LA SALUTE COMINCIA NEI PRIMI MILLE GIORNI DI VITA

Mille giorni “nutrizionali”, quelli cioè in cui è ancora vita intrauterina e poi fino al soffio della seconda candelina, possono fare la differenza nella salute del bambino. In quest’arco di tempo si può infatti alimentare un futuro di sano benessere o di contro gettare già il seme che predisporrà il piccolo ad alcune problematiche tra le più diffuse in età adulta: diabete e obesità ad esempio. Perché la vita fetale, in particolare i primi 28 giorni di gestazione, non è solo preziosa per determinare il buon sviluppo cognitivo del bambino; in questa fase cominciano anche a determinarsi preferenze, gusti, propensioni che accompagneranno il bambino e faranno parte della sua identità caratteriale. I quali saranno tutti dipendenti da due fattori: dal cervello da un lato e dal corretto “nutrimento” che deriva dalla mamma dall’altro. «Ciò di cui la mamma si nutre – spiega la Professoressa Cecilia Invitti, endocrinologa presso l’Istituto Auxologico di Milano – sia durante la fase del concepimento ma anche nel corso della gravidanza e dell’allattamento, non solo fornirà al bambino i nutrienti necessari determinandone lo sviluppo cognitivo e la buona crescita fisiologica, ma influenzerà anche il rapporto del bambino verso l’alimentazione in generale».
La scienza lo ha dimostrato: il cibo non è più solo un valore “calorico”, è anche emozione, cuore, palato e memoria gustativa che vanno tutti insieme ad arricchire di moltissimi significati un atto che originariamente era legato solo alla mera sopravvivenza. «Nel liquido amniotico – continua l’endocrinologa – il piccolo può sentire i sapori di quello che la mamma ha mangiato, cominciando da questo momento a formare le sue preferenze gustative verso il dolce o il salato, dettate proprio da quanto impara a conoscere attraverso ciò che la mamma ha mangiato».
È questa la ragione per cui è molto importante che l’alimentazione della mamma sia corretta e che prediliga una dieta mediterranea a base di frutta, verdura, grassi polinsaturi (presenti nel pesce e nell’olio di oliva, ad esempio), pochi grassi saturi e abbondanti fibre che, in un rapporto simbiotico, verranno direttamente trasmesse al bambino. «Influenzare favorevolmente le abitudini al gusto, fin dall’età fetale, verso sapori definiti poco “palata bili” – aggiunge la Professoressa Invitti – quale potrebbe essere la verdura, consentirà al bambino una volta nato di non rifiutarla a priori come spesso accade, favorendo un buon apporto anche di antiossidanti o di effetti protettivi esercitati da molti cibi sulle cellule».

Crescere bene infatti non vuol dire soltanto diventare grandi, alti di statura, mettere su il giusto peso, o formarsi a un buon carattere, significa anche sviluppare, attraverso la corretta alimentazione, altre caratteristiche importanti, correlate ad esempio al sistema neurotrasmettitoriale nervoso. «Quest’ultimo è costituito da centinaia di milioni di neuroni – precisa ancora l’endocrinologa – che si accendono (o si spengono) allo stimolo del cibo e che sono fondamentali nel processo di regolazione fame e sazietà». È come dire quindi che, già nell’utero della mamma, il bimbo può decretare il suo cammino potenziale verso l’obesità e il diabete o altre malattie metaboliche. «Una mamma – commenta ancora la Invitti – che comincia la gravidanza già in sovrappeso o aumenta di molto nel corso dei nove mesi, tenderà a dare alla luce con maggiori probabilità un bambino grande, con un peso iniziale e un’insulina troppo elevati, predisponendolo più facilmente allo sviluppo del diabete».

Non è solo una questione di tavola sana; occorre anche prestare attenzione a comportamenti sbagliati come l’abitudine al fumo, che può determinare un basso peso o malnutrizione del bambino alla nascita, o a fattori ambientali negativi come lo stress che possono alterare la buona funzionalità di alcuni geni. Anche in questi casi però la scienza viene in aiuto grazie alla nutrigenomica, definita la “medicina del futuro”, che studia gli effetti che gli alimenti possono avere all’interno delle nostre cellule consentendo di correggere dieteticamente ciò che non va. «Un’alterazione funzionale dovuta allo spegnimento di un gene – conclude l’endocrinologa – acquisita dalla mamma dal cattivo introito di un determinato cibo può essere reversibile e corretta con l’aggiustamento della dieta subito prima e/o durante la gravidanza, evitando in questo modo che venga trasmessa al bambino. Qualora per qualsiasi motivo questa alterazione venisse  ereditata dal piccolo potrà essere comunque modificata educandolo al mangiare sano. Questo perché non vi è nulla di definitivo; i nostri geni si accendono e si spengono di continuo e la ricerca sta arrivando a conoscere con sempre maggiore precisione in quali sedi questi essi si attivano». Si è capito, ad esempio, che funzionano nel tessuto adiposo ma anche in quello cerebrale e che ci  sono alcuni cibi più buoni rispetto ad altri per l’accensione dei geni. Tra questi tutte le vitamine B, i folati, la tiamina: una buona indicazione dietetica per tutte le mamme.

 

di Francesca Morelli

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