LA MADONNA DI FOLIGNO PER DONARE LUCE E GIOIA

Proviene dai Musei Vaticani e fino al 12 gennaio 2014 si potrà ammirare a Milano, nella Sala Alessi di Palazzo Marino. E’ il dipinto raffigurante la Madonna di Foligno, prima pala pubblica che nel 1512 Raffaello Sanzio realizzò per Santa Marina in Aracoeli a Roma, un ex-voto per il committente Sigismondo de’ Conti.
Colpisce al cuore per l’intensità pittorica e l’umanità che sprigiona! Se volessimo “staccare” per riprendere il senso dell’armonia e della spiritualità, regaliamoci la visione di spettacolare lucentezza, leggerezza e spiritualità che traspare dall’iconografia di questa pala. Come ha affermato il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci: «L’opera è uno degli apici della pittura universale: oltre non è possibile andare nella rappresentazione della bellezza».
Le due curatrici del catalogo e della mostra sono anche restauratrici e lavorano insieme dal 1990. Valeria Merlini e Daniela Storti descrivono così la pala di Raffaello: «L’armonia compositiva è tutta nel colore, poiché l’equilibrio cromatico era l’elemento “forte” di Raffaello», puntualizza Valeria Merlini. «Il volto della Madonna contiene l’equilibrio tra il senso materno e la quotidianità umana e reale che esprime anche il massimo della spiritualità. L’opera di Raffaello “cattura” lo spettatore – spiega Valeria – con il coinvolgimento tra ciò che avviene “dentro” la pala e chi la ammira. Lo spettatore diventa quasi il quinto protagonista, che si aggiunge ai quattro personaggi ai piedi della Madonna e del Bambinello: San Giovanni Battista, San Francesco d’Assisi, San Girolamo e il committente Sigismondo de’ Conti. Meditazione e silenzio che tolgono la parola sono le sensazioni che possono guidare a percepire il quadro in una condizione di intimità e spiritualità: davanti a tanta luce non si riesce più neanche a commentare. Poter ammirare un capolavoro di questa levatura, che esprime il valore della maternità con tanta umanità e, al tempo stesso, ne esalta il valore assoluto, ci dovrebbe spronare a vivere il nostro quotidiano come donne, con forza e determinazione, per esprimere al meglio la nostra vitalità».
«La figura della Vergine è resa in modo estremamente commovente – spiega Daniela Storti – come una giovane donna che tiene il suo bambino sulle ginocchia, però con un atteggiamento malinconico, che evoca un approccio particolare alla maternità, quasi un presagio del destino di suo figlio. La grandezza di Raffaello sta proprio nel saper concretizzare questi stati d’animo, con tratti pittorici circolari, dalla corona di Angeli Cherubini, alle nuvole che avvolgono il manto della Vergine, al movimento del Bambino che sembra volersi liberare dall’abbraccio della madre, la quale pare invece trattenerlo, quasi a presagire il futuro distacco verso il suo destino, a compimento della missione per cui è nato».

di Silvia Pogliaghi

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