“Effetto Jolie”: gli oncologi Aiom a favore del test Brca

L’esempio di Angelina Jolie, che si è fatta asportare a scopo preventivo, prima le mammelle, e poi le ovaie e le tube, in quanto portatrice di una mutazione genetica BRCA 1, con un rischio dell’80% di sviluppare un tumore al seno e del 60% all’ovaio, ha indotto molte donne, con questa mutazione, a prendere la stessa importante decisione. A fare da cassa di risonanza sono stati i molti articoli apparsi sui giornali (anche donnainsalute ha pubblicato diversi articoli, visibili al link: www.donnainsalute.it/2017/02/effetto-jolie-limportanza-del-test-brca/), segno inequivocabile che i mass-media giocano un ruolo determinante anche nell’informazione medico-scientifica. Per questo la formazione del giornalista è fondamentale, contro le fake-news, soprattutto in un ambito come l’oncologia, dove per i pazienti una falsa notizia può costare la vita. I casi Di Bella e Stamina, e tutte le mistificazioni riportate da alcuni giornali e trasmissioni Tv sui medicamenti naturali al posto della chemioterapia, sono esempi eclatanti.

Per fare chiarezza su queste delicate questioni, esperti e giornalisti si sono confrontati in occasione del IV Corso nazionale Aiom per giornalisti medico-scientifici e oncologi, che si è tenuto di recente a Milano, con il patrocinio delle Associazioni Whin e Unamsi, e il contributo non condizionante di MSD e Novartis.
«Essere aggiornati, verificare le fonti e comunicare le notizie in modo corretto è la regola dei giornalisti medico-scientifici. La disponibilità verso il malato, che deve essere informato con la dovuta sensibilità sulle sue condizioni di salute e su tutte le possibili scelte terapeutiche, è il primo dovere dell’oncologo, che si trova spesso a gestire situazioni drammatiche».

Lo ha ribadito la professoressa Stefania Gori, presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e direttore del Corso, alla quale abbiamo rivolto qualche domanda.


Proprio sul caso Angelina Jolie, molti oncologi hanno assunto posizioni differenti…

«Purtroppo non tutti gli oncologi propongono alle donne, che hanno un tumore con caratteristiche simili a quello di Angelina Jolie, la possibilità di sottoporsi al test genetico per individuare la mutazione BRCA, né tanto meno di accennare all’eventualità della mastectomia o ovariectomia profilattica. Come Associazione scientifica ci siamo impegnati a diffondere una capillare informazione sull’opportunità di eseguire questi test genetici per individuare le mutazioni BRCA nelle donne con tumore all’ovaio e in quelle con tumore mammario, comparso in età giovanile. E, in futuro, siamo orientati a proporre questi screening genetici anche alle donne sane, che hanno però avuto casi di tumori con BRCA alterato in famiglia. Le linee guida Aiom infatti raccomandano che tutte le donne, con tumore ovarico non mucinoso e non borderline, debbano accedere al test BRCA subito dopo la diagnosi. E questo si deve estendere anche alle donne della famiglia, per prevenire un tumore che ancora oggi uccide il 70% delle pazienti».

Quale obiettivo vi proponete come Aiom per far conoscere questi test genetici?
«Sensibilizzare la comunità scientifica in riferimento ai percorsi di counselling genetico, particolarmente indicativi per il tumore al seno e all’ovaio, ma che potrebbero riguardare anche altri tumori, come quello allo stomaco. E su questa linea, stiamo verificando la disponibilità dei laboratori di biologia molecolare nei Centri di Oncologia delle differenti Regioni: attualmente sono circa una sessantina quelli operativi. E ci stiamo attivando anche per compilare un Registro con tutti questi centri e con precise indicazioni per le donne che si dovrebbero sottoporre al test. Ma c’è ancora molto da fare per garantire a tutte le donne e in tutte le Regioni questa possibilità che, in alcuni casi, potrebbe davvero salvare loro la vita. Per questo Aiom ha divulgato le raccomandazioni rivolte ai ginecologi, affinchè possano proporre a tutte le donne con carcinoma ovarico di sottoporsi al test BRCA e anche a quelle sane, che hanno casi di questo tumore in famiglia».

Quali sono i vantaggi di individuare la presenza di queste mutazioni?
«Individuare precocemente queste mutazioni, che interessano il 5-10% delle donne con tumore al seno e all’ovaio, soprattutto in età giovanile, vuol dire mettere in atto una sorveglianza attiva, sottoponendole ad esempio a screening più ravvicinati: mammografia ed ecografia trans-vaginale ogni sei mesi e valutazione nel sangue di alcuni marcatori, come il Ca 125 per l’ovaio. In alternativa si può prospettare una chirurgia profilattica, in particolare nelle donne più avanti negli anni, con asportazione delle mammelle, di ovaie e tube (annessiectomia), intervento che abbatte il rischio di comparsa del carcinoma nel 95% dei casi. Si è visto inoltre che questi tumori, con mutazioni BRCA, rispondono meglio ad alcuni tipi di chemioterapia (platino, doxorubicina). In particolare nel tumore all’ovaio, c’è una buona risposta ad alcuni farmaci (Parp inibitori) che, in aggiunta alla chemioterapia, sembrano molto efficaci nel controllo della malattia. Oggi si usano solo dopo la tradizionale chemioterapia con platino. Ma ci auguriamo che presto vengano utilizzati anche in prima linea di trattamento».

di Paola Trombetta

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