Sclerosi Multipla: un nuovo farmaco per la forma recidivante-remittente

Ogni anno in Italia si registrano 3.600 nuove diagnosi di Sclerosi Multipla e le persone affette sono circa 133mila, con una diffusione doppia nelle donne rispetto agli uomini. La forma recidivante-remittente rappresenta circa l’85% di tutti i casi e si distingue per l’alternanza di attacchi, caratterizzati dall’insorgenza di sintomi neurologici improvvisi e fasi di remissione completa o parziale. Una patologia, quindi, che mina seriamente la qualità di vita delle persone che ne sono affette. Per questi pazienti si conferma il ruolo positivo di ozanimod, farmaco orale rimborsato in Italia dallo scorso settembre. All’European Academy of Neurology (EAN), che si è tenuta a Vienna dal 25 al 28 giugno, sono stati presentati cinque abstract sui dati provenienti dagli studi registrativi e dallo studio (OLE-Daybreak) con ozanimod. I risultati delle ricerche sono stati presentati in una conferenza promossa da Celgene, ora parte di Bristol Myers Squibb.

<La sclerosi multipla è una delle patologie neurodegenerative più diffuse>, afferma il professor Luigi Maria Grimaldi, Responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia dell’Ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù. <E’ una malattia in cui il sistema immunitario attacca la mielina, la guaina protettiva che ricopre le fibre nervose, causando deficit neurologici. I sintomi sono di difficile interpretazione, poichè sono comuni ad altre malattie. Può accadere, quindi, che il percorso per arrivare alla diagnosi sia lungo e complesso. Il danno neurologico legato alla demielinizzazione è per lo più irreversibile>. <Da qui l’esigenza di avere a disposizione terapie, come ozanimod, efficaci fin dalle fasi precoci della malattia  e ben tollerate dalla maggioranza dei pazienti>, aggiunge il professor Diego Centonze, Direttore dell’Unità Operativa di Neurologia e della Stroke Unit presso l’IRCCS Neuromed, a Pozzilli (Isernia), Professore di Neurologia presso l’Università di Roma Tor Vergata. <Ozanimod agisce modulando la risposta immunitaria, interagendo con i recettori della Sfingosina 1-Fosfato, in particolare sugli isotipi implicati nella modulazione della risposta immunitaria e nella riparazione del danno mielinico>. Tra gli studi condotti, uno in particolare ha valutato l’efficacia di ozanimod nei pazienti che non avevano mai ricevuto terapie.

<In questa analisi esplorativa abbiamo analizzato 1.500 uomini e donne: il 71% era naive, mentre il restante 29% aveva già ricevuto una terapia>, sottolinea Centonze, primo autore di questa analisi. <L’obiettivo era valutare gli esiti clinici e radiologici nel lungo termine in pazienti naive o con una precedente terapia. Negli studi registrativi di fase 3, il beneficio associato all’utilizzo precoce di ozanimod è stato consistente, indipendentemente dalla precedente esposizione a un’altra terapia, e si è mantenuto nel tempo, con un trend in miglioramento. I dati di questo studio osservazionale a lungo termine, su pazienti trattati con ozanimod 0,92 mg per 5-6 anni, evidenziano un controllo sostenuto dell’attività di malattia. I dati registrati tra i due gruppi di malati sono stati comparabili e quindi entrambi hanno beneficiato del trattamento. Anche i dati sulla sicurezza vanno in questa direzione e quindi il farmaco non determina eccessivi effetti collaterali>.

I sintomi della sclerosi multipla possono variare da persona a persona. I più ricorrenti interessano la vista, la sensibilità, le attività motorie o possono manifestarsi con i cosiddetti “sintomi invisibili” come fatica, depressione, disturbi dell’attenzione o della memoria, difficoltà a mantenere la concentrazione, problemi ad effettuare calcoli o pianificare attività complesse e a svolgere più attività contemporaneamente. Tutti i sintomi costringono la persona con sclerosi multipla a ridefinire l’organizzazione della propria vita e i progetti a breve e lungo termine. I deficit cognitivi non sono sempre individuati, ma sono presenti nel 40%-70% dei pazienti fin dalle fasi iniziali della malattia e sono correlati all’atrofia cerebrale che si instaura nel tempo. <La patologia può portare a una perdita di volume cerebrale irreversibile, nonché a un’ alterazione delle funzioni cognitive se non vi è un intervento terapeutico tempestivo>, prosegue il professor Luigi Maria Grimaldi. <I dati presentati all’EAN hanno mostrato  l’azione di ozanimod nel preservare o migliorare le funzioni cognitive nella maggior parte dei pazienti esaminati. Nello studio SUNBEAM  e in quello successivo (OLE-DAYBREAK), i pazienti caratterizzati da volumi cerebrali più elevati, in particolare il volume talamico, avevano una migliore performance ai test cognitivi rispetto ai pazienti con volumi più bassi. Questo trend rimaneva stabile o migliorava nel corso dei 4-5 anni di trattamento con ozanimod, che si associava  a una funzione cognitiva conservata o migliorata in circa l’80% dei pazienti con più alto volume talamico e nel 66% dei pazienti con volume cerebrale più basso. Abbiamo ora a disposizione dati confortanti sull’utilizzo a quattro anni della nuova terapia soprattutto sul ruolo di protezione che svolge nei confronti del declino cognitivo e dell’atrofia cerebrale>.

Paola Trombetta

 

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