MORTE IN CULLA: LE MOSSE GIUSTE PER PREVENIRLA

Si chiama sindrome di Wolff-Pakinson-White (WPW): è un’anomalia del cuore che causa pre-eccitazione ventricolare e colpisce un bambino su 450. E’ dovuta alla presenza, all’interno del cuore, di più vie di conduzione dell’impulso elettrico, rispetto a quella normale. I bambini affetti da questa sindrome, spesso asintomatica, sono potenzialmente a rischio di aritmie maligne che possono portare anche a morte improvvisa. E’ questo il risultato dello studio, durato 8 anni su oltre 2.000 pazienti, condotto dal professor Carlo Pappone del Maria Cecilia Hospital di Cotignola e pubblicato in questi giorni su Circulation.

«La nostra ricerca – spiega il professore – dimostra che pazienti asintomatici affetti da questa sindrome hanno un più alto rischio di aritmie letali di chi manifesta chiari segnali. Questo studio non solo apre nuovi orizzonti in termini di terapia, ma raccomanda fortemente di attivare programmi di screening e di prevenzione (basta un elettrocardiogramma) in tutte le scuole per identificare bambini, adolescenti o giovani con questa malattia». Ma la prevenzione dovrebbe iniziare fin dalla nascita, perché grazie a questa scoperta molti bambini potranno essere salvati anche dal rischio di morte improvvisa o “morte in culla” (Sids).

Si tratta di un evento tragico, che si verifica di norma nel sonno, senza ragione di causa e può colpire il bambino, apparentemente sano, entro il primo anno di vita. I casi, in Italia, fortunatamente sono diminuiti, con punte anche del 90%, grazie al migliorato percorso diagnostico e conoscitivo della sindrome e l’attenta azione di sensibilizzazione e informazione negli ultimi anni.

La prima strategia preventiva è la messa in atto da parte dei genitori di alcune regole comportamentali che hanno una significativa ricaduta in termini di salute e sicurezza dei neonati e dei più piccoli. Eccole:

Nanna sicura. Mamma e papà devono fare attenzione alla posizione in cui il piccolo si addormenta. La più idonea per il neonato, anche in vista di un numero di ore di sonno prolungato, è quella sulla schiena (prona), mentre sono scorrette quelle a pancia sotto o sul fianco. Poi è bene adagiarlo e farlo dormire su un materasso rigido, senza cuscino, nella stanza dei genitori, ma mai nel lettone.

Niente fumo. Il tabacco è bandito per tutto il periodo della gravidanza e se, dopo la nascita del piccolo, l’abitudine viene ripresa, occorre accertarsi che nel momento del sonno il bambino si addormenti in ambienti senza “smog”.

Meglio al fresco. Mai coprire troppo i piccoli. Anche nella stagione più fredda, il bimbetto non va avvolto nelle coperte, né tenuto vicino a fonti di calore. La temperatura ambientale ad hoc per il neonato si aggira intorno ai 18-20 C°; anche in caso di febbre è sempre bene coprirlo di meno piuttosto che di più.

Allattare al seno e utilizzare il ciuccio durante il sonno dopo il 1° mese di vita, quando cioè il piccolo già conosce bene la suzione, è di aiuto per ridurre il rischio di Sids. Sulla tettarella del ciuccio però non vanno poste sostanze edulcoranti.

Tutti questi accorgimenti non possono però escludere totalmente il rischio di morte in culla che, qualora dovesse accadere, getta i genitori in una disperazione totale.

«Nella ricostruzione del lutto – spiega Pasquale Di Pietro, direttore dell’U.O. di Pronto Soccorso Medico e Medicina d’Urgenza dell’Ospedale pediatrico Gaslini di Genova – i genitori si aspettano risposte sui meccanismi che possono aver causato la morte del loro piccolo, ma questi spesso non sono noti». E non sapere perché un fatto così terribile possa accadere, può avere nei genitori conseguenze psico-emotive importanti, sia per la vita di coppia, sia di relazione. «Se alla morte di un bimbo, segue la nascita di un secondo, i sensi di colpa e le paure nei primi mesi del neonato venuto al mondo dopo il tragico evento possono provocare una crisi nel nucleo familiare e nelle relazioni con gli altri figli», aggiunge Antonella Palmieri, del Centro Regionale Sids-Alte ligure (www.gaslini.org/servizi/notizie/notizie_homepage.aspx). Per limitare il più possibile questo genere di implicazioni sono attivi sul territorio programmi di assistenza specifici: come quello avviato dalla Regione Liguria all’inizio del 2012 che assiste i genitori e familiari nell’accettazione e nel superamento del lutto con un team multidisciplinare composto da specialisti pediatri di varie aree (cardiologo, neurologo, otorinolaringoiatra, gastroenterologo, radiologo, neuroradiologo, infettivologo, neonatologo, genetista). «Dare una motivazione alla perdita di un figlio – conclude Antonella Palmieri – non lenisce il dolore, ma nel tempo permette ai genitori di capire, di non colpevolizzarsi e di avere meno paura per i figli futuri».

di Francesca Morelli

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