Atti di autolesionismo in aumento tra gli adolescenti: l’allarme di SINPIA

Comportamenti autolesivi, come tagli, ferite, bruciature di sigarette sul corpo o pensieri suicidari sono in aumento del 27% nei ragazzi e ragazze tra i 13 e i 17 anni, rispetto al periodo pre Covid-19. L’Italia resta tra i paesi con il tasso più basso al mondo di suicidi, eppure questi rappresentano la seconda causa di morte tra i giovani tra i 15 e i 24 anni, preceduta solo dagli incidenti stradali, stando ai dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, e con l’ideazione suicidaria o il tentato suicidio fra le cause più frequenti di accesso ai sevizi di NPIA (Servizio di Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza) in urgenza. A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), in occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio che si celebra il 10 settembre. «Comprendere le cause di questo fenomeno è complesso – spiega la Professoressa Elisa Fazzi, Presidente SINPIA e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia. I comportamenti autolesivi possono essere legati a varie cause: alla predisposizione individuale, cui si associano componenti dipendenti dal contesto ambientale e socio-familiare. Su questi fattori pesano in maniera importante anche i disturbi dell’umore, in particolare depressione e ansia che sono tra le patologie psichiatriche maggiormente correlate ad atti autolesivi, ideazioni e atti suicidari». Numeri e considerazioni che hanno reso la prevenzione del suicidio un obiettivo e una “misura” prioritaria dei maggiori organismi internazionali, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità. «La prevenzione al suicidio – aggiunge la Dottoressa Rosamaria Siracusano, Responsabile della Sezione di Psichiatria di SINPIA e Dirigente medico della Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera Federico II di Napoli – si deve realizzare attraverso più metodi con solide basi scientifiche e a più livelli, del singolo individuo e della sua famiglia, della comunità, della società e in una visione più ampia, delle nazioni. Ad esempio occorre considerare i potenziali fattori di rischio che a livello sociale, economico e relazionale possono contribuire all’insorgenza e allo sviluppo del fenomeno. In Italia, in questa direzione, stanno nascendo primi tentativi, tra cui un progetto promosso dalla neuropsichiatria infantile dell’Università di Torino o il Progetto “SPES: sostenere e prevenire pensieri e tentativi suicidari”, finalizzato a formare gli insegnanti perché possano riconoscere segnali di allarme precoce nei loro studenti».

Quotidianamente i neuropsichiatri infantili italiani si trovano ad interfacciarsi con ragazzi e ragazze con gravi problemi di salute mentale, che talora creano le condizioni per un rischio di vita. «In quest’ottica – conclude la Dottoressa Antonella Costantino, Past President SINPIA e Direttore UONPIA Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – e a fronte del rapido cambiamento della psicopatologia a cui stiamo assistendo, in termini di aumento di prevalenza e della gravità e complessità della problematica, è fondamentale diffondere evidenze scientifiche efficaci, buone prassi e saperi che sono maturati in questi ultimi anni nell’ambito della neuropsichiatria infantile». In Italia quasi 2 milioni di bambini e ragazzi, tra il 10 e il 20% della popolazione infantile e adolescenziale nella fascia di età 0-17 anni, soffre di disturbi neuropsichici dell’età evolutiva con manifestazioni variabili per tipologia, decorso e prognosi, e con una incidenza in generale ascesa: in meno di dieci anni è raddoppiato il numero di giovani seguiti nei servizi NPIA.

Francesca Morelli

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