautela”, fino a giudizio e pregiudizio da parte del prossimo.  Lo rivela uno studio, il “Face Values: Global Perception Survey”, pubblicato sulla rivista Dermatology & Therapy, condotto tra oltre 7 mila intervistati di 8 differenti nazioni, invitati a esprimere un’opinione circa l’immagine di un volto in condizioni di normalità e poi rosso, ritoccato a computer. «Il volto con rossore – commenta Giuseppe Micali, direttore della Clinica Dermatologica di Catania e coautore dello studio – era oggetto di considerazioni penalizzanti o di una reazione negativa da parte degli osservatori». Percezione che ha anche un fondamento psico-sociale: «Il colore scarlatto – aggiunge Katia Vignoli, psicoterapeuta, esperta in medicina psicosomatica – nell’immaginario collettivo si correla a una scarsa capacità di governare gli “appetiti”, da quelli mangerecci e beverecci fino a quelli sessuali, sia le emozioni che fanno avvampare il volto come rabbia, iracondia, paura, oggetto di disapprovazione sociale». Questi istinti, considerati scomodi, sconvenienti e minacciosi verrebbero inconsciamente “somatizzatati” sulla pelle, nel tentativo estremo di riversarli all’esterno: un’azione che, paradossalmente, li rende però ancora più visibili perché il volto e le sue espressioni non consentono di giocare a nascondino. Allora comprendere le vere micce scatenanti del rossore, e dunque della rosacea, è il primo passo per gestire al meglio questa condizione. Perché oggi le armi terapeutiche, diverse dai trucchi “camouflage” che erano una soluzione, se non “la” soluzione femminile per mascherare la rosacea, ci sono e per ogni fase della malattia. «Quando la rosacea ha l’aspetto eritematoso e teleangectasico – dichiara Aurora Parodi, direttore UOC Clinica dermatologica dell’IRCCS AOU San Martino – IST Genova– è possibile ricorrere a un vasocostrittore (brimonidina) che astringe i vasi, diminuendo il flusso sanguigno. Si tratta di una crema che si applica sul volto, di norma di giorno, che ha azione rapida ed è in grado si agire sul controllo del rossore e sulle “reazioni” che lo possono stimolare, per 6-8 ore, concedendo così alla persona affetta da rosacea di vivere la quotidianità o una serata importante (se viene applicato la sera) con maggiore tranquillità e più fiducia».
Se necessario il farmaco vasocostrittore può essere anche associato a una terapia fisica con il laser o la luce pulsata. «In presenza di papule, che richiedono un trattamento più aggressivo – aggiunge la dottoressa – abbiamo almeno due soluzioni innovative: una crema acaricida (ivermectina), recentemente messa in commercio anche in Italia, che attacca questi microrganismi mantenendo attive le sue proprietà antinfiammatorie e un antibiotico, la doxiciclina, un derivato delle tetracicline, che impiegato a basse dosi (40 mg) perde il suo potenziale antibiotico, svolgendo invece una funzione antinfiammatoria che va a bloccare anche la produzione di alcuni enzimi ritenuti alla base dei processi “infiammanti” della rosacea. Questa terapia può essere utilizzata anche per lunghi periodi senza effetti collaterali. Inoltre il rilascio progressivo del farmaco consente di ottenere un buon risultato, come se si utilizzasse l’antibiotico completo, senza generare l’effetto dannoso della resistenza batterica».
Indicazioni terapeutiche – trattamento topico per la forma eritematosa/teleangectasica e sistemico per quella papulosa –confermate anche dalla raccomandazioni per la gestione della rosacea, recentemente pubblicate dalla Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle malattie Sessualmente Trasmesse (SiDeMaST).

Anche la rosacea, come ogni altra condizione clinica, ha un acerrimo nemico: il calore. «Sono da evitare ambienti sovra-riscaldati, ma anche il passaggio repentino dalle basse temperature esterne ai 25°C di un locale chiuso che nella frazione di pochissimi secondi richiama sulla cute enormi quantità di sangue». Un facile espediente per evitare “strappi” ai capillari è quello, prima di entrare ad esempio in un negozio, di posizionare sul volto per qualche minuto le mani calde tolte dalle tasche o dai  guanti. «Non sono però solo i contesti termici a generare calore, precisa ancora Di Pietro. Esso può essere “alimentato” anche da alcune abitudini nocive: ad esempio il consumo di cibi piccanti o speziati, come paprika, peperoncino e pepe, possono acutizzare l’arrossamento del viso; bevande e cibi troppo caldi, specie se abbondanti, sono causa di vasodilatazione; l’alcol che va bevuto con moderazione sebbene non sia ritenuto un fattore scatenate prioritario; l’attività fisica eccessiva per durata e intensità e una vigorosa attività sessuale». A questi fattori “caldi”, vanno poi aggiunte alcune patologie come la tosse cronica o l’ipertensione che possono peggiorare le condizioni della rosacea, aumentando il rossore al viso; gli stress, specie se emotivi; il fumo; prodotti cosmetici e creme troppo aggressive, contenenti cioè alcol o profumo che possono stimolare irritazioni, ma anche fondotinta molto coprenti che richiedono un forte sfregamento per la loro rimozione; il sole. «Oltre all’uso di creme schermanti che proteggono dai raggi ultravioletti – conclude il dermatologo – è bene mantenere il più possibile la pelle fresca, alternando l’esposizione sole/ombra o nebulizzando la cute con semplice acqua (anche minerale) che aiuta ad abbassare la temperatura». Insomma anche per la rosacea, no al “fai-da-te” e sì a un consulto medico, se necessario anche psicologico, per smorzare i toni di quel fastidioso e disagevole rossore e a migliorare la percezione di sé e la qualità della vita.
di Francesca Morelli

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