Diventare genitori non è più un sogno, anche nel caso di tumori

Riduzione del numero di ovuli e interruzione della loro maturazione, scarsa qualità degli ovuli, indipendentemente dall’eventuale perdita della funzione ovarica, insufficienza ovarica precoce, spesso associata anche a problemi vasomotori, scheletrici e cardiovascolari nella donna. Problematiche ai testicoli e cessazione o diminuzione della produzione di spermatozoi, alterazioni ormonali, calo della libido e della quantità di sperma, compresa l’alterazione di morfologia, motilità o quantità di spermatozoi nell’uomo. Sono i principali effetti correlati ai cicli di chemioterapia e radioterapia successivi alla diagnosi e all’approccio terapeutico di un tumore, compromettendo la fertilità fino a determinare in alcuni casi l’infertilità. I progressi nel campo delle cure oncologiche e l’efficacia dei programmi di screening precoce sono riusciti a incrementare considerevolmente il tasso di cura e sopravvivenza nei pazienti oncologici e questo permette di (pre)occuparsi maggiormente anche degli effetti secondari della malattia e delle terapie, tra cui la possibilità infertilità. Oggi “prevenibile” grazie a nuove tecniche di preservazione di ovuli e spermatozoi e percorsi dedicati ai pazienti oncologici, come hanno sottolineato gli esperti in occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro (4 febbraio), che consentono di progettare una maternità.

«Affrontare un tumore è di per sé una sfida importante – spiega Daniela Galliano, medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione e responsabile del Centro PMA di IVI Roma – e per molte donne pensare alla maternità può non sembrare una priorità dopo o con una diagnosi di cancro. La scienza ha fatto passi enormi e avere un bambino in seguito alle cure oncologiche o portare avanti una gravidanza durante la malattia oggi è possibile. Occorre tuttavia avviare fin da subito un percorso di preservazione della fertilità, con strategie mirate per non compromettere per sempre il desiderio di diventare genitori: le donne non devono rinunciare anche a quel sogno, intervenendo nel modo e al momento giusto». È necessario avviare campagne di sensibilizzazione ed educazionali su questa opportunità, ancora poco nota alle donne e alla popolazione oncologica. Tale obiettivo è sostenuto anche dal Ministero della Salute che sottolinea l’importanza di politiche sanitarie ed educative per la tutela della fertilità e per migliorare le conoscenze dei cittadini, così come di un counselling specialistico in cui ricevere indicazioni sulla giusta tecnica di preservazione della fertilità per il caso specifico.

«La preservazione della funzione ovarica, della capacità di produzione di spermatozoi e della fertilità in generale – conclude la dottoressa – sono aspetti che più preoccupano i professionisti che seguono i pazienti oncologici, ai quali occorre offrire la possibilità di procreazione e la certezza che, dopo aver superato la malattia, potranno tentare di avere figli, nonostante le conseguenze della malattia sulla fertilità. A loro vanno riservati percorsi dedicati e una corsia preferenziale per l’accesso prioritario a visite e cure, un aspetto di attenzione che nei nostri centri garantiamo ai pazienti che comunicano la propria condizione di malattia quando si rivolgono ai nostri esperti, perché, in caso di preservazione della fertilità, la tempestività è un fattore determinante». La preservazione della fertilità per motivi medici si raccomanda a pazienti – uomini e donne- che devono sottoporsi a un trattamento di chemioterapia o radioterapia, o a un trapianto del midollo osseo, a donne che devono subire un intervento chirurgico, per esempio per endometriosi, con rischio di perdita totale o parziale delle ovaie, a uomini nei quali la chirurgia potrebbe compromettere la capacità di generare spermatozoi, come nel caso del tumore al testicolo.

Francesca Morelli

 

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